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L'orazione funebre per Vivirito: che cosa ha detto veramente don Orlando

Il servizio delle Jene con tanto di caccia all'uomo ha coronato la campagna contro don Orlando, il sacerdote sotto attacco per aver partecipato al presente al termine della cerimonia funebre per Salvatore Vivirito, da lui celebrata. Pubblichiamo qui il testo integrale della sua breve orazione funebre. Ognuno potrà così giudicare quanto effettivamente è stato detto e il senso delle scuse a cui il religioso è stato costretto da un esplicito diktat del vescovo.


Negli anni in cui era giovane Umberto c’erano circa altri 120.000 giovani di quella generazione a Milano, ma solo poche decine si potevano dire simili ad Umberto. Ovvero di giovani come Umberto ne nasceva uno ogni 800, o giù di lì.
Ma perché Umberto era differente rispetto agli altri suoi coetanei ??? Umberto era differente perché si poneva delle domande sulle regole e poi cercava con passione le risposte, non accettava semplicemente le regole prestabilite solo perché se le trovava già scritte.
Si domandava perché non veniva rispettata la dignità umana di ogni individuo tramite la solidarietà sociale tra gli uomini e la sua non era una domanda vuota, come spesso succede.
Umberto in più voleva capire perché gli altruisti venivano sistematicamente esclusi dai vertici della società e perché gli eroi, altruisti tra gli altruisti, venivano addirittura visti come un nemico da quella società.
In genere nessuno si poneva domande così, tutti gli altri giovani concordavano che una società senza eroi era quanto di meglio si potesse sperare e così ecco che Umberto diventava il nemico.
Diventava ancora più nemico quando vedeva derisi e oltraggiati gli eroi del passato, quelli che per gli altri erano dei simboli da cancellare, per Umberto erano gli esempi umani da seguire.
Si capisce, così, quanto può essere differente un giovane come Umberto rispetto ai suoi coetanei.
Queste convinzioni erano diventate per Umberto un ideale, un ideale da difendere, un ideale per il quale battersi, quasi da solo. E Umberto era un coraggioso e non schivava di certo il combattimento. Fu fatale che si trovasse a combattere quando in ogni luogo vedeva il suo ideale umano costantemente oltraggiato e continuamente ridotto al silenzio.
Non ci sarebbe stato nessun combattimento se ci fosse stata la semplice libertà di parlare, ci sarebbe stato un normale confronto politico, ma invece anche il solo parlare era considerato un reato: non si poteva chiedere una società socializzata, ma, più di ogni cosa, non la poteva chiedere chi voleva una meritocrazia diversa, una meritocrazia che non fosse ridotta all’accumulo di voti o all’accumulo di denaro, non si poteva chiedere una meritocrazia diversa da quella “borghese”, come la si definiva allora.
E il combattimento salì di livello, ogni volta diventava più aspro. Umberto a un certo punto si trovò solo, ma voleva agire comunque. L’alternativa era “congelarsi” accettando in silenzio gli insulti, le offese, congelarsi per distogliere lo sguardo dal sangue che era già stato sparso.
Umberto non volle fermarsi e cominciò la sua corsa verso la morte, una corsa piena di trappole, dove non mancarono quelli che oggi verrebbero definiti “danni collaterali”, in uno scenario di altro sangue e di altro dolore. E così morì.
Dopo tutto questo susseguirsi di eventi, dopo tutti questi anni, cosa ci ha lasciato la morte di Umberto ??? Ci ha lasciato dei ricordi in realtà molto semplici, su un giovane buono e generoso, un giovane sempre gentile col suo prossimo, coraggioso e onesto, intatto nella sua trasparenza

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