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Massimo Fini: la mondializzazione sfrenata è una male. Ma adesso è anche inarrestabile


(G.p)La mondalizzazione è inarrestabile, il nostro è un treno che va a mille km/h senza guidatore. Lo afferma lo scrittore e filosofo Massimo Fini che, ad onor del vero, le si era opposto già 15 anni fa, come dimostra la sua opera omnia, nel corso di una intervista rilasciata al collega Goffredo Pistelli sul quotidiano economico giuridico e politico Italia Oggi.


Dal salotto di Massimo Fini si vedono i grattacieli di Portanova, a Milano. Quasi un contrappasso al pensiero antiglobalista, anche se mai no global che ha messo a fuoco negli ultimi decenni, fino a farne quasi un movimento che nel 2002, chiamò Movimento Zero, il cui manifesto fu firmato anche da Alain De Benoist e che pare tanto il progenitore del Cinque Stelle.
Nel salotto di casa Fini-libri, giornali, accendini e sigarette ovunque-siamo tornati per parlare del suo libro appena uscito per Marsilio, La modernità di un antimoderno e che raccoglie proprio i suoi saggi filosofici usciti dal 1985 in poi. Una sorta di Meridiano. Non succede spesso, soprattutto quando lo scrittore è vivente. D'altronde Fini, classe 1943, nato a Cremeno (Lc), da padre pisano e madre russa, milanese da sempre, d'altronde Fini, dicevamo è un caso a sé: giornalista di razza, molto conteso, in una certa fase, dalle tv per la sua capacità di bucare il video , ma anche autore ed interprete teatrale quando nemmeno si sapeva cosa fosse l'orazione civile. E scrittore infaticabile.

Un libro importante che effetto fa?
beh è gratificante, non è una cosa che si faccia per tutti gli autori e in genere, solo per quelli defunti. E io, allo stato, sono ancora vivo.
In questi libri ci sono molte riflessioni che sono andate a costruire il Manifesto dell'antimodernità, fatto di antiglobalizzazione, di piccole patrie e decrescita. Un documento che forse oggi avrebbe avuto più fortuna.
Fummo poco abili noi, totalmente disorganizzati.
Con basi meno solide, quello di Grillo ha fatto faville.
Guardi, Grillo, quando faceva i primi spettacoli impegnati, mi chiese una consulenza amichevole, su come introdurre certe tematiche negli show, avendo letto il mio La ragione aveva torto. Ricordo che ci incontrammo a margine di una serata in cui distruggeva un computer a colpi di mazza. Non aveva ancora incontrato Gianroberto Casaleggio.
Che consigli gli dette?
Non me ne ricordo nemmeno. E saranno stati sbagliati del tutto.

Il suo Movimento Zero non era decollato.
Massi' feci qualche giro in alcune regioni, ma non sembrava interessare.
Volava troppo alto, forse.
Forse. E poi era un pensiero davvero radicale. L'obiezione, giusta che mi si fa ancora è che non ha sblocco. La mia è una critica alla società uscita dalla Rivoluzione industriale, razionalizzata nell'illuminismo, sia nella versione liberale che in quella marxista che però non produce alternative.
Lei dice che questo sistema non può durare.
Collasserà, anche se non si può dirlo.
E ce l'ha anche con la democrazia rappresentativa.
Certo.Se vuole, la si può risolvere in una battuta cruda: è il sistema più sofisticato per metterlo nel culo alla povera gente.
Detta in altro modo?
E' l'uomo che peggiora il sistema, perché la democrazia esisteva anche quando non sapeva d'esserlo: nei villaggi preindustriali, quando i capi famiglia decidevano tutto, riunendosi in assemblea. Ma quella democrazia diretta non è trasportabile oggi. Non puoi chiamare la gente a decidere, al livello globale su cose sulle quali non sa nulla, come si illudevano Grillo e Casaleggio.
Con Grillo vi sentite?
Ogni tanto, ma con lui è difficile parlare: in genere ti travolge di discorsi.

