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Ragionando con Adinolfi sulle stragi di Oslo

(umt) Un paio di giorni fa, commentando le posizioni di Larouche sull'attacco alla Norvegia, Gabriele Adinolfi contestava il mio approccio anti-cospirazionista avventurandosi in una stimolante distinzione destra-sinistra. 
La destra si differenzia dalla sinistra, tra le altre cose, perché nel leggere la deambulazione pone più l'accento sulle giunture che sul movimento. E viceversa. Il fatto è che non c'è movimento ambulatorio senza giunture; ma non c'è neppure con le sole giunture. Destra e sinistra talvolta si sforzano a negare la parte che sentono istintivamente di meno, ma sbagliano. E' importante cercare di comprenderle tutte e nella loro interazione. Io che sono sicuramente "dietrologo" (e che ho sempre più l'impressione di esserlo troppo poco) mi sono sforzato per anni a spiegare come certe azioni e certe funzioni siano comunque dettate dalle necessità sistemiche e, in fondo, da queste dipendano. A differenza dei complottisti io non credo che la storia e nemmeno l'attualità siano l'effetto del disegno di un pugno di disegnatori. Ma questo non significa che coloro che esercitano un potere a diversi livelli non lo facciano con mentalità e metodi precisi e utilizzando fumogeni. Non per le ragioni solitamente espresse dai complottisti ma per rispondere alle necessità di espressione e di mobilitazione dettate in quel momento dal sistema. Ne deduco che destra e sinistra, quando si differenziano nella lettura della storia, lo fanno per esaperazione di un dato e per atrofizzazione di un altro. Insomma, quando si fissano, toppano. (...)
 Ne è nata una discussione via email che ho sintetizzato in forma di intervista. E' chiaro che per alcuni aspetti può sembrare un discorso tra ubriachi (diciamo brilli), nel senso che ognuno va diritto per il filo del suo ragionamento, essendo io piuttosto attento ai dispositivi interattivi tra narrazioni e fabbricazione dell'immaginario e lui invece orientato alla lettura delle tendenze, spingendosi fino al limite della previsione creatrice. Ma la cosa credo che sia di qualche interesse pubblico e ve la offro ribadendo il carattere assolutamente non strutturato del discorso.

Se il bersaglio è l'Europa, ora colpiranno in Germania intervista con Gabriele Adinolfi
1. Per la prima volta anche la stampa mainstream ha resistito alla tentazione semplificatoria di liquidare l'attacco alla Norvegia come espressione della solita destra neonazista. Un passo avanti o l'impossibilità di occultare la realtà ? Da questa tendenza si è differenziata proprio la stampa di destra con le due testate principali arroccate sull'ossessione antislamica. Ottusità o eccesso di attenzione alle dinamiche politiche italiane?
Diciamo che definire neonazista uno che ha come mito Winston Churchill, che è filo-israeliano e che sostiene di stare combattendo un presunto “islamofascismo” è comunque impresa ardua. Le testate di destra poi sono arroccate su posizioni di ossessione anti-islamica perché credono che i loro lettori lo siano, il che è parzialmente vero, ma lo sarebbero di meno se i giornalisti facessero il proprio dovere. Va comunque aggiunto che tutto ciò contribuirà forse a rilanciare un terrorismo “djihadista” che è coccolato, alimentato e protetto dalle centrali atlantiche e che serve a tenere l'Europa sotto scacco con il terrore inserito nello schema dello “scontro di civiltà”. Uno scontro di civiltà che forse, dopo la svolta di Oslo, si vuole intendere come tra opposti fondamentalismi stragisti. Quindi l'ossessione del terrore islamico è falsata ma non priva di fondamento. L'ossessione anticomunista fuorviava a suo tempo dalla realtà del terrorismo eterodiretto, ma quella realtà comprendeva e contemplava una dose di terrorismo rosso: lo stesso accade oggi per il terrorismo musulmano. 

2. Ancora una volta pensatori eretici di destra e di sinistra (tu da una parte, Moffa dall'altra, che pure qualche mese fa avevate incrociato i ferri nel mio blog) vi siete impegnati a ricercare l'arcano delle stragi nelle dinamiche geopolitiche nel ruolo della Norvegia come baluardo antieuropeista e filopalestinese. Nelle vostre analisi quali sono i punti di contatto e quali le divergenze?
Non conosco bene l'analisi di Moffa in merito, che ho solo letto sul blog, ma va ricordato che noi abbiamo “incrociato i ferri” non per letture politiche ma a proposito dell'opportunità giuridica e politica di assumere il revisionismo storico in una certa maniera.
Non dubito che Moffa abbia ben presenti i rapporti di forza internazionali, gli obiettivi e i ruoli delle centrali di potere. Non penso che abbia difficoltà a riconoscere le ragioni per le quali chi non si allinea viene punito. Ergo non mi stupisco se sostanzialmente concordiamo nella lettura di quest'ulteriore offensiva stragista eterodiretta.

