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2 agosto, due pensieri: alle vittime della strage e alla giustizia negata

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C’è sempre una prima volta - è vero.Oggi, 2 agosto, Anna sta a Roma, per prendersi cura della madre novantenne. Io sto in Umbria, per prendermi cura di mia zia novantenne.
Oggi, Anna e io - per la prima volta - non andiamo al Verano: per mettere un fiore e un lume sulla tomba di Mauro Di Vittorio; per mettere un altro fiore e un altro lume per ricordare tutte le vittime di tutti i terrorismi.Assenti fisicamente. Spiritualmente presenti.

Così Gian Carlo Calidori, intervenendo sulla mia pagina facebook, ci ricorda che il primo pensiero, oggi 2 agosto, va alle vittime della strage di Bologna e a tutte le vittime delle stragi che hanno insanguinato il paese lungo l'arco di un quarto di secolo, in un percorso circolare che parte e torna a Milano, da piazza Fontana a via Palestro, meno di un chilometro e mezzo, un quarto d'ora a piedi.
Il secondo, per me, va al fatto che gran parte di queste vittime non hanno avuto giustizia e che certo non l'avranno dall'annunciata condanna a Gilberto Cavallini nel processo in corso a Bologna. Così come mi sento di condividere quasi tutto quanto ha scritto Giacinto Reale nella nostra pagina facebook Interfaccia. Sostituirei, ovviamente, la parola "Pietro Valpreda" con "un non identificato neofascista veneto", ma condivido l'idea che la strage non era nelle intenzioni:
"Sulla banca dell’Agricoltura ho letto, fino a qualche anno fa, quasi tutto il pubblicato, se non altro perché inserita in un contesto nel quale “a fare quel fuoco” (cit "Amici del Vento"), nel mio niente, c’ero anch’io.
L’idea che mi sono fatto, sfrondata da tutti i dietrologismi della “strategia della tensione” è che la bomba “potrebbe” averla messa Valpreda, ma che sicuramente essa non doveva fare dei morti, così come quelle di Roma.
Un dannato e triste incidente non previsto, come –a livello individuale- quello che poteva capitare a chiunque (e mi ci metto anch’io) in quegli anni ha tirato un cazzotto o una randellata ad un avversario che il caso ha voluto non finisse a terra, sbattesse la testa sul marciapiede e morisse.
Sulla stazione di Bologna ho letto molto meno, se non altro perché l’episodio era inserito in una realtà alla quale, per i casi della vita, ero ormai estraneo.
L’idea che mi sono fatto, comunque, è che i colpevoli giudiziari non siano tali nella realtà, per l’inumanità del gesto e la sua assurdità in termini politici, chè troppo facile era prevedere si sarebbe rivolto –come poi è successo- proprio contro quegli ambienti nei quali sarebbe maturato.
Per questo, oggi mi sottraggo all’aspetto “politico” delle ipocrite commemorazioni, confermo la mia umana vicinanza ai superstiti parenti delle vittime, sospendo ogni giudizio sulle responsabilità (pista medio-orientale, servizi deviati, altro) per assenza di elementi".

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