Quando è stata l'ultima volta?
Pochi giorni fa, quando gli ho chiesto di parlare del mio libro sul suo blog. 
A proposito di democrazia diretta, fra un po' ci sarà il referendum costituzionale e lei...
La fermo subito. E' il classico esempio: vorrei sapere che cacchio ha capito la gente. Nemmeno io ho capito nulla
E come vota, mi scusi?
Ah faccio come sempre: non voto. La mia religione non lo consente. 
Quando è che ha votato l'ultima volta, Fini?
Sarà stato il 1992 e votai per la Lega Nord.
Beh, ne era praticamente il teorico coi suoi articoli sull'Indipendente a quell'epoca
Ah,l'Indy.
Ma prima votò socialista, lavorava pure all'Avanti
Certo. Anche se ci arrivai da reazionario. Ma era un bell'ambiente, libertario , mi corrispondeva. Comunque non sono mai stato legato a un partito. Non puoi esserlo, in questo lavoro. Anche se
Anche se?
Anche se il Psi di Bettino Craxi aveva suscitato speranze: i socialisti si erano tolti l'inferiority complex verso il Pci, proponevano un socialismo moderno, una socialdemocrazia europea.
Già si ricorda i dibattimenti su Proudhon contrapposto a Marx su l'Espresso?
Come no? Ed erano una classe dirigente mica male, i socialisti: Craxi era ignorante come una scarpa, ma aveva un intuito politico eccezionale , Claudio Martelli era ed è un ragazzo intelligente e geniale..

Lo definisce ragazzo perché siete stati compagni di liceo a Milano...
Al Carducci. Un ragazzo intelligente, dicevo, anche se con la moralità di una biscia. E poi, per tornare a quei socialisti c'era Gianni De Michelis, che si studiava i dossier. Non era davvero male come classe dirigente.
Però finì male.
Si perse, non dico per un piatto di lenticchie, ché il piatto molto grosso, ma insomma. Aveva ragione Giorgio Bocca, quando li definiva un comitato d'affari.
Ma nel Fini-pensiero c'è una via politica a gestire la complessità che viviamo?
Gestire la complessità, dopo due secoli e mezzo dalla rivoluzione industriale, non è più possibile. Pur da reazionario trovo però che, per il qui e ora, l'idea socialista, di unire libertà civili a giustizia sociale, sia ancora valida. Solo che, non c'è più il Partito Socialista ridotto a percentuali da albumina.

Uno dei suoi punti del Manifesto del suo Movimento zero era di fatto l'attuale decrescita felice. Lei, infatti, scriveva, molto prima di Grillo, che era il caso di tornare, in maniera ragionata, all'autoconsumo e all'autoproduzione.
La decrescita può essere dolorosa e infelice, il punto è però un altro.
E quale? 
Che non siamo più in tempo. Le racconto una cosa.
Prego
Nel 88 o giù di lì, andai al Cern di Ginevra a parlare con Carlo Rubbia. E gli posi questo tema, appunto. Lui era un po' infastidato, da bravo positivista, mi disse che ero un apocalittico.... Cambiò atteggiamento quando gli chiesi: scusi ma non è che, andando a questa velocità, stiamo accorciando il nostro tempo?
Che cosa le rispose?

