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Adesso non chiamatelo Matteo Sionini

(G.p)La Lega Nord per l'Indipendenza della Padania è un partito giovane, fondato pochi giorni dopo la caduta del muro di Berlino, per cui non ha alcuna tradizione politico culturale da difendere o da tradire. E' una forza politica apertamente schierata con il sionismo, che ne vogliano o meno i nuovi e vecchi sostenitori di Matteo Salvini quale neo leader anti sistema. Lo scrittore Gabriele Adinolfi, con una nota, diffusa sulla sua pagina facebook intitolata Adesso non chiamatelo Matteo Sionini evidenzia la fregnaccia lanciata da Salvini nel corso del suo viaggio in Israele per cui i nazisti di oggi sarebbero coloro che uccidono in nome di Allah. Nota che pubblichiamo per intero.


Qualcuno è balzato sulla sedia per le parole di Matteo Salvini in Israele. Non ne ha motivo visto che la Lega è da sempre schierata con il sionismo e non ha alcuna tradizione politico-culturale da difendere o da tradire. La sorpresa, il disappunto, lo scandalo, danno ulteriormente la misura del travisamento della realtà nel desiderio di adattarla a schemi onirico-onanistici che vengono puntualmente smentiti. La vera e propria fregnaccia pronunciata da Salvini è stata la banalità imbecille per la quale i nazisti di oggi sarebbero coloro che uccidono in nome di Allah. Per il resto l'altro Matteo non ha fatto che confermare i due pilastri dell'alleanza sulla quale conta per ottenere una spinta: Mosca e Tel Aviv. Il che, in un particolare schema mentale, ci sta tutto perché corrisponde a una realtà di oggi. A una realtà di oggi, non alla realtà di oggi che, con tutte le capriole e i giochi tripli e quadrupli che la costituiscono, è ben più fluida e complessa. Che il Cremlino e la Knesset marcino comunque d'amore e d'accordo da qualche tempo è non solo un fatto oggettivo, ma è anche rivendicato da ambo le parti. Constatazione che, insisto da quel dì, non va fatta con trasporti emotivi o ideologici ma con la pura e semplice capacità analitica.
Bene e male La logica dell'onanismo post-fascista si fonda spesso su di una gerarchia dei nemici, la distanza presunta dai quali renderebbe qualcuno nostro amico. In questa gerarchia, dove Israele e gli Usa si alternano al primo posto quando non si fondono, si prendono per buoni quelli che in quel momento stanno apparentemente da un'altra parte anche se spesso il gioco tra i soggetti “opposti” è sospetto. Sicché per anni si è voluto credere che l'Iran fosse buono in quanto avversario del suo principale alleato oggettivo nell'area, Israele, insieme al quale ha invece massacrato l'Iraq. Mentre si minacciavano e s'insultavano reciprocamente l'una (Israele) armava l'altra (Iran) che la riforniva di petrolio. Ora, nella guerra geo-energetica che ha visto gli Usa cambiare cavallo, dall'Arabia Saudita all'Iran con l'intento collaterale di destabilizzare la Turchia, Teheran, Tel Aviv e Mosca hanno contribuito in misura diversa a salvare Damasco, mentre gli israeliani hanno partecipato a permettere che l'Egitto non cadesse in preda ai Fratelli Musulmani. In tutto questo non c'è niente di bene come niente di male in sé: ognuno fa i suoi conti e persegue i suoi obiettivi, purché non mettano in discussione i poteri forti più di tanto, altrimenti scomparirebbe in pochi giorni dalla scena. Sarebbe ora che s'imparasse, quindi, a ragionare freddamente, senza tifo e soprattutto senza immedesimazione perché non c'è nessuno, davvero nessuno, in cui immedesimarsi, salvo sentire una necessità psichiatrica, o almeno da psicoanalisi, di ricerca di un padre.
Share o fatti Quel che più inquieta di Salvini, come di un po' tutti quelli che cavalcano la reazione popolare, non è la visita in Israele, laddove comunque è andato ben lontano da quel Berlusconi che chiedeva che “le vittime dei bombardamenti di Gaza vengano onorate come quelle dell'Olocausto”, Olocausto del quale sostanzialmente disse che è un crimine così orrendo che la mente stenta a credere che sia stato commesso. Il vero problema di Salvini non è il viaggio in Israele per fare l'apripista a Marine Le Pen, sono lo sloganismo, la messinscena, l'esasperazione dello spettacolo, il tutto da accompagnato da affermazioni semplicistiche e perfino fuorvianti su tutta una serie di temi, vale a dire l'impossibilità di porsi come alternativa fuori dallo show. Questo è un difetto comune al nazionalpopulismo di oggi, al quale fanno eccezione oltre ad Alba Dorata, forse Jobbik e il Vlaams Belang. E mentre i più inseguono lo share a forza di qualunquismi che incredibilmente rimano con i desiderata della City e della Banca Rothschild, non s'accorgono neppure che da formazioni dette moderate emergono alternative un po' più concrete, come fu con Berlusconi, com'è con Orban e con Schauble che i media ci rappresentano volutamente in modo del tutto diverso da com'è; e noi ovviamente ce la beviamo e appoggiamo chi, per conto di Wall Street e di Soros, muove guerra a lui e al popolo tedesco. Sono cose che capitano finché si continua a ragionare così come ci siamo abituati. Sarà vera la diceria popolare che sostiene che l'onanismo rende ciechi?

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