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Il rock identitario francese: una contro cultura non conforme


(Gp)Matteo Luca Andriola, giovane saggista meneghino, autore di un interessante saggio sulle destre europee identitarie e populiste intitolato La Nuova Destra in Europa edito da Edizioni Paginauno, in esclusiva per i lettori di fascinazione, recensirà libri interessanti di non facile reperibilità.
Come primo pezzo ha deciso di recensire un interessante libro sulla musica rock identitaria francese



di Matteo Luca Andriola

Aion, Aquilonia, Basic Celtos, Brixia, Elendil, Fasc, Fraction (o Fraction Hexagone), Goldofaf, Vae Victis, Europa Nostra, Insurrection, Terre de France… nomi che al normalissimo ascoltatore di rock, hard rock ed heavy metal non dicono nulla, anche se amante di introvabili gruppi underground. Diverso, invece, se l’ascoltatore è «non conforme» e, oltre ai Metallica, Iron Maiden, Manowar, Slayer, Megadeth e Motörhead, ascolta musica “alternativa”.
 I gruppi elencati, infatti, appartengono alla categoria del cosiddetto RIF, il cugino più prossimo del RAC, dove RIF sta per “Rock Identitaire Française”, la branca d’Oltralpe del RAC (“Rock Agains Communism”).
 Mentre sul RAC abbiamo molti saggi, pochi si sono interessati della sua branca francese. Ci ha pensato un collettivo francese di estrema sinistra. Ma il risultato è interessante, al di là di certi passaggi che denotano l’ideologia degli autori, e che possono o meno esser condivisi.
 Il libricino in questione, di 186 pagine, è Rock Haine Roll. Origines, histoires et acteurs du Rock Identitaire Français, une tentative de contre-culture d'extrême droite, Éditions No Pasaran, ed è stato pubblicato nel maggio 2004 (ma è disponibile online), uno dei pochi tentativi nell’estrema destra francese di organizzare attorno alle idee un movimento musicale popolare e coerente, simile al panorama italiano.
 
 Ma perché fare un saggio sul «rock identitaire»? Dopotutto è un fenomeno ultra-underground, con vendite dei Cd che girano sulle 2000-3000 copia, con concerti suonati nei campeggi militanti o nei locali «di area» (gli equivalenti francesi del Cutty Sark, il locale gravitante attorno a CasaPound) con 200-300 presenze. Il collettivo spiega che il motivo è duplice : da una parte consiste nel conoscere l’avversario, ma gli autori si accorgono che non sono di fronte al classico RAC, ma a qualcosa di diverso. Fra le due realtà ci sono moltissimi nessi, ma anche differenze. E’ il caso di farcelo dire direttamente dagli autori :

«oltre l'aspetto militante, il RIF è di per sé un argomento interessante. E' infatti il secondo tentativo dopo il rock alternativo libertario degli anni 1980, il lancio di un movimento politico e culturale che è specificamente rivolto ai giovani e che sostiene la dimensione attivista e culturale. Ma è anche il secondo guasto, per ragioni che non sono simili. Gran parte delle persone che componevano i gruppi di rock alternativo erano musicisti prima di essere militanti. Le "major" musicale quindi hanno avuto difficoltà a reinserire nel circuito commerciale non appena il loro impegno vacillato nei primi anni 1990, con portata variabile. Questo ha segnato la condanna a morte di una corrente che in gran parte ha cominciato a girare in tondo in termini di prospettive, e che aveva spesso raggiunto l'età in cui si chiede una serie di domande sul suo futuro. Nel caso della FIR, vedremo nelle pagine seguenti che i suoi promotori più attivi sono sempre stati gli attivisti prima di essere musicisti e elemento aggravante, militanti nazionalisti o neofascisti. [...] La tesi degli attori FIR porsi come nuova alternativa non riusciva a nascondere il loro discorso politico e RIF è subito diventato un ghetto rassicurante e mortale.»

Ergo, a differenza del “rock skinhead” – quello descritto, non con qualche errore, nel documentario di Claudio Lazzari 'Nazi-Rock' – che è volutamente rimasto underground, il RIF ha cercato di aprirsi al mercato, ma l’intransigenza non paga: i temi affrontati da questa musica sono i medesimi della musica alternativa italiana, cioè l’anti mondialismo, la critica all’immigrazione, l’antiamericanismo e l’antisionismo e la “preferenza nazionale”, temi non spendibili al di fuori della “fascisteria”. Nel RIF si aggiunge pure il “culto” per le identità locali e l’identità europea, cosa evidente, dato una dei sue band più importanti, i Fraction Hexagone, ha come frontman Philippe Vardon e come bassista Fabrice Robert, ex membri di Unité radicale, movimento nazional-bolscevico affiliato al Fronte europeo di liberazione sciolto nel 2002 dopo che uno dei suoi militanti, Maxime Brunerie, tento di uccidere Jacques Chirac, prima vicini al Mouvement National Républicaine e poi fondatori e leader del Bloc Identitaire (con Vardon a dirigere Nissa Rebela, la branca nizzarda), partito etno-regionalista e, purtroppo, islamofobo. Nel saggio, quindi, dato che non si sta facendo un’analisi relativa alla musica rock o ai gruppi più gettonati, ma si tratta di un’indagine militante, l’approccio è politico, ma al contempo analitico, con l’intenzione di capire perchè i giovani di una certa parte politica ascoltano un certo tipo di musica, elogiano certi miti e si identificano in una certa Weltanschauung. Insomma un saggio per chi legge in francese che permette di avventurarsi in un genere che l’ascoltatore ora, con Internet, può tranquillamente scaricare o comprare negli store online (www.coqgaulois.com anche solo per chi fosse interessato a farsi una cultura), ma che all’inizio bisognava andare a cercare negli appositi negozi, gestiti da militanti. Insomma, senza l’apertura di un Mughini, che nel 1980, con Nero è bello, si aprì alla musica alternativa nata nei Campi Hobbit, il testo potrebbe fare da apri pista ad altri saggi.

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