Lucca, pestato un cuoco marocchino da una ciurma skinhead
di Barbara Antoni
LUCCA - Ha tolto la divisa da cuoco, ha salutato i colleghi del ristorante e si è incamminato verso casa. Cento metri poco più, in via San Paolino, pieno centro storico. Gli sono piombati addosso in gruppo, lo hanno preso a calci. Senza dirgli nulla, senza motivo. Solo per massacrarlo. Un'aggressione spiegabile solo con una motivazione razzista. Il racconto del giovane cuoco, 23 anni, di origini marocchine, è agghiacciante. Lucido, preciso. Nemmeno ventiquattr'ore dopo l'aggressione, senza un filo di rancore. Ma di amarezza, la sua voce e le sue parole ne trasmettono tanta per questa brutalità senza motivo se non quello di un'azione contro il "diverso".
«Ieri sera (venerdì sera, per chi legge, ndr) poco prima delle 23, dopo aver finito di lavorare al ristorante (il "Piccolo Mondo", in piazza dei Cocomeri, tra piazza San Michele e via San Paolino) mi sono incamminato verso casa - racconta il ragazzo -. Ho un appartamento in via San Paolino, dove la strada incrocia un bar molto frequentato. A un certo punto, mentre stavo entrando, ho visto un gruppo di ragazzi alzarsi dalla sedie del bar e venire verso di me. Erano almeno cinque, tutti giovani, italiani e con le teste rasate. Non li avevo mai visti, non mi avevano mai seguito. E non erano per niente ubriachi. Si sono avvicinati e hanno cominciato a colpirmi. Non dicevano nulla. Mi sferravano addosso calci, ovunque e violentemente in tutto il corpo». Il giovane non immagina come sarebbe potuta finire quell'aggressione dai chiari connotati razzisti se non gli fossero venuti in aiuto alcuni amici, suoi vicini di casa, che da lontano hanno assistito alla scena.
«Ho avuto fortuna - continua il suo racconto -. I miei amici sono corsi verso di me. I ragazzi che mi picchiavano li hanno visti e hanno subito smesso, poi si sono dileguati in un attimo. Ma uno dei miei
amici, anche lui non italiano come me, ne ha riconosciuti alcuni, in quel gruppo, come suoi assalitori anni fa. Al mio amico successe la stessa cosa che è capitata ieri sera (venerdì sera, ndr) a me. Ma i
colpevoli sono rimasti impuniti. Lui li aveva denunciati, ma loro non sono mai stati condannati».
Gente recidiva quindi, anche in passato protagonista di raid di inciviltà. Aiutato dagli amici, il giovane
cuoco è riuscito a malapena ad alzarsi, sofferente e dolorante per tutti i colpi ricevuti. Ma non gli è mancata la forza per chiamare la polizia e raccontare tutto. Poi si è fatto portare dagli amici al pronto soccorso dell'ospedale Campo di Marte dove, per le percosse ricevute, i medici gli hanno rilasciato una prognosi di otto giorni. Ieri, conferma il giovane aggredito, «alle 13 ho formalizzato la mia denuncia contro gli assalitori in questura. Ho fornito il loro identikit, mi auguro che la giustizia faccia il suo corso. Ho solo avuto la sfortuna di averli incontrati sulla mia strada».
Le ferite, per il giovane cuoco, non hanno raggiunto solo il corpo, anche - e probabilmente soprattutto, nel tempo - la sua anima, la sua sensibilità. «Vengo dal Marocco - dice il ragazzo -. Sono arrivato per
la prima volta in Italia nel 2001, avevo appena tredici anni, con la mia famiglia. Ho studiato qui. Ho frequentato l'istituto alberghiero e mi sono diplomato, poi ho cominciato a lavorare». A Lucca il giovane vive dal 2007. Lavora al Piccolo Mondo, un ristorante molto grande nel centro storico e molto frequentato, anche dai turisti. Fa il cuoco e ha molti amici, italiani e non. Vive la sua vita, fra casa, amici e lavoro. «Ma se vivere in Italia, specialmente per uno che non è italiano, significa rischiare di essere aggrediti anche solo camminando per andare a casa, allora potrei anche tornare al mio paese. Là non ho
da temere aggressioni razziste».
