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Fratelli d’Italia si divide sulla Fiamma

(G.p)Via la Fiamma dal simbolo di Fratelli d'Italia Alleanza Nazionale. A dirlo è il toscano Giovanni Donzelli,membro dell'esecutivo nazionale del partito guidato da Giorgia Meloni. Parole forti quelle lanciate dal Donzelli che hanno provocato un vivace dibattito all'intero del partito, come ci dimostra, con un interessante articolo, pubblicato da Il Tempo, storico quotidiano romano a firma del collega  Antonio Rapisarda.

Esiste una destra oltre i totem e i tabù? Il dibattito sul futuro di Fratelli d’Italia monta in maniera amletica. Dopo la provocazione partita dalla lettera di Giovanni Donzelli, esponente toscano del partito di Giorgia Meloni, i dirigenti del movimento hanno discusso con Il Tempo della cosiddetta «fase 2». C’è chi come Carlo Fidanza, responsabile Enti locali di FdI, pensa che Donzelli abbia toccato un punto necessario: «Trasformare il gradimento in consenso. Ossia, tra virgolette, lasciare Giorgia meno sola». Secondo Fidanza, espressione della sensibilità dell’Italia del Nord, questo si può ottenere «con le alleanze sociali: con il ceto medio impoverito a cui dobbiamo parlare di più». Quanto al «totem», ossia il simbolo di An, anche lui crede «che sia una storia finita male. Ci abbiamo provato in buona fede a riproporlo all’interno, recuperando una quota di elettori limitata». A differenza di Donzelli, però, Fidanza crede necessario «mantenere un richiamo simbolico alla tradizione della destra, con una fiamma, aggiornata, modernizzata» e fare come ha fatto Marine Le Pen, connettersi con la «domanda»: «Il mondo sta andando verso destra, verso una lettura che vede al centro sovranità e identità. Il mondo viene verso di noi. Se arriva l’onda dobbiamo cavalcarla non spostarci». Non si appassiona al tema del simbolo Marco Scurria, responsabile di FdI dei dipartimenti tematici: «Nel momento in cui nasceva una nuova storia bisognava far capire chi era l’erede. Oggi è un dato ormai assimilato». Per Scurria la «fase 2» è già avvenuta nella campagna elettorale di Roma dove, come fu nel ‘93 per Fini, la leader ha raggiunto un obiettivo fondamentale. «Meloni è uscita dallo schema. Tutto il movimento deve procedere in tal senso». Secondo il dirigente è stato su iniziativa della Meloni infatti che si è aggregato tutto il centrodestra, «quello che sta contro Renzi mentre quello non legato al passato, non a caso, ha appoggiato Marchini». Insomma, se con la battaglia per il Campidoglio FdI si è «automaticamente rinnovato» la direzione è creare «un centrodestra nuovo e maturo». Lo schema di Arezzo dove, ai comitati per il No, erano presenti i governatori Toti e Maroni «con Giorgia leader di un centrodestra senza annacquamenti». Spostandoci a Sud è Edmondo Cirielli, deputato di FdI, a considerare «valida la riflessione di Donzelli però frettolosa». Per l’esponente campano prendere le distanze, seppure in maniera tattica, dal blocco lepenista non ha senso: «Perché compromettere l’ottimo rapporto con Salvini? Tutto sommato questa Lega non è quella di Bossi che imprecava contro i meridionali. È poi è Salvini che ha fatto passi verso la destra sociale…». E che si fa con l’eredità di An? «Non può essere la vecchia An l’orizzonte. Ci piacerebbe stavolta essere i federatori, con Lega e Forza Italia». Il nodo da sciogliere, secondo Cirielli, sta altrove. «Il punto, onestamente, non riguarda tanto noi ma alcuni alleati, ossia Berlusconi, che devono chiarirsi le idee: se sono all’opposizione di Renzi o no». Di falso problema, infine, parla apertamente Federico Iadicicco, responsabile Famiglia di FdI. «An sì o no? È un dibattito sbagliato. Oggi è il momento di rimettere al centro i valori di fondo sui quali costruire la fase ulteriore del progetto». Ossia? «Difesa della libertà economica e sussidiarietà a cui occorre affiancare un progetto di ricostruzione dell’Italia basato su riforma presidenzialista e riduzione del costo del lavoro». Anche il tormentone moderati contro lepenisti è giudicato da Iadicicco «inconsistente»: «I movimenti sovranisti, da Putin a Orban, hanno incarnato il sentimento profondo dei loro popoli. Un movimento sovranista italiano deve organizzare la sua proposta chiedendosi perché gli italiani sono così lontani dalla politica».

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