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Massimo Abbatangelo: "Terrorista, mai, squadrista sì"


(umt) L'orgogliosa difesa di Massimo Abbatangelo, un politico che ha pagato un prezzo altissimo alla sua fedeltà all'idea fascista e che oggi compie  81 anni. Il 1984 è l’anno che ha segnato la vita di Massimo Abbatangelo, il primo deputato arrestato dopo l’autorizzazione concessa, l'unico fino al 2011. La sua resta, nell’essenza, una vicenda kafkiana piuttosto che orwelliana. 

Quel vecchio attentato a Fuorigrotta

Perché nel corso del 1984 diventa definitiva la condanna per un antico attentato notturno (datato 1971) alla sezione del Pci di Fuorigrotta, uno dei quartieri napoletani in cui più aspra era la contesa per il controllo delle piazze: lui, consigliere comunale, residente dall'altra parte della città, era il proprietario dell’auto usata.
Almirante lo accompagna alla porta del carcere in cui resterà chiuso per nove mesi per poi essere affidato ai servizi sociali. Intanto alla fine dell’anno, la notte tra il 23 e il 24 dicembre, nella stessa galleria in cui era esplosa una bomba a bordo del treno Italicus dieci anni prima, si è consumata quella che passerà alla storia come la strage di Natale. Una strage organizzata dalla mafia.

L'inchiesta sulla strage di Natale

Il “cassiere” Pippo Calò è stato condannato all’ergastolo (nella sua villa di campagna furono trovati congegni a tempo simili a quelli usati per l’innesco dell’ordigno usato), Totò Riina ha ricevuto un ordine di custodia cautelare come mandante della strage ma non è stato condannato. L’ipotesi accusatoria iniziale del pm PierLuigi Vigna è che per organizzare l’attentato Cosa nostra si fosse appoggiata a un clan camorristico (il treno partiva da Napoli) per la fabbricazione e il collocamento dell’ordigno.
E’ così è arrestato, insieme a un paio di sodali, Peppe Misso, un bandito dalle dichiarate simpatie fasciste, grande rapinatore (suo, in collaborazione con il nipote di Gerlando Alberti, il colpo al Monte di pietà del Banco di Napoli). Il ragazzino accusato di aver piazzato la bomba sul treno, un pupillo di Misso, era intanto morto ammazzato in quel lasso di tempo. Le indagini arrivano ad Abbatangelo: nel corso di una perquisizione della sua villetta di Marechiaro, in sua assenza, la Digos trova un borsone con armi ed esplosivo su un terrazzo di libero accesso. Un borsone che alcuni vicini confermano di non aver visto in precedenza.

Un guazzabuglio giudiziario

La giustizia italiana è notoriamente lenta, così Abbatangelo ha il tempo di rientrare in parlamento: primo dei non eletti nel 1987, era subentrato all’avvocato Antonio Mazzone eletto nel 1989 all’Europarlamento. I tempi delle procedure per l’autorizzazione inducono i giudici a stralciarlo dal processo principale. Un errore strategico: la sua posizione è intimamente connessa a quella degli imputati napoletani. Gli hanno trovato infatti, anni dopo, esplosivo simile a quello usato per la strage.
E così la matassa si ingarbuglia. Il processo di primo grado ad Abbatangelo si svolge in contemporanea all’appello per mafiosi e camorristi. E la rigidità del sistema fa danni: così come l’arresto dei fratelli Savi non blocca il rito per la banda Santagata, accusata a torto dei delitti della Uno bianca, l’assoluzione per la strage ottenuta in appello da Misso e dai suoi non impedisce ai giudici di primo grado di condannare il giorno dopo all’ergastolo Abbatangelo. Una condanna umiliante e assurda: e infatti in secondo grado resta solo, come per gli altri napoletani, la condanna per armi ed esplosivo a sei anni di carcere.

Una nobile scelta per difendere il partito

Condanna ulteriormente ridimensionata in Cassazione, senza rinvio: la detenzione di armi ed esplosivo non sussiste e resta solo un concorso in detenzione di esplosivo, a soli due anni. Intanto siamo giunti nella seconda metà degli anni Novanta, il Msi ha risciacquato i panni nelle acque di Fiuggi. Alle elezioni all’Europarlamento del 1994 Abbatangelo è stato il primo dei non eletti, per una manciata di voti (quindici) ma ancora una volta potrebbe subentrare: stavolta per più dolorose circostanze, l’improvvisa morte di Spalato Belleré che lo aveva preceduto di un soffio. Ma il nostro non vuole mettere in imbarazzo il partito e così rinuncia al subentro e si va a fare qualche altro mese di galera come residuo di pena.

Un'orgogliosa rivendicazione di identità

Un innocente perseguitato dalle toghe rosse, quindi? Non proprio. E’ lui stesso a riconoscerlo, in una drammatica autodifesa, davanti alla corte d’Assise d’appello, in cui rivendica con orgoglio la sua identità politico: “Non sono un terrorista, ma chiamatemi pure squadrista”. E in effetti negli anni Settanta non se n’era fatta mancare una: dall’assalto al palco del corteo studentesco a colpi di bombe carta (a esser precisi era l’11 ottobre del 1969: per me fu il battesimo politico con la violenza fascista) alla maxirissa in consiglio comunale il 20 dicembre 1972. Quella sera Abbatangelo volò letteralmente dal suo banco tra il pubblico quando vide che il padre e il fratello si stavano afferrando con un compagno. Quella volta al grande picchiatore disse male: un dirigente della Fgci di Chiaia-Posillipo, ancora minorenne, gli tirò a volo un cazzottone con un tirapugni dentato sfregiandogli il volto. Finirono entrambi in prigione per pochi giorni. E i giornalisti parlarono di una ferita procurata da un morso …

Il 12 dicembre 1972 a San Vitale ...

Era quella una seduta straordinaria del consiglio, convocata per condannare l’attentato fascista consumato il pomeriggio del 12 dicembre, contro il comizio indetto dal comitato antifascista nella “piazza nera” di Fuorigrotta, piazza San Vitale. I fascisti risposero mettendo una rumorosa bomba carta sotto il palco: i feriti furono colpiti dalle schegge della vetrata della vicina chiesa, infrante dall’onda d’urto. Il giorno dopo un gigantesco corteo antifascista si riprese la piazza. Lo guidavano gli operai dell’Italsider con i loro inconfondibili caschi gialli. Il proprietario del bar ritrovo dei fascisti inutilmente provò ad abbassare le saracinesche. Con qualche muletto portato dalla fabbrica furono divelte e in perfetta simmetria anche le sue vetrine finirono distrutte. Era quella la Napoli in cui Abbatangelo aveva militato e si era fatto conoscere ed apprezzare.

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