fonte: il tirreno
LUCCA - Ha tolto la divisa da cuoco, ha salutato i colleghi del ristorante e si è incamminato verso casa. Cento metri poco più, in via San Paolino, pieno centro storico. Gli sono piombati addosso in gruppo, lo hanno preso a calci. Senza dirgli nulla, senza motivo. Solo per massacrarlo. Un'aggressione spiegabile solo con una motivazione razzista. Il racconto del giovane cuoco, 23 anni, di origini marocchine, è agghiacciante. Lucido, preciso. Nemmeno ventiquattr'ore dopo l'aggressione, senza un filo di rancore. Ma di amarezza, la sua voce e le sue parole ne trasmettono tanta per questa brutalità senza motivo se non quello di un'azione contro il "diverso".
«Ieri sera (venerdì sera, per chi legge, ndr) poco prima delle 23, dopo aver finito di lavorare al ristorante (il "Piccolo Mondo", in piazza dei Cocomeri, tra piazza San Michele e via San Paolino) mi sono incamminato verso casa - racconta il ragazzo -. Ho un appartamento in via San Paolino, dove la strada incrocia un bar molto frequentato. A un certo punto, mentre stavo entrando, ho visto un gruppo di ragazzi alzarsi dalla sedie del bar e venire verso di me. Erano almeno cinque, tutti giovani, italiani e con le teste rasate. Non li avevo mai visti, non mi avevano mai seguito. E non erano per niente ubriachi. Si sono avvicinati e hanno cominciato a colpirmi. Non dicevano nulla. Mi sferravano addosso calci, ovunque e violentemente in tutto il corpo». Il giovane non immagina come sarebbe potuta finire quell'aggressione dai chiari connotati razzisti se non gli fossero venuti in aiuto alcuni amici, suoi vicini di casa, che da lontano hanno assistito alla scena.
«Ho avuto fortuna - continua il suo racconto -. I miei amici sono corsi verso di me. I ragazzi che mi picchiavano li hanno visti e hanno subito smesso, poi si sono dileguati in un attimo. Ma uno dei miei
amici, anche lui non italiano come me, ne ha riconosciuti alcuni, in quel gruppo, come suoi assalitori anni fa. Al mio amico successe la stessa cosa che è capitata ieri sera (venerdì sera, ndr) a me. Ma i
colpevoli sono rimasti impuniti. Lui li aveva denunciati, ma loro non sono mai stati condannati».
Gente recidiva quindi, anche in passato protagonista di raid di inciviltà. Aiutato dagli amici, il giovane
cuoco è riuscito a malapena ad alzarsi, sofferente e dolorante per tutti i colpi ricevuti. Ma non gli è mancata la forza per chiamare la polizia e raccontare tutto. Poi si è fatto portare dagli amici al pronto soccorso dell'ospedale Campo di Marte dove, per le percosse ricevute, i medici gli hanno rilasciato una prognosi di otto giorni. Ieri, conferma il giovane aggredito, «alle 13 ho formalizzato la mia denuncia contro gli assalitori in questura. Ho fornito il loro identikit, mi auguro che la giustizia faccia il suo corso. Ho solo avuto la sfortuna di averli incontrati sulla mia strada».
Le ferite, per il giovane cuoco, non hanno raggiunto solo il corpo, anche - e probabilmente soprattutto, nel tempo - la sua anima, la sua sensibilità. «Vengo dal Marocco - dice il ragazzo -. Sono arrivato per
la prima volta in Italia nel 2001, avevo appena tredici anni, con la mia famiglia. Ho studiato qui. Ho frequentato l'istituto alberghiero e mi sono diplomato, poi ho cominciato a lavorare». A Lucca il giovane vive dal 2007. Lavora al Piccolo Mondo, un ristorante molto grande nel centro storico e molto