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Dalla parodia neofascista alla farsa recitata a Fiuggi

(G.p) Il collega Achille Biele direttore del periodico Benevento apre la prima pagina del suo mensile con un interessante articolo sulle celebrazioni in corso anche nel Sannio del settantesimo anniversario del Movimento Sociale Italiano.
In quel partito, 40 anni fa, stava per crescere una generazione, guidata da Generoso Simeone che discuteva, apriva radio libere, difendeva l'ambiente, si documentava.
Una generazione avversata dalla nomenclatura di partito, poi arrivarono gli anni di piombo, l'epopea di mani pulite, l'ingresso in politica di Silvio Berlusconi che tirò fuori dalle fogne gli attori della parodia neofascista, elevati a frequentatori di salotti buoni e stanze dei bottoni.




Continuano, anche a Benevento, gli appuntamenti “in memoriam” di un partito politico (il Msi, fondato nel 1947), nel quale hanno militato diverse generazioni nate nel dopoguerra, ritenendolo erede di un periodo storico e politico fatto di idee, fermenti culturali, azione, innovazione e soprattutto ricerca della giustizia sociale.
 Un “fascio” di segmenti culturali e ideologici che per un ventennio era stato in grado di tenere avvinti monarchici e repubblicani, innovatori e conservatori, socialisti e liberali, cattolici e laici, gentiliani e nicciani. 
Sfaccettature, queste, che inevitabilmente riemersero con tutto il loro lacerante contrasto in quello che qualcuno, in questi giorni, ha definito (e, probabilmente, non a torto!) una “parodia” del Fascismo, uno scomodo fardello storico che relegava i suoi militanti in una sorta di ghetto politico, nelle “fogne”, come si leggeva sui fogliacci di una certa sinistra extra-parlamentare, tant'é che un disegnatore satirico francese, Jack Marchal, inventò i suoi “topi maledetti”, divenuti poi simbolo di una certa “destra” che, negli anni ‘70, desiderosa di andare oltre il nostalgismo, si appassionava per le lotte per l’indipendenza del popolo irlandese o per la liberazione della Palestina.
 All’interno della “parodia” neofascista (parliamo di 40 anni fa) stava per crescere una generazione che discuteva, apriva radio libere, si documentava, difendeva l’ambiente e che, forse, sarebbe stata davvero in grado di andare oltre. Avversata dalla nomenklatura di partito, quell’esperienza fu presto ricacciata in soffitta e non se ne fece più niente: arrivarono gli anni di piombo, l’epopea di mani pulite, il Cavaliere dal sorriso ammaliante che brigò per tirar fuori dalle fogne gli avviliti attori della “parodia” neofascista, li accolse a braccia aperte e li invitò a ripulirsi per poter frequentare i salotti buoni e accedere alla stanza dei bottoni. 
E loro, da bravi “sorcini”, furono ligi ai consigli di Arcore e si precipitarono in quel di Fiuggi per trasformarsi in interpreti di una squallida farsa. Ma oggi cosa avranno mai da commemorare? 

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