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CasaPound e il fantasma della libertà

(G.p)Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire. Questa affermazione, autenticamente democratica  ha ancora senso in questo inizio di terzo millennio? La risposta non è scontata, come ci dimostra, con un interessante articolo il collega Cristoforo Sala dalle colonne de L'opinione delle libertà, quotidiano liberale per le garanzie, le riforme e i diritti civili, diretto da Arturo Diaconale.



“Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”. Questa ispirata affermazione, per lungo tempo attribuita erroneamente al filosofo Voltaire, ha ancora senso? La risposta non è scontata.

Nelle cavità carsiche della politica è cresciuto un pensiero per il quale la libertà di espressione non è assoluta ma relativa giacché essa, nella prassi democratica, dovrebbe subordinarsi ai principi etici che la legittimano. Ne conseguirebbe la riscrittura del celebre aforisma in un rinnovato precetto della coscienza: “mi batterò perché tu possa dire tutto ciò che il senso morale consente di dire”. Per quanto appaia insopportabile un tale logica essa interpreta lo spirito dei tempi al quale siamo consegnati, in barba ai sacri principi sanciti da quella carta Costituzionale che i suoi primi detrattori amano definire: “la più bella del mondo”. Non è questione astratta ma tocca le corde tese della quotidianità.

Si prenda il caso dell’annunciata manifestazione romana di CasaPound. È da un po’ che le “tartarughe nere”, fascisti del terzo millennio, subiscono aggressioni e violenze da parte delle bande organizzate dei Centri Sociali. L’ultima risale alla scorsa settimana quando un loro banchetto elettorale posizionato in una via della capitale è stato assaltato da un gruppo di facinorosi armati di spranghe e bastoni. Nella colluttazione è rimasto gravemente ferito un ragazzo disabile che prestava servizio al banchetto. In risposta all'ennesima provocazione i leader del movimento hanno indetto per domani una manifestazione pubblica. Apriti cielo! Le anime belle dell’antifascismo, Anpi in testa, si sono mobilitate per chiedere che il ministro dell’Interno la vieti. La pretesa fonda sul presupposto che le “tartarughe nere” esprimono principi xenofobi e razzisti incompatibili con lo spirito del patto costituzionale stipulato settant’anni orsono. A spiegare le ragioni per le quali vietare a CasaPound di manifestare liberamente sia giusto ci pensa il candidato della sinistra Stefano Fassina tramite un articolo pubblicato su “Il Tempo”. Per l’ex-piddino la presenza dei neofascisti per le strade romane sarebbe un’offesa all’immagine resistenziale e militante che la “città aperta” si è guadagnata combattendo il nazi- fascismo. In più contrasterebbe con il modello di città multiculturale e dell’incontro tra le genti sul quale il Papa avrebbe incardinato il giubileo della misericordia. In concreto, Fassina antepone un giudizio di valore, che ha natura morale, al riconoscimento di un principio, la libertà di espressione, che ha forza costitutiva del pactum societatis.

CasaPound non è un movimento illegale, perché se lo fosse sarebbe stato sanzionato dall’Ordinamento. Perciò Fassina invoca una sanzione amministrativa a corredo non di una norma giuridica ma di un’asserzione morale. Per ottenerla è disposto a violare egli stesso lo spirito e la lettera della norma di rango costituzionale. Di là dalle considerazioni politiche sul caso, ci domandiamo: è lecito invocare che si violi un diritto fondamentale in nome di una sedicente salvaguardia di quel medesimo diritto? Si può essere totalmente in dissenso con ciò che dicono i militanti di CasaPound, ma impedire loro di manifestare pone coloro che lo chiedono sullo stesso piano dei tiranni. Se si comincia col derogare ai principi costitutivi della comunità informata allo spirito democratico si finisce per giustificare anche gli atti di violenza perpetrati in nome di quella libertà che si vorrebbe proteggere da tutti i suoi veri o presunti nemici. Se si ritiene che CasaPound non sia moralmente legittimata a beneficiare del diritto alla libertà di parola ci si ritrova a braccetto con i mazzieri dei centri sociali. Allora, chi è più “fascista”: colui che sostiene di esserlo idealmente o quello che in nome della libertà spranga e tira sassi perché l’altro, il “fascista de core”, non abbia a dichiararsi tale?

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