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#Adinolfi e l'uso della #criminalità: leoni esistenziali e topolini politici

Per una volta tanto in anticipo sui miei tempi "messicani" onoro l'impegno di ritornare su "Cuori rossi contro cuori neri". Grazie alla recensione di Gabriele Adinolfi che legge il libro di Sidoni e Zanetov come un saggio sull'uso politico (da parte del Palazzo) della criminalità. Ovviamente ci sono consistenti punti di dissenso tra me e Adinolfi 8ad esempio sulle responsabilità pciste per Brescia e l'Italicus da lui ipotizzate) e quindi resta il mio impegno di ritornare sul libro per un'ulteriore messa a punto sui temi affrontati.
di Gabriele Adinolfi
Nettamente al di sopra della media il libro edito dalla Newton Compton e scritto da Paolo Sidoni e Paolo Zanetov sull’utilizzo politico della criminalità da parte del potere. E’ un documento puntiglioso che tratta non solo dei cosiddetti Anni di Piombo ma anche del banditismo all’epoca dell’occupazione americana e del primo dopoguerra. Lo fa in modo asciutto e articolato senza partire da alcun pregiudizio né voler affermare un teorema prestabilito, ragion per cui non vengono sottaciuti né cancellati elementi che per il teorema non tornano, com’è solitamente abitudine di chi affronta quegli argomenti, che sia un saggista, un giornalista o un giudice. Insomma un libro da leggere, eccellente.

Un mix di manovratori
Dal quale, essendo una pura e semplice fotografia della realtà, emergono quadri precisi.
Se ne evince per esempio che l’intreccio di controllo e manipolazione fu opera di un mix di centrali non solo italiane (interne a servizi e carabinieri) ma estere. Cecoslovacchia, Germania dell’Est e dell’Ovest, Francia, Israele, si trovano immischiate fino al collo con l’intervento strategico sovietico e inglese e con il controllo americano. Si scopre (ma per noi è chiaro da sempre) che quelle centrali armarono, eccitarono e manipolarono soprattutto la sinistra radicale che era più numerosa e più internazionalmente standardizzata dell’estrema destra. Ragion per cui il refrain trito e ritrito di un’estrema destra collusa e manovrata non solo risulta improprio e semplicistico ma molto più aderente alla sinistra radicale. E glielo appiopperemmo tranquillamente se non si trattasse, appunto, di una conclusione semplicistica. Da cui un’attenta lettura di Cuori Rossi contro Cuori Neri può paradossalmente allontanarci perché ad una trama “verticale” di manipolazioni si accompagna una trama “orizzontale” di spontaneità ribelle. Solo dall’incrocio tra quelle coordinate si può trarre una lettura non grossolana che, appunto offre il  libro.
Il quale peraltro comporta una carenza ed un’eccezionalità di rilievo.