Mi disse che il nostro mondo è su un treno lanciato a mille chilometri all'ora e che, per sua coerenza interna, non può che aumentare quella velocità. Un treno senza manovratore o che se c'è si illude di poterlo governare. Un convoglio che forse ha superato anche la linea di non ritorno, per cui, anche se freniamo di colpo, comunque andremmo a sbattere contro la montagna. E Rubbia è un illuminista, non è certo il Mullah Omar, mio idolo e unico vero no global.
Gli ha dedicato un libro, infatti. E la globalizzazione è sempre oggetto della sua critica spietata, quando ancora c'era chi non ne afferrava il significato. Sempre convinto?
Assolutamente. E oggi anche personaggi come Carlo De Benedetti sono diventati dubbiosi. E' sotto gli occhi di tutti che la globalizzazione abbia esasperato tutti i nodi negativi dell'industrial-capitalismo e, oltre a questo, ha incentivato la sperequazione fra ricchi e poveri.
Anche se certe statistiche che direbbero di no, e cioè che i poveri sono diminuiti complessivamente
Sono palle, mi permetta. Basterebbe vedere le migrazioni. Togliendo i rifugiati per motivi di guerra, la maggioranza sono migranti economici, che fuggono dalla fame. Nell'Africa sub sahariana c'è la fame. Qui ci siamo introdotti con l'attraenza  del modello del Nord, e abbiamo distrutto quella economia di auto-produzione e autoconsumo su cui erano vissuti. A Lagos ci sono milioni di nigeriani che prima vivevano in campagna e non morivano di fame. A nessuno piace fare questi viaggi, per arrivare ad avere il cellulare, che peraltro già hanno.
Qualcuno dice che questi migranti non sono proprio poverissimi del Continente nero ma, piuttosto, membri di una classe media che aspira ad una vita migliore. E citano, a riprova, il fatto che mettere insieme il denaro necessario a questi viaggi, dell'ordine di migliaia di dollari, non sia semplicissimo in quei paesi.
Questa obiezione è ragionevole, in effetti. Ma nell'Africa sub-sahariana ci sono oltre 700 milioni di persone, se si eccettua il Sudafrica. Se solo una parte di loro decidesse di spingersi quassù, non ci sarebbe Matteo Salvini capaci di fermarli.
Torno sul libro. In questo suo approccio politico filosofico, lei salva dell'Illuminismo, per la capacità di usare il dubbio come categoria. Ma come si concilia con la sua critica a un certo anti islamismo di maniera? I musulmani, in genere, non hanno troppi dubbi.
C'è un po' un equivoco: quando faccio la biografia del Mullah Omar non ne difendo il pensiero ma il diritto ad un popolo a resistere all'occupazione dello straniero, comunque motivata. Il mondo islamico mi è totalmente estraneo : quella è una visione cupa, anche se la nostra è certo migliore. Detto questo.
Detto questo?
Detto questo, parlando di Islam e di Isis, bisogna riconoscere che i musulmani hanno valori forti e molte delle cose che abbiamo perduto.
Per esempio?
Non ho il mito della famiglia ma, visto che ne lamentiamo, quotidianamente la crisi, bisogna riconoscere che, presso i musulmani, è ancora viva. E' un mondo altro, che non mi riguarda, ma che osservo con interesse. C'è poi questo fenomeno dell'Isis, che ci siamo creati. 
Anche lei ritiene che sia colpa nostra?
Beh, sì da 15 anni siamo in guerra col mondo musulmano. Prima l'Afghanistan, poi l'Iraq, alla Somalia, alla Libia. E' chiaro che si sia creato una reazione di questo tipo. Quando Amedie Koulibali.
Uno dei terroristi degli attacchi di Parigi.
Si quello del supermercato kosher. Quando dice: voi ci attaccate e pretendete che non vi rispondiamo? Chi siete? I padroni della terra? Ecco io sono assolutamente d'accordo e l'ho anche detto a Piazza Pulita tempo fa quando mi hanno invitato. Riconosco il loro diritto a reagire.
Scusi ma dopo l'11 settembre, dove avremmo sbagliato? Portare la guerra nel cuore dell'Asia a costi umani ed economici enormi? Però Osama Bin Laden stava lì. Si ricorda qualcuno, nelle prime ore, dopo l'attacco alle Twin Towers, teorizzava addirittura l'uso della bomba atomica nella valli dove stava il Capo di Al Quaeda?
E' stato davvero un pretesto. Washington Post e New York Times hanno scritto che i piani di invasione dell'Afghanistan erano già pronti. E comunque Bin Laden gli afgani se lo sono ritrovati: glielo aveva portato il nobile signore della guerra Ahmad Massoud.

Quando Bill Clinton propose al Mullah Omar di far fuori Bin Laden questi si dichiarò d'accordo, perché gli americani continuavano a colpire alla cieca.
E perché non si agi?
Perché il mullah aveva una precondizione: che gli Stati Uniti si assumessero la paternità dell'assassinio. Clinton non volle farlo. Eravamo nel 1998, dopo gli attentati in Kenya e in Tanzania contro gli statunitensi. E lo dicono i documenti del Dipartimento di Stato.
Insomma, se Clinton avesse avuto più coraggio, si sarebbe risparmiato l'11 settembre. Lo avrebbe fatto Barak Obama, anni dopo.
Quella è la vicenda, è la madre di tutto. L'Afghanistan e tutto il resto hanno incendiato l'immaginario musulmano. Quando gli uomini del Califfo tagliano la gola agli ostaggi, li vestono di arancione.
Come i prigionieri di Guantanamo, post 11 settembre
Infatti. E poi è arrivato tutto il resto. In Iraq sono morte 650 mila persone. Noi europei non pensavamo d'essere in guerra, perché a noi non toccava mai. Col Bataclan ce ne siamo resi conto.
A prescindere di torti e delle ragioni, non crede che ci sia, in certi islamisti l'idea di conquistare l'Europa dall'intero, per via demografica e democratica? Lo diceva, per esempio Ida Magli?
Non credo che ci sia questo rischio. Credo però che ci sia l'esigenza che ognuno resti a casa sua. Noi non dobbiamo rompere i coglioni ai loro mondi, mi scusi l'espressione, e quindi evoluiscano o involuiscano come vogliono, cosi noi non dobbiamo pretendere di interferire. 

