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Letti da noi 3/ Mio padre era fascista

(G.p)Per la terza puntata della rubrica Letti da noi, Giacinto Reale, un antico quadro missino barese recensisce in esclusiva per i lettori di fascinazione l'ultimo libro di Pierluigi Battista Mio padre era fascista edito da Mondadori.
Una recensione critica che consigliamo di leggere con la massima attenzione.


Non sarei tanto sicuro che l’ultimo libro di Pierluigi Battista (“Mio padre era fascista”, Mondadori 2016) sia, come è stato detto, un omaggio postumo a quel padre col quale in gioventù c’erano stati tanti motivi di contrasto.
 A provocarli, la scelta “di sinistra militante” (come allora si diceva) del figlio, in controtendenza rispetto ad un padre rimasto fedele all’idea fascista della sua giovinezza.
 Per dirla tutta, nelle prime 40 pagine del libro ci viene descritto un padre-macchietta, che si ostinava a chiamare “Littoria” la città di Latina e “Via dell’Impero” la via dei Fori Imperiali, che nei viaggi in macchina voleva sembrare il professor Bonafè de “Il Federale” con i suoi: “Buca... buca con acqua”, che gigioneggiava a fare la caricatura di Mussolini quando proclamava: “La cinematografia è l’arma più forte”. E tanto altro ancora: l’odio per il chewing gum (rigorosamente chiamato “gomma da masticare”), per le Lucky Strike (“le sigarette della sconfitta”) e perfino per la musica di Glenn Miller .
Francamente faccio fatica a riconoscere in queste notazioni “alla Alberto Sordi” il brillante professionista e l’uomo di cultura che pure il figlio deve ammettere essere stato il padre. Troppo forte è la tentazione di pensare che l’A abbia un po’ calcato i toni di ricordi sfuocati nel tempo per “dare colore” ad un racconto destinato –più che prevedibilmente- a grandi successi di vendita Né, nel progredire della storia, mancano certe impietose quanto inutili osservazioni minute, che forse a “Pigi” (come è chiamato il nostro nell’ambiente giornalistico) saranno sembrate essenziali per delineare il personaggio: “si lavava con i soliti ritmi lenti che facevano infuriare mia madre”, “non so quanti completi grigi con gilet di obbligatorio complemento abbiano riempito negli anni il suo armadio.....del resto, anche i suoi boxer erano sempre rigorosamente candidi”
 Poi, però fedele ad una naturale inclinazione che lo ha fatto definire “cerchiobottista” per eccellenza, Battista vira “sul positivo”. Ci racconta così del padre irreprensibile professionista che, aldilà delle convinzioni politiche presta gratuito patrocino alla “comunista” Maria Pia Vianale (che, in Tribunale, dalla gabbia lo minaccia: “fascista di merda”, e gli promette la fine di Croce, l’avvocato difensore d’ufficio ucciso dalle BR), e, soprattutto del “suo” fascismo che era ben altra cosa dal nazismo al quale viene spesso accomunato dagli avversari Qui, in verità, fa un po’ di confusione, portando come prove il fatto che una volta gettò nella spazzatura “I proscritti” di Von Salomon (che, in verità, mai aderì al nazismo ed aveva anche una moglie ebrea), e non sopportava Tolkien e la saga Hobbit (senza considerare che il professore oxfordiano soleva definire Hitler “piccolo furfante volgare ed ignorante” e che Bilbo Baggins & C sarebbero diventati famosi, dopo una fugace apparizione nel 1937, solo alla metà degli anni cinquanta, a nazismo ormai morto e sepolto) C’è qualcosa che, forse, non ha capito Battista, come dimostra il titolo del libro e l’insistito richiamo alla “duplicità” del padre (“Mio padre erano due. C’era mio padre integrato. E c’era quello apocalittico. C’era il borghese tranquillo che osservava con orgoglio una sua rigorosa etica del lavoro. E c’era il fascista sconfitto e piagato che rimuginava senza sosta, nel suo foro interiore, risentimento e rabbia. C’era il conservatore e c’era il ribelle.......”), e cioè che, in realtà, l’anziano avvocato “fascista” ero uno solo, ma di un “tipo” nuovo.
 Può aiutare a comprendere (ma non credo Battista lo abbia letto) Robert Brassilach: "Un esemplare umano è nato, e come la scienza distingue l'homo faber e l'homo sapiens, bisognerà forse offrire ai ricercatori e agli amatori di cartellini questo "uomo fascista" nato in Italia" Resta, in sottofondo, l’impressione che nell’ormai sessantenne giornalista perduri un senso di inadeguatezza ed inferiorità rispetto ad un genitore così discreto eppur così ingombrante. Quello fu accompagnato, nella rischiosa avventura di Salò, da una ventenne “bellissima, studentessa di Giurisprudenza”, il figlio sarà lasciato dalla fidanzata “extraparlamentare” con una letterina “ufficiale” nella quale gli comunicherà di preferire un “proletario di Tarquinia”.
 Il padre andò a fare a fucilate con i partigiani in Garfagnana e conobbe, da sconfitto le ingiurie e le violenze della folla assetata di sangue, il figlio scamperà ad una legnatura con il bonario viatico di “Roccia” noto attivista missino romano: “Vedi de ringrazzià tu padre”.
 Il vecchio combattente in camicia nera rimase, per tutta la vita, fedele agli ideali della sua giovinezza, il disinvolto figliolo abbandonerà al momento giusto la “causa comunista” per una più comoda accoglienza (fino al “Corriere della Sera”) nei salotti buoni della buona borghesia Ed è qui che c’è, in realtà l’accenno più sincero del libro: “Ero sedotto, affascinato da quelle case, da quell’atmosfera, da quella inscalfibile certezza di stare dalla parte giusta, anche all’opposizione, però sempre al caldo, lontana dai pericoli dell’esclusione, accudita e protetta dai giornali, dagli incarichi istituzionali, dalle cariche accademiche” “Protezione” che continua ancora: la potente lobby dei giornalisti si sta mobilitando con “pompaggi” a favore del collega.
 Ho letto finora Mughini, Cazzullo e la Perina, altri arriveranno. Banale anzichenò quella di Cazzullo, tirata sul personale quella della Perina (con un imperdonabile errore per un ex Direttora del Secolo d’Italia quando definisce Coltano “campo dei non cooperatori”), la migliore resta quella di Mughini (anche lui “figlio di un fascista”), con una chiusa magistrale: “Dopo il 25 aprile non ci sono più fascisti ed antifascisti, ci sono persone, ognuna con una sua storia, con un suo dolore, con una sua memoria, con un suo onore, con una sua lealtà, con una sua capacità piccola o grande di misurarsi con il diverso e con “l’altro”. Questa è la vita, questa deve essere la nostra vita”.
 Non tutti l’hanno capito....

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