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In morte di Gallinari/2. Ma anche a destra c'è chi rende onore al combattente rivoluzionario




Sulla bara dell’irriducibile Prospero Gallinari, fasciata da una bandiera rossa su cui erano impressi falce, martello e una stella a cinque punte, spiccavano gagliardetti palestinesi e una kefiah, a testimonianza degli strettissimi rapporti che legarono le Brigate rosse alle organizzazioni palestinesi. Le immagini del feretro del terrorista sono eloquenti: simboli di un’ideologia condannata senza appello dalla storia, il comunismo e i suoi regimi totalitari, intrecciati con gli emblemi della causa palestinese che – è bene ricordarlo – nella logica brigatista erano sinonimo di lotta armata e terrorismo su scala internazionale. In questo “affresco” funebre c’è un po’ la sintesi di un’intera generazione che, scegliendo il comunismo come ideale di vita, come fine ultimo per raggiungere la dittatura del proletariato, ha creduto nella rivoluzione, praticando la violenza politica organizzata e l’omicidio come prassi nel perseguimento degli obiettivi politici. Osservando bene il feretro di Gallinari spicca, infine, una macroscopica assenza: il Tricolore. Neanche un piccolo simbolo per ricordare che, dopotutto, era anche un cittadino italiano. E qui sorge una domanda: per chi ha “combattuto” Gallinari?
(umt) Segreti di Stato giustamente (dal suo punto di vista) enfatizza la scelta simbolica, da parte dei compagni che hanno organizzato il rito funebre per Prospero Gallinari, di ricordare il suo rapporto forte con la lotta di liberazione nazionale del popolo palestinese: visto che da tempo si stanno impegnando a dimostrare che la strage di Bologna è il prodotto di un incrocio tra una frazione palestinese (Fplp ma potrebbero anche essere i comunisti dell'Olp) e un gruppo della guerriglia comunista europea (la banda armata di Carlos oppure le Brigate rosse) sarebbe stato incomprensibile una scelta diversa. In altri tempi ci saremmo divertiti a mettere in rete questa ostinazione con la intrigante circostanza che è sparita dal web proprio la loro pagina che ricostruiva nel dettaglio il viaggio in Libano di Mario Moretti e compagni per rifornirsi di armi. Una storia che noi abbiamo ricostruito con ben altra chiave di lettura, dedicandole svariati post... [e in effetti, il fatto non sussiste, mi fa sapere con il consueto garbo Gabriele Paradisi che è stato solo spostata la pagina: ora il link attivo è questo]. Ma in questa occasione ci interessa piuttosto evidenziare come non tutte le posizioni polemiche da destra contro i funerali di Prospero Gallinari e il loro trasformarsi da testimonianza di dolore in rivendicazione di un percorso politico quasi universalmente stigmatizzato abbiano avuto il segno del becerume rabbioso o del vittimismo querulo e colpevolizzante, della serie: ai nostri funerali siamo denunciati per apologia di fascismo e mica ci stanno tante telecamere e giornalisti (salvo poi cacciarli perché danno fastidio e non rendersi conto che Gallinari è stato tra i protagonisti di una vicenda che resterà nella storia d'Italia...). Gli scopritori della pista palestinese per la strage di Bologna, invece, si sforzano di fare un ragionamento politico polemico ma non acrimonioso. 

Di opposto, segno, invece, sempre da "destra", ma da posizioni diametralmente contrarie a quelle degli sherpa, gli omaggi rispettosi al "combattente" da parte di Gabriele Adinolfi e Maurizio Murelli. Con il primo che polemizza con i beceri ("Comunque sia parliamo di un combattente che ha passato una lunga detenzione, che era tecnicamente ancora detenuto, che non ha cambiato bandiera né voltato gabbana e non ha nemmeno voluto la cerimonia religiosa. Dunque merita tutto il rispetto dovuto alla dignità. La reciprocità? Che ci sia o meno non ha importanza. Non si è uomini e nobili a seconda di come sono quelli che incrociamo") e il secondo che attacca il barnum scatenato ("Squallida l'aggressione mediatica con i pezzi di colore, le interviste ai parenti delle vittime, l'intrusione di telecamere"). 
C'è sicuramente dell'ironia nella circostanza che i fascistissimi Murelli e Adinolfi si siano trovati a fare da contraltare a due "comunisti" come Giulio De Martino, docente di filosofia, e Alessandro Smerilli, medico pediatra e apprezzato collaboratore (saltuario) del blog. Ma di questo parleremo nella terza puntata che dovrebbe concludere la nostra riflessione sul caso Gallinari (2 - continua)

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