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Dal no euro allo stop immigrati.Il programma di governo di Lega e M5S


(G.p)Luigi Bisignani, persona informata sui lavori in corso della politica come pochi, ha svelato in un articolo pubblicato da Il Tempo i nuovi risvolti del patto "Grillo-Salvini" in vista delle prossime Politiche (frutto di questa, pessima, legge elettorale).
Il collega Antonio Rapisarda dalle colonne dello stesso giornale ha fatto il punto su questo spettro che aleggia sulla politica italiana immaginando anche i provvedimenti di un ipotetico e spero fantomatico governo Cinque stelle Lega.
Articolo che riportiamo per intero.

L'asse programmatico e di (possibile) governo tra Lega Nord e Movimento 5 Stelle è come la tela di Penelope: di mattina sembra lì per lì per essere composto ma la notte si scompone di nuovo per poi ricominciare da capo. Ieri, ad esempio, è stato il turno della discordia, a causa della sospensione dei conti corrente del Carroccio per mano della magistratura. Davanti all'indignazione di Matteo Salvini (e a quella di Matteo Renzi, ma qui per la vicenda Consip) per un provvedimento esecutivo giudicato “censorio” e politico i pentastellati hanno abbassato la visiera dell'elmetto: «È molto grave, ai limiti dell'eversione, quest'asse Lega-Pd contro la magistratura – hanno spiegato in commissione Affari costituzionali -. Salvini, invece di gridare al complotto, dovrebbe rispettare le sentenze dei giudici e chiedere scusa agli italiani per la truffa ai danni dello Stato attuata dal suo partito». Pronta la replica del leader leghista: «Pd, grillini e toghe rosse alleati per trasformare l'Italia come la Turchia con i partiti che diventano fuorilegge a colpi di sentenze – ha attaccato -. Due facce della stessa medaglia giustizialista che se ne frega della democrazia e della volontà dei cittadini».
Sulla giustizia, si sa, una coscienza concreta matura via via con la crescita “biologica” del proprio partito: la Lega di lotta, ad esempio, era forcaiola esattamente come lo sono adesso i pentastellati. E anche i grillini, dopo le prime disavventure di governo, hanno iniziato ad ammorbidire regole e limiti (come si è visto con il regolamento sulle primarie per il premier, da adesso aperto anche agli indagati). Insomma, su questo versante esiste ancora una certa distanza tra leghisti e grillini. Stesso discorso sui temi cosiddetti eticamente sensibili – con i 5 Stelle spostati su posizioni liberal e libertarie, come nel caso della legge Cirinnà – e sulla gestione dell'immigrazione nei territori, con il Movimento che in questa legislatura ha presentato un odg per esentare i comuni dal patto di stabilità per quanto riguarda le spese dell'accoglienza: non proprio una misura gradita ai sindaci col fazzoletto verde.
È nei fatti però – e nonostante le precisazioni di un leghista di “alto governo” come Giancarlo Giorgetti (che su Tempi ha definito l'asse Lega-5 Stelle, di cui si parlava qualche settimana fa, come «un'esigenza artificiale» del momento da sventolare come spauracchio a Berlusconi e Renzi che tornavano a fiutarsi a proposito di legge elettorale alla tedesca) – che le assonanze tra i due soggetti stanno via via coprendo le divergenze.
Il ghiaccio storicamente lo ha rotto Salvini quando, durante il turno delle Amministrative dell'anno scorso, non ha avuto dubbi nel sostenere ufficialmente i candidati del Movimento nei ballottaggi contro il Pd: è avvenuto a Roma e a Torino. Un anno dopo è arrivato il primo riconoscimento ufficiale dall'altra sponda. A parlare è stato Carlo Sibilia, deputato ed ex membro del direttorio: «Con la Lega Nord ci può essere una convergenza sui migranti, a patto che il Carroccio si liberi dei suoi elementi più propagandistici: penso ad esempio a quando Bossi diceva di voler sparare sui barconi. Di certo su questi temi c'è più vicinanza con loro che con il Pd che vuole ripopolare i borghi disabitati con i profughi».
È proprio qui, nel combinato disposto tra svolta securitaria di Grillo sui campi rom a Roma e l'astensione dei grillini al Senato sullo ius soli, cioè sulla ribattezzata “svolta a destra” del Movimento, che l'asse Lega-5 Stelle è diventato qualcosa di più concreto di un'ipotesi o di un elemento perturbante in funzione anti-Nazareno. Se a questo aggiungiamo che con la vigente legge elettorale non è per nulla scontato che il centrodestra possa convergere in un'unica lista alla Camera, riemerge allora con prepotenza l'eventualità di un governo di minoranza targato Grillo, dato che il Movimento è dato primo in tutti i sondaggi. E con chi potrebbe cercare l'intesa punto su punto se non con la Lega?
Un governo del genere, ad esempio, non potrebbe non “ascoltare” i cittadini sul tema dell'euro. Se il referendum sulla moneta unica è impossibile, di certo grillini e leghisti insieme avrebbero tutto l'interesse a ottenere un mandato popolare per lo meno per sbattere i pugni con l'Ue, minacciando l'Italexit (con il famoso decreto proposto dalla Lega, ad esempio). Con un esecutivo “Penta-Lega”, poi, non ci sarebbe praticamente scampo per la riforma Fornero – contrastata in tutti i modi possibili da entrambi –, come non ci sarebbe più la tentazione di concedere lo ius soli, ossia l'accelerazione per la cittadinanza ai figli degli immigrati, e per le misure del decreto Lorenzin sui vaccini. Così come tirerebbero un sospiro di sollievo i collezionisti di memorabilia del Ventennio – e i monumenti... - che si sentono minacciati dall'introduzione del reato di opinione. Sul mercato del lavoro, poi, una riforma comune prevederebbe la reintroduzione dell'articolo 18 (ma non certamente il “reddito di cittadinanza” dei 5 Stelle), ma non tornerebbero di certo diritti per le Ong di fare il bello e il cattivo tempo nel Mar Mediterraneo. E in politica estera? A brindare sarebbe Vladimir Putin: basta sanzioni alla Russia, infatti, è il leit motiv che la Lega e, con un linguaggio diverso, i 5 Stelle hanno portato avanti fin dalla crisi ucraina. Siamo certi, dunque, che una misura del genere verrebbe salutata in Aula con fiumi di vodka.

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