Rivelazioni sempre taciute
Quest’ultima sta nell’utilizzo di documenti d’epoca, analisi dei servizi italiani mai propagandate a sufficienza, che inquadrano la “strategia della tensione” come operazione di stravolgimento concordato degli equilibri internazionali tra potenze dell’est e dell’ovest per realizzare una “stabilizzazione” oligarchica in un quadro rivoluzionato (il che d’altronde è chiaramente espresso nei documenti della Trilateral) con tanto di accordi tra servizi dell’est e dell’ovest e passaggi di consegna sul controllo dell’ultrasinistra da Bonn a Tel Aviv cui fecero immediatamente seguito epurazioni ed eliminazioni di quei vertici giudicati inassimilabili alle mire israeliane.
Un gioco in cui l’interesse globale prevaleva su quelli particolari che, a loro volta, si sviluppavano in competizione interna a patto di garantire quello di fondo. Un po’ come accade oggi, in questo mondo appunto rivoluzionato, tra Fed, Bce e Banca Cinese e, ad un livello inferiore, tra francesi, inglesi, tedeschi, a discapito del ventre molle dell’Europa del sud.
Un gioco in cui l’Italia, occupata e divisa funse allora – come oggi – da cavia per un esperimento di trasformazione epocale e al contempo da bersaglio delle mire dei suoi alleati/concorrenti sul Mediterraneo.
Il Partito comunista
La carenza che si riscontra è invece effetto della straordinaria capacità del Partito comunista d’inquinare i documenti e di travisare la realtà, ragion per cui se il suo operato talvolta traspare, ad esempio nel ruolo di Pecchioli in garanzia dei vertici dei servizi pidduisti, mancano però elementi precisi e significativi.
I quali elementi – che gettano sospetti sul Pci per il ruolo svolto intorno alle stragi di Brescia e dell’Italicus e agli attentati ferroviari nell’appennino tosco/emiliano e che lo inchiodano sulle connivenze con gli assassini di Primavalle – sfuggono alle maglie perfino in questo libro.
Una lettura storica più concentrata sulle relazioni, antiche, consolidate e perenni, tra Pci ed alcuni settori di vertice delle forze dell’ordine ci farebbe invece capire come i comandanti del terrore nel “triangolo rosso” e i registi di via Rasella siano stati trent’anni dopo soggetti importanti di quella strategia.
Non come pompieri, così come cercano di farci credere, ma come incendiari. Incendiari protetti e garantiti dalla condizione eccezionale di trovarsi al contempo al soldo dei sovietici e degli americani, in quel crocevia di alta quota che fu rappresentato dal Cocer, il comando resistenziale alleato emiliano-romagnolo in cui gli americani dell’Oss (poi Cia) affiancavano i partigiani rossi.
Un doppio binario che proseguì indisturbato sotto l’occhio attento di commissari politici come Cicalini, l’ideatore appunto di via Rasella,  grazie alle relazioni politiche con gli Usa di Amendola e Pajetta cui fece seguito più tardi Napolitano.
Se il velo che ha lungamente coperto l’operato israeliano si sta finalmente squarciando malgrado le connivenze e le manovre di depistaggio dei suoi complici trasversali, è ora di strappare anche quello che avvolge i comunisti e di smascherarne le mistificazioni. Tra cui la principale: quella per cui la strategia della tensione viene spacciata come un tentativo americano di allontanarli dal governo quando appare invece lampante che la posta fosse ben altra, che il “compromesso storico” sia stato tutt’al più un pretesto secondario e, soprattutto, che la Cia lo vide di buon occhio fin dal 1964.
I comunisti furono un soggetto che, come altri, lavorava in un’orchestra globale e mondialista cercando ovviamente di far suonare qualche nota in più al proprio strumento.
Tutto inutile?
Leggendo questo libro eccellente, che è la cronaca impietosa ma rispettosa di tanti leoni esistenziali che misero in gioco la vita e che però  politicamente furono topolini nel gioco dei gatti, si corre un rischio: quello di convincersi che tutto è inutile, che qualunque cosa si faccia o si voglia fare si finirà con l’essere obbligatoriamente manipolati.
Ebbene, se questo fosse l’esito nel lettore, poco male. Poco male perché se si fa attenzione a tutte le storie narrate si scopre che lo spontaneismo finisce immancabilmente  impigliato nella ragnatela delle strutture di potere e che qualsiasi impulso ingenuo e privo di spessore strategico e gerarchico è destinato ad essere utilizzato contro chi lo compie. Poiché non a caso la “rivoluzione oligarchica” che ha dettato e utilizzato la strategia della tensione aveva da tempo ammaestrato i giovani, come scimmie e/o pappagalli al più irriverente, stupido e deleterio “fai da te”: E’ molto meglio quindi se queste letture li spaventeranno.
Non sta scritto da nessuna parte che ogni azione o espressione finisca con l’essere manipolata: ci sono gli anticorpi e c’è il modo di uscirne. Ma quali questi siano non è argomento da dibattere o da livellare, interessa solo chi abbia un ruolo gerarchico, una saggezza, un’impersonalità e una consapevolezza. Ovvero pochissimi. Ma quelli contano per dare un senso non suicida a tutta la poesia. Il resto è storia e questo libro la scrive bene. Che sia magistra vitae è da tenere sempre a mente.

3 commenti:

  1. CHI SA FARE FA, CHI NON SA FARE CRITICA.
    Il solito complottismo dei soliti topolini esistenziali.

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  2. Voglio precisare che ho parlato di ruolo svolto intorno alle stragi di Brescia, dell'Italicus e agli attentati ai treni da parte del Pci. Non di coinvolgimento diretto (che semmai riguarda l'Italicus) ma di promiscuità e prossimità politica ad attentati che ritengo nascano nel seno del Cocer e che abbiano come obiettivo tattico il passaggio dal bipolarismo al compromesso storico.

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  3. Scusa Gabriele, ma non si tratta del Cocer, bensì del CUMER (Comando Unico Militare Emilia-Romagna).
    E' molto interessante, ma andrei cauto.
    La documentazione è depositata in gran parte all'Istituto Gramsci di Bologna (quella storica) ed è custodita da una donna di assoluta fiducia politico-ideologica: l'attuale direttrice Siriana Suprani.

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