3. Commentando la presa di posizione del controverso LaRouche (un ex troskista ossessionato dal complotto mondialista in chiave anglosassone che legge la tragedia dell'isola come un nuovo 11 settembre) tu hai sottolineato la potenza euristica del metodo contro la tendenza della sinistra a contentarsi della lettura superficiale dei fatti, attribuendo al tempo stesso all'economista e politico americano un'anima di eretico di sinistra. Ho capito bene?
Sì Per molti questi genere di offensive rappresentano guerre intestine tra potenze o, comunque, azioni punitive di signori verso stati vassalli. Per altri esse rispondono ad un disegno complessivo di ristrutturazione e liberticidio. Larouche è su queste posizioni, mi pare.

4. Quanto al merito della questione dobbiamo quindi cercare i mandanti a Wall Street e non a Gerusalemme? E possiamo ricavare dall'analisi di Larouche qualche previsione creatrice?
Non credo che si possa dare una lettura così lineare. In ogni offensiva di guerra (e lo stragismo lo è) vanno considerati molti piani, che vanno dalle ragioni politiche alle strutture nazionali da sconvolgere, che comprendono speculazioni borsistiche ed interessi finanziari. Ma anche se lo sono, la logica complessiva comprende pure un disegno globale di restrizioni, com'è accaduto dal settembre di dieci anni fa.
Se diamo quindi per buona la previsione di Larouche che vede le stragi di Oslo, insieme a quelle di Mumbay e ad altre minori americane, come la preparazione di un nuovo 11 settembre, possiamo chiederci dove gli architetti liberal/dittatoriali del terrore stiano programmando l'inferno.
Di nuovo in Usa per appiattire l'opinione pubblica? Ne dubito, non solo perché sarebbe una riedizione di quanto già avvenuto ma perché Obama è già in difficoltà per il tasso record di disoccupazione e un rischio del genere non è probabile che sia affrontato.
Un nuovo attentato in Gran Bretagna mi sembra poco probabile. Lì non serve ricorrere a chissà quali trucchi per compattare a gregge un'opinione pubblica tradizionalmente docile. Le stragi in Inghilterra sono solo opere di guerra contro l'Inghilterra, dunque. Negli ultimi tre anni le relazioni tese tra Londra e Washington, ovvero dopo le stragi nella capitale britannica, si sono modificate parecchio e mi pare che non ci sia più chissà quale motivo di attrito.
In Russia, dove di sicuro i kill-makers colpirebbero volentieri, le offensive stragiste sono state molteplici e, comunque, i loro effetti non incidono sulla pubblica opinione occidentale.
In Francia la svolta di Sarkozy ha favorito Londra e Washington indebolendo l'asse renano. E poi i potenti hanno impedito a Strauss-Khan di ricostruirlo, con una tale sfacciata e prepotente macchinazione che è servita a far capire a tutti che hai voglia ad essere un uomo ricchissimo, appartenente al popolo eletto, popolarissimo, influentissimo, quasi certo futuro presidente di una potenza mondiale e direttore dell'Fmi, ma se dai fastidio a Wall Street rischi di essere trattato come Carlo Parlanti.
In Italia? Sì, forse, ma non avrebbe un valore epocale: avrebbe effetti provinciali perché per tutti siamo più o meno terzo mondo e, comunque, già ci stanno maciullando a sufficienza.
Se la logica di Larouche è giusta, l'inferno futuro dunque potrebbe scatenarsi in Germania.
Berlino è troppo attestata nella difesa della finanza europea e guarda troppo ad est.
Già sta pagando dazio con la recente imposizione anti-nucleare che, oltre a rovinare il panorama con i mostri eolici rischia di paralizzare l'industria come paventano sia Kohl che Schmidt. Ma di sicuro questo non basta. E una strage in Norvegia, paese abbastanza similare nei modi di vita e nei comportamenti a quello tedesco, potrebbe aver rappresentato una prova generale, tanto per osservarne gli effetti prima di riproporla. Una sorte di “Piazza Fontana” di nuovo corso.
Se Oslo e Utaya sono state le cavie, allora è possibile che la Germania sia il prossimo bersaglio dell'odio anti-europeo e della prepotenza perfida dei gestori del sistema globale.
Questo se la lettura di Lerouche è quella giusta. Altrimenti assisteremo a stragi diffuse, magari ad opera di salafiti addestrati in Kosovo. Oppure ancora, se la volontà è forte e se la realtà è complessa, assisteremo all'uno e all'altro scenario. Per evitare che ciò accada, ammesso che lo si possa, bisognerebbe che chi fa informazione avesse più coraggio, più intelligenza e più lucidità. Il che mi pare francamente difficile. Ragion per cui sono pessimista e preoccupato per i miei fratelli europei.

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