Non mi stupisco che la prima Lega la sentisse vicina.
Quel Carroccio aveva avuto un'intuizione brillante: le macro regioni. Umberto Bossi pensava  ad un'Europa unita, senza stati nazionali e con macro regioni coese da un punto di vista economico, sociale, climatico e via dicendo.
Poi l'Europa non si è unita...
E la Lega osteggiata, come nemmeno le Brigate Rosse. Come sta accadendo col M5S del resto.  Ma parlo dei primi lumbard, poi si unirono a Silvio Berlusconi, in un matrimonio disgraziato: loro localisti lui globalizzatore, loro anti americani e lui più americano di un generale del Pentagono.
Oggi chi le ricorda la Prima Lega? Chi le pare possa realizzare il Fini pensiero? I cinque stelle?
In effetti, hanno qualcosa di quello che ho sempre detto e sempre scritto, come il superamento delle categorie di destra e sinistra, vecchie di secoli, che non sono in grado di rispondere alle esigenze dell'uomo moderno e occidentale. Esigenze che, nonostante le apparenze, non sono economiche ma esistenziali. 

E' il tema del tempo che, nelle affermazioni di Grillo, talvolta affiora, per cui è il vero valore della vita, molto più che il lavoro. Qualcosa c'è in questo movimento. Per cui faccio il tifo senza implicarmi.
Qualche problema l'hanno avuto. Penso a Roma.
Beh, usiamo le vecchie parole. Ogni volta che la partitocrazia.
Come diceva Marco Pannella.
Giusto. Ogni volta che la partitocrazia si trova di fronte a qualcosa che esce dai suoi schemi, si ricompatta, sinistra e destra assieme combattono a sangue i fenomeni nuovi. E' successo con la Lega, accade oggi con il M5s La storia di Virginia Raggi, a Roma, è grottesca.
In che senso?
Nel senso che si era appena insediata la giunta, che i giornali hanno cominciato a martellare sui topi di Roma e sulla monnezza di Roma, come se non fossero venti anni che la Capitale affronti queste emergenze. Un'aggressione continua.

La Raggi c'ha messo del suo.
Qualche errore lo ha fatto sicuramente. Non erano preparati a mettere quadri, dirigenti e via dicendo. In ogni caso, lo dicevo proprio a Grillo l'altro giorno, questa situazione avvantaggia il M5S.
Perchè?
Perché la gente capisce che, forse, qualche ragione costoro ce l'hanno, visto che tutti gli stanno addosso. Si dimostra che sono oltre destra e sinistra come dicevo prima.
Beh, anche il primo Matteo Renzi sembrava proiettato oltre il Novecento, ossia oltre queste categorie.
Se lei entra in bar e a un amico dice stai sereno per poi sfilargli il posto un attimo dopo, in quel locale lei non c'entra più-
Ma i populismi europei non la affascinano invece.
Sa che non ho mai capito il termine populismo? Dal punto di vista della democrazia, del governo del popolo, cioè con il populismo si dovrebbe andare a nozze. Non mi è chiaro tutto questo disprezzo.
E del populismo grillino che pensa?
Che un movimento che si pone come rivoluzionario, sia pure in forma pacifica, almeno all'inizio dovrebbe essere leninista.
Lei con la democrazia rappresentativa ce l'ha un po' su. Comunque mi pare che col meccanismo del direttorio le stiano dando ragione.
La verità è che Grillo ha ripreso in mano il movimento. Dopo la morte di Casaleggio si poteva pensare che si aprisse una fase nuova, anche con il coincidente passo indietro di Grillo. Una fase che facesse bene ai giovani leader.
Cosi non è stato?
No, perché l'uomo pensa sempre umano. Per cui le differenze non sono di tipo ideologico ma semplici invidie. Quando cominciano ad esserci le tipe, sa le tipe dovrebbero essere escluse da tutto.
Torno al libro e al suo pensiero. Di cosa è figlio culturalmente?
Senz'altro di Nietzsche, che per me è stato fondante. La mia lettura della storia non è politica ma esistenziale. Si stava meglio quando si stava peggio per dirla con le parole di Leo Longanesi., riguarda proprio la qualità della vita. Sembra assurdo dirlo, per i balzi in avanti che abbiamo fatto con la rivoluzione industriale e scientifica, ma abbiamo perduto col mondo che se ne andato, anche armonia ed equilibrio.






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