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Il ritorno del tradizionalista Evola

(G.p) Il giornalista Andrea Barbato e non Umberto Eco come erroneamente ricordo il collega Fabrizio La Rocca paragonò il filosofo tradizionalista Julius Evola niente poco di meno che al divino Otelma. Eppure l'interesse scientifico verso il filosofo tradizionalista rimane vivo e vegeto, come ci racconta il collega Fabrizio La Rocca dalle colonne del quotidiano nazionale La Verità, con un interessante articolo, che riportiamo per intero.

Amato e odiato, idolatrato o canzonato, Julius Evola continua ad essere un pensatore che non riesce a lasciare indifferenti tanto i fan quanto gli haters. Basti solo pensare al caso mediatico internazionale che qualche mese fa investì la presidenza Trump allorché spuntò una vecchia conversazione via Skype in cui l'allora consigliere Steve Bannon citava di sfuggita il pensatore tradizionalista.
Tanto bastò a gettare scompiglio su una presunta influenza evoliana sulle politiche della Casa Bianca. Fortunatamente, tra tanto gossip, non manca chi si approccia al filosofo con l'atteggiamento che sarebbe dovuto ad ogni grande autore: quello scientifico.
E, a testimonianza di un interesse che non accenna a tramontare su Evola, sono usciti nei mesi scorsi 3 saggi di sicuro interesse, presso tre case editrici differenti. Stiamo parlando di Julius Evola, un filosofo in guerra 1943-1945 di Gianfranco De Turris (Mursia) della raccolta  Julius Evola e la sua eredità culturale, a cura sempre di Gianfranco De Turris( Mediterranee) e della ristampa di uno dei primi saggi dedicati al filosofo, ovvero Arte e filosofia in Julius Evola, del compianto Gian Franco Lami(Pagine)
Il primo è sicuramente il volume che ha suscitato maggiore dibattito, tanto da essere giunto alla seconda edizione aggiornata e accresciuta nel giro di pochissimo tempo, mentre pare che una terza ne sia attualmente in preparazione. Lo studio di De Turris intende far luce sul periodo meno conosciuto della vita di Evola, quello a cavalo tra la caduta del regime e la lunga convalescenza del dopoguerra, con in mezzo la RSI.
Evola, come sappiamo, fu uno dei pochi fedelissimi presenti presso il quartier generale tedesco quando Mussolini, liberato dal Gran Sasso, venne portato al cospetto di Hitler? Che ci faceva lì? De Turris lo spiega con dovizia di documenti, anche inediti, cosi come dimostra che il filosofo svolse in quegli anni un delicato compito meta politico per l'Sd, il servizio segreto delle Ss, che pure avevano bocciato le idee evoliane in alcuni rapporti siglati da Himmler in persona. 
Chiuso il libro di De Turris, resta l'idea di un Evola, molto meno politicamente isolato di quanto non sia apparso a certi esegeti intenti a sminuirne l'importanza.
Il volume Julius Evola e la sua eredità culturale, raccoglie invece gli atti di un convegno tenutosi nel 2014. L'approccio eminentemente accademico degli intervenuti ci svela un Evola meno dilettantesco( una specie di Mago Otelma lo aveva definito Umberto Eco) di quanto abbia raccontato la vulgato. Citiamo, tanto per dirne una, il bel saggio di Giovanni Casadio su Evola e la storia delle religioni, in cui scopriamo le relazioni del filosofo con Raffaele Pettazzoni, Giuseppe Tucci, Angelo Brelich( ma si poteva aggiungere anche Ernesto De Martino che, prima di approdare al Pci nel dopoguerra come del resto lo stesso Brelich ebbe più di un contatto con la mistica del fascismo evoliana.
Quanto al testo di Lami, si tratta di una ripubblicazione del primo saggio, uscito 35 anni fa, e da tempo introvabile, che affrontava seriamente il pensiero di Evola, in modo esaustivo, e non più solo fideistico. Merito di Lami, mosca bianca nell'altrimenti conformistica università La Sapienza di Roma, prematuramente scomparso nel 2011.
Insomma, una bocca di Evola, in salsa accademica. Ma senza esagerare, se è vero che lo stesso Lami, quando giovanissimo telefonò al filosofo, chiamandolo "Professore Evola" si sentì rispondere seccamente: "qui non c'è nessun professore"

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