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In Toscana ed Emilia Romagna vietato raccontare i "Fascisti!"


(G.p)La scrittrice Armanda Capeder nel suo romanzo Fascisti! , Quando gli Italiani, quasi tutti cantavano Giovinezza"  regala ai lettori una storia tipica di quel luttuoso periodo raccontato da Giampaolo Pansa ne Il sangue dei vinti.
 Parliamo delle rappresaglie e delle carneficine poste in opera a guerra finita dai partigiani nel Nord Italia.
 Armanda Capeder dedica al tema appunto il suo ultimo libro edito da Enrico Damiani Editore, che è la storia di un onesto italiano qualunque, Luigi Armani, reo di avere – come tanti suoi connazionali – creduto nel fascismo e in seguito incarcerato dai partigiani per vendetta.
 Una vendetta contrabbandata per “giustizia” che si abbatté a guerra finita su moltissimi italiani che non hanno poi più avuto neanche diritto alla memoria. Racconti perduti passando da una generazione all’altra ma dalla cui conoscenza forse e a distanza di tanti anni potrà emergere quella necessaria pacificazione che sola, nel rispetto delle vittime di ogni colore, potrà mettere la parola fine agli strascichi dell’ultima guerra e dell’odio ideologico del “secolo breve”.
Racconti che una parte dell'Italia non solo non vuole ricordare ma che cerca, in ogni modo, di boicottare. 
Infatti, in alcune regioni d'Italia, il libro Fascisti non viene venduto in nessuna libreria.
Il quotidiano romano Il Tempo, con un interessante articolo del collega Daniele De Mario, ci racconta la storia di questo romanzo rifiutato dalle librerie in Toscana ed Emilia Romagna.




Esiste un’Italia che proprio non vuole ricordare. Un pezzo del nostro Paese che alla memoria storica preferisce il rifiuto e la rimozione. Così, se giornalisti come Gian Paolo Pansa vengono accusati di revisionismo solo perché scrivono cosa avvenne durante la Resistenza, altri autori vengono condannati all’oblio nonostante il coraggio dei propri editori. È questo il caso di Armanda Capeder e del suo Fascisti! , pubblicato da Enrico Damiani Editore e che, in alcune regioni d’Italia - Toscana ed Emilia Romagna - non viene venduto in libreria.
Armanda è una signora di 88 anni da poco dimessa dall’ospedale San Carlo di Milano. Nel suo Fascisti! racconta il Ventennio visto dal basso, dalla parte del popolo. Pagine che nulla hanno da invidiare al Canale Mussolini di Mario Pennacchi, tanto per avere un metro di paragone. Fascisti! è un romano autobiografico in cui Armanda Capeder racconta la storia della propria famiglia durante il fascismo; ma è anche il romano di almeno due generazioni perdute e di una famiglia che del fascismo attraversa l’intera parabola, dagli esordi quasi ingenui fino all’epilogo rovinoso. Una cronaca precisa, insomma, del drammatico destino cui l’Italia e gli italiani sono andati incontro, con la rovinosa caduta della guerra e di tutto ciò che accadde dopo il 25 luglio del 1943. Non è un romanzo revisionista, né il racconto dei fascisti «buoni». Armanda Capeder è la voce di una donna che ricorda come in molti abbiano subìto le umiliazioni della storia, la distruzione di beni e affetti. Una voce certo insolita, ma intessuta di amore per la verità.
Perché se oggi dare del fascista a qualcuno è un insulto, durante il Ventennio era un’esclamazione di orgoglio e di sfida. Partendo dal primo dopoguerra e dai drammi che portarono all’ascesa di Benito Mussolini, Armanda Capeder affronta le questioni aperte dalla caduta del Duce con i propri occhi, quelli di una bambina prima e di una giovane donna poi.
Armanda racconta come la mamma, per cercare di aiutare suo marito, si recò dal federale locale per cercargli un lavoro, sentendosi chiedere in cambio favori sessuali. Anni dopo sarà la stessa autrice ad andare dal capo partigiano per implorarlo di liberare suo padre prigioniero, sentendosi formulare la stessa ripugnante richiesta. La Capeder ricorda poi il dibattito successivo al delitto Matteotti, la preoccupazione di tanti fascisti che temevano un indurimento del regime e l’escalation di violenza e totalitarismo.
Ricordi di storia famigliare e storia nazionale in 236 pagine di qualità. Pagine che però non sono disponibili in tutta Italia, perché in Toscana ed Emilia Romagna il libro non è in vendita. A confermarlo è lo stesso editore, Giovanni Damiani, figlio del fondatore Enrico. «Non è un’invenzione scandalistica per vendere il libro - spiega l’editore - Il libro è uscito a fine giugno, il nostro distributore si serve di altri distributori regionali e ha subito provveduto a consegnare le copie nelle librerie. Eppure, qualche giorno dopo, i libri consegnati in Toscana ed Emilia Romagna sono tornati indietro. Il nostro distributore lombardo era costernato. Eppure, l’opera di Armanda tutto è fuorché revisionista». Damiani, milanese che per un curioso scherzo del destino vive a Salò, spiega che in futuro pubbilcherà altri lavori dell’autrice e non si pisega perché il libro non sia venduto nelle due regioni rosse. «Forse - si chiede - avrà suscitato un cattivo effetto la foto di copertina, una fascista inglese col basco nero. Forse non sarà piaciuto il nero, ma quel colore è la soluzione grafica scelta per tutta la collana. Forse a qualcuno non sarà piaciuto il titolo Fascisti! col punto esclamativo». Eppure, quel titolo Giovanni Damiani non lo rinnega. «Il titolo originale era Ritratto di famiglia in seppia , abbiamo preferito cambiarlo e questo magari ci ha un po’ tagliato le gambe ma lo rifarei», spiega. Così come ripubblicherebbe il libro. «Quell’opera è piaciuta a me, ai miei collaboratori, ai nostri consulenti - dice l’editore - Le dico la verità: valeva davvero la pena pubblicarlo e speriamo che superi questo rifiuto, questa rimozione. La cosa che colpisce è che tutta la cultura del nostro secondo dopoguerra è fatta di rifiuto e rimozione. Noi nel nostro piccolo cerchiamo di fare qualcosa. Tra poco uscirà Tutti colpevoli, dove si affronterà il delitto Pasolini, un’altra rimozione».
Nel frattempo, nelle librerie dove viene venduto, Fascisti! si difende. «Stiamo aspettando dati e rese, ma ad esempio la promozione nelle cinquanta libreria Mondadori è andata bene - dice Damiani - Speriamo si superi il pregiudizio su un’opera che merita di essere letta».

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