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20 maggio 1979: fallito attentato al Csm. Macchi: non fu strage mancata



Passano appena sei giorni [dall'attentato devastante contro Regina Coeli, seconda azione del Mrp nella campagna di primavera 1979, ndb] e la sera del 20 maggio i militanti del Mrp entrano di nuovo in azione. Alle 19.30 telefonano al Tempo e dicono: Qui Mrp-Movimento Rivoluzionario Popolare. Rivendichiamo il mancato attentato al Consiglio Superiore della Magistratura che doveva avvenire alle 2. Si tratta di una 128 blu. Poco dopo altra telefonata, stavolta al Messaggero: Movimento Rivoluzionario Popolare, rivendichiamo l’attentato di oggi pomeriggio alle 2 al Consiglio Superiore della Magistratura, fallito per cause tecniche. La polizia arriva in piazza Indipendenza, davanti alla sede del Csm, e comincia a cercare questa Fiat 128 blu, che effettivamente è parcheggiata proprio là davanti. Gli artificieri aprono il cofano e trovano una borsa che contiene ben novantasei candelotti, per un peso di quindici chili, confezionati con polvere da mina, collegati a un detonatore e a un timer. Il disinnesco avviene alle 21.21. Gli artificieri riferiscono alla polizia una cosa terrificante: secondo loro, il timer era programmato per far esplodere la bomba alle 21.25. Insomma, sarebbe stata una specie di trappola, che solo per un caso non ha provocato una strage. Anche perché proprio in quelle ore passavano lungo quelle vie (a ridosso della stazione Termini) centinaia di alpini provenienti da tutta Italia per partecipare al loro raduno nazionale. E qui nasce il giallo. Perché Aleandri, diventato «pentito», interrogato due anni dopo dai magistrati, dirà [...] che autori materiali dell’attentato erano stati Bruno Mariani e Marcello Iannilli. Che l’attentato non era stato realizzato secondo i piani e, cioè, in ore notturne. Che gli stessi Mariani e Iannilli gli avevano detto che il timer era stato regolato per un’ora diurna e che l’ordigno non era esploso per il suo mancato funzionamento, circostanza questa che gli aveva lasciato chiaramente intendere che i predetti «non volevano solo colpire simbolicamente il Csm, ma fare una vera e propria strage». Ma al maxiprocesso contro Ordine Nuovo Iannilli chiarirà alcuni aspetti della vicenda. Spiegando che, non essendo riusciti a parcheggiare di notte l’auto con l’esplosivo davanti al Csm, lui e Mariani avevano deciso di parcheggiarla di giorno, neutralizzando il congegno esplosivo, per evitare che funzionasse, anche se in un modo che apparentemente non saltava agli occhi.
Macchi dà la sua versione del fallito attentato al Consiglio Superiore della Magistratura.
L’esplosivo fatto trovare davanti al Csm fu esclusivamente un atto dimostrativo, anche se molto forte. Non poteva brillare perché non aveva innesco. Appositamente, in quanto era troppo pericolosa una detonazione in una zona altamente frequentata, anche di notte, essendo accanto alla sede di Repubblica. Su questo attentato il perito balistico del tribunale ha detto volutamente il falso, e non solo in questa occasione. Perché era uno dei peggiori uomini del Sisde, nonché il perito «più autorevole», che avallava, per conto della magistratura, gli esiti che dovevano avere i processi. La verità è che abbiamo messo bombe sotto il culo dei carabinieri al ministero della Giustizia, in prefettura e a Regina Coeli – con il corpo di guardia a dormire a dieci metri dalla deflagrazione – senza recare danno fisico a nessuno.

Tornando all’azione davanti al Csm, gli alpini con la piuma sul cappello non erano certo un obiettivo... E il rispetto per gli innocenti lo abbiamo sempre dimostrato. Marcello Iannilli era una persona di una sensibilità e di un coraggio incredibili. Due volte che gli inneschi non scoppiarono, uno a miccia e uno elettrico, andò a recuperarli. Una volta disinnescandolo e un’altra regolandolo. Da solo, perché io mi rifiutai, per il pericolo enorme che potessero scoppiarci in mano i venti chili di gelatina non esplosi. Ma lui andò. Era un grande, di animo e di vita. Insomma, i detonatori, sia a miccia sia elettrici, così come la gelatina, il tritolo e la pirite che usammo, sono sempre stati frutto di nostri beffardi furti a cave del tiburtino e del reatino. E i timer li assemblavamo con semplici meccanismi delle lavatrici da 2.000 lire o sveglie del mercatino.
Fonte: Nicola Rao, Il piombo  la celtica

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