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Genova, per l'antifa accoltellato perquisite le case dei tre indagati di CasaPound

Perquisizioni questa mattina da parte della Digos nelle abitazioni di alcuni militanti di Casapound. Le perquisizioni rientrano nelle indagini per l'aggressione ai danni di un 36enne antifascista che la sera del 12 gennaio è stato accoltellato alla schiena mentre insieme a un gruppo di una decina di persone stava attaccando alcuni manifesti a un centinaio di metri dalla sede di Casapound in via Montevideo nel quartiere della Foce. Le perquisizioni si sono svolte nelle abitazioni dei tre militanti indagati dalla Procura di Genova per tentato omicidio in concorso e avrebbero portato al sequestro di indumenti e materiale informatico. 
CasaPound Genova aveva seccamente smentito l'accoltellamento precisando che "dopo una lunga serie di danneggiamenti alla propria sede da parte degli antagonisti, tutti ripresi dai video delle telecamere di sicurezza, nella notte tra il 12 e il 13 gennaio, un numeroso nucleo di antifascisti dopo aver provocatoriamente affisso manifesti infanganti le attività di CPI a favore degli italiani si schierava aggressivamente tra piazza Tommaseo (nella foto) e via Montevideo, minacciando alcune ragazze militanti e simpatizzanti di CPI davanti alla sede. I pochi militanti presenti si sono schierati a difesa, respingendo gli antagonisti che si sono dileguati". 
Questa invece la testimonianza di un attivista antifascista presente quella sera e raccolta dal Secolo XIX: «Quelli che ci sono venuti addosso erano tutti giovanissimi e tutti uomini - racconta l’attivista che chiede di rimanere anonimo per timore di ritorsioni - al contrario di quello che hanno scritto nel comunicato di Casapound di donne quella sera non ne abbiamo viste. Brandivano cinghie e bottiglie che hanno continuato a lanciarci fino in corso Buenos Aires».
L’attivista racconta che il volantinaggio era cominciato intorno alle 23 in piazza Alimonda. «A un certo punto abbiamo sentito urlare `Daje, prendilo´ e abbiamo visto venir giù di corsa dalla sede un primo gruppo. Siamo scappati verso corso Buenos Aires ma un gruppetto di 3-4 di noi è rimasto indietro ed è stato raggiunto. Non avevamo alcuna intenzione bellicosa, per questo ci siamo tenuti lontani dalla sede, volevamo solo fare controinformazione come già avevamo fatto in quella zona. L’azione è stata veloce, poi ho visto che il mio amico perdeva sangue dalla schiena».
Ma il 22 febbraio scorso sulla stampa genovese era trapelata la notizia che tre militanti erano indagati per l'accoltellamento. La vittima era stata medicata in pronto soccorso con 7 giorni di prognosi ma non aveva sporto denuncia. 


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