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Vent'anni fa fu ucciso Beppe Alfano: l'antimafia indossa anche la camicia nera 2a ediz.

(umt) Vent'anni fa era ucciso a Barcellona Pozzo del Gotto, santuario mafioso della Sicilia orientale nella provincia "babba", Messina, il giornalista Beppe Alfano, con tre colpi di pistola calibro 22 (un tocco di classe per confondere le acque e far pensare a un delitto 'personale'). Ha prodotto buoni frutti: la figlia Sonia è oggi presidente della commissione contro la criminalità organizzata all'Europarlamento, in cui è stata eletta nelle lista di Italia dei valori dopo essere stata la candidata presidente per i grillini alle Regionali del 2008 (e poi è stata allontanata dal partito per il mancato sostegno alla candidatura di Orlando a sindaco di Palermo) Oggi dell'anniversario parlano in pochi, il Fatto, Repubblica/Palermo, nonostante sia arrivato un messaggio di cordoglio dal presidente dell'Europarlamento, il tedesco Schulz. La cosa non mi stupisce. Perché Alfano è un nome scomodo per certe vestali dell'Antimafia. Perché era fascista, così come di simpatie di estrema destra era Borsellino. La sua storia la racconta Alessio Pierotti in "Cado in piedi":
Politicamente Beppe Alfano è uomo di destra: suo padre aderì alla Repubblica sociale italiana. Dopo una gioventù passata ai margini di Ordine Nuovo, Alfano entrò nel Msi di Giorgio Almirante. Da Ordine Nuovo si era allontanato per la sua estraneità alla deriva terroristica del movimento, dall'Msi si allontanò per candidarsi in una lista civica. Nel 1990, alle elezioni comunali, Beppe Alfano si candidò infatti per Alleanza democratica progetto Barcellona, lista capeggiata da Antonio Mazza: il proprietario di uno dei piccoli network di Barcellona Pozzo di Gotto presso cui Alfano lavorava. La lista prenderà pochi voti ed Alfano tornerà nelle fila dell'Msi. Nel 1991 Alfano inizia a collaborare con il quotidiano "La Sicilia". La collaborazione ha inizio il 27 luglio, quando Alfano comunica alla redazione messine del giornale una notizia: è stato ammazzato un ragazzo. Non un ragazzo qualsiasi: Lorenzo Chiofalo, il figlio di un boss di Cosa Nostra.
A contestare la due giorni barcellonese arriva puntuale un comunicato di Forza nuova:
"Onorare la memoria di Beppe Alfano è per Forza Nuova un impegno tradizionale e doveroso, assunto già in tempi non sospetti" - contiene un accento polemico la dichiarazione di Giuseppe Provenzale, segretario siciliano del movimento guidato da Roberto Fiore - fu, infatti, il nostro compianto dirigente nazionale messinese Antonio Ragusa che, nel 2005, organizzò un coraggioso memorial sull'eroico giornalista in cui si sottolinearono i moventi di stampo massonico del suo assassinio". "Ci fa piacere che, seppure con 20 anni di ritardo, - ha proseguito - anche il gotha dell'antimafia, riunitosi per una kermesse di due giorni, patrocinata dal parlamento europeo, nella sua Barcellona, abbia preso atto dell'importanza del prezioso lavoro di Alfano, ma non possiamo non considerare che lo ha fatto nel solito stile omissivo, sia per quanto riguarda l'indubbio ruolo svolto dalla massoneria che per la ricostruzione di un corretto profilo storico e morale della vittima, il cui universo ideale "fascista", dagli illustri organizzatori profondamente disprezzato, costituiva la base fondante di quella condotta senza compromessi né paure che ne ha determinato l'estremo sacrificio."
"Rinnoviamo il nostro cordoglio ai familiari - ha concluso l'esponente di Forza Nuova - additando ancora una volta ai nostri militanti e ai siciliani tutti l'esempio di Beppe Alfano, capace di comprendere quale fosse la vera natura del fenomeno mafioso, da sempre braccio armato di poteri ben più forti e potenti".
"Rinnoviamo il nostro cordoglio ai familiari - ha concluso l'esponente di Forza Nuova - additando ancora una volta ai nostri militanti e ai siciliani tutti l'esempio di Beppe Alfano, capace di comprendere quale fosse la vera natura del fenomeno mafioso, da sempre braccio armato di poteri ben più forti e potenti".
 PS: Il mandante dell'omicidio Alfano, condannato a 30 anni di carcere, era stato candidato alle amministrative dallo stesso Msi


2 commenti:

  1. «Il mandante dell'omicidio era del Msi». L'avvocato della famiglia accusa Alleanza Nazionale alla commemorazione del giornalista Alf ano

    di Marzio Tristano

    An l'aveva preparata bene. Per ricordare il sacrificio di Beppe Alfano, giornalista coraggioso ucciso dalla mafia, sul palco del liceo Valli di Barcellona, s'erano presentati tutti: dal presidente dei senatori di An, Domenico Nania, all'eurodeputato Nello Musumeci, coordinatiore regioanle del partito, al deputato Nino Lo Presti, ex coordinatore provinciale, al presidente della Provincia di Messina Giuseppe Buzzanca, all'assessore regionale ai Beni Culturali Fabio Granata.

    C'erano, e' vero, anche Niki Vendola e Beppe Lumia, ma, vivaddio, due sedie alla sinistra su un palco dove si commemora un morto di mafia, si possono pure dare. Tanto, lo sanno tutti che Beppe Alfano era di destra. Almirante era il suo mito, la sua passione politica era tanto travolgente quanto trasparente, era stato il primo dei non eletti alle regionali, e protagonista di decine di campagne elettorali a Barcellona. Beppe Alfano era un morto di An. E An si preparava a commemorarlo per ricordare a tutti che i morti di mafia non stanno solo a sinistra, che anche la destra ha i suoi martiri nel difficile cammino di riscatto e di conquista della legalità. «Riscatto», «speranza», «legalità», «lotta alle cosche e ad ogni sopruso», «politica di servizio e mai di potere»: pronti ad offrire questi concetti alla platea, gli esponenti di An seduti in parata sul palco pregustavano già i meritati applausi.

    Così, quando l'avvocato della famiglia Alfano, Fabio Repici, ha ricordato che il Movimento sociale italiano, a Barcellona, aveva candidato nelle sue file al consiglio comunale Giuseppe Gullotti, detto l'avvocaticchio, unico condannato a trent'anni per l'omicidio di Beppe Alfano, un lungo brivido e' salito lungo la schiena degli esponenti di An. Che hanno reagito togliendo la parola al legale, urlando e agitandosi scompostamente mentre il clima in sala si scaldava pericolosamente e la polizia doveva identificare due spettatori più' facinorosi, protagonisti di un vivace scambio di opinioni con contorno di spintoni. «Gullotti è stato candidato dieci anni prima, quando nessuno sapeva chi sarebbe diventato Gullotti, lo stesso legale ha detto che era considerato una persona per bene' ha tuonato Nania. «Il nostro partito con Gullotti non ha nulla a che vedere», gli ha fatto eco Granata, E Musumeci: «Nessuno può insegnarci nulla, la lotta alla mafia l'abbiamo iscritta nel nostro Dna». La figlia di Beppe Alfano, Sonia, che si e' precipitata la microfono per calmare gli animi, la pensa pero' diversamente: «Gli esponenti della destra si sono comportati in modo poco civile. Hanno impedito al mio avvocato di fornire non una opinione, ma dati di fatto accertati da investigatori presenti nella sala che non hanno smentito nulla. Mi dispiace che sia finita cosi' la commemorazione di mio padre. Ma noi andiamo avanti.

    ( segue)

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  2. ( segue da sopra )

    Domani (oggi, n.d.r.) l'on. Lumia deposita in commissione antimafia la richiesta di apertura di un' indagine sull'omicidio. Noi proseguiamo nella ricerca della verità', una verità' ancora tutta da scrivere». A partire, forse, dall'appartenenza politica di Beppe Alfano nell'ultimo periodo della sua vita. Alfano era un uomo di destra, ma, rivela oggi Sonia, negli ultimi tempi era stato espulso dal partito, «tanto da costituire una lista civica». «Evidentemente le sue denunce - aggiunge Sonia - davano fastidio a molti. Quando ha capito che le sollecitazioni rivolte agli uomini del suo partito perche' presentassero interrogazioni parlamentari sugli scandali che andava scoprendo e scrivendo andavano tutte a vuoto, ha preferito rivolgersi all'on. Tano Grasso. E l' interrogazione venne subito presentata, da chi, evidentemente, condivideva gli stessi valori di mio padre».

    Sull'omicidio di Beppe Alfano il mistero e' ancora fitto. La figlia è certa: è un delitto voluto dal terzo livello. Coperture e depistaggi hanno caratterizzato tutte le fasi processuali. Ancora oggi, a distanza di otto mesi, non è ancora stata depositata la motivazione della sentenza di assoluzione del presunto killer Nino Merlino, che era stato condannato due volte a 21 anni di carcere. «Mio padre aveva raccolto appunti su un traffico di armi e di uranio conm i paesi dell'Est - conclude Sonia - il mio avvocato ha letto le rivelazioni di un pentito, Maurizio Avola, che ha indicato una pista che porta ad una colossale truffa C.E.E.. Peccato che gli appunti di mio padre siano spariti la sera del suo omicidio, dopo una perquisizione selvaggia compiuta a casa nostra da oltre 50 agenti delle forze delle forze dell'ordine che hanno portato via carte ed effetti personali, alcuni dei quali mai restituiti».

    9 gennaio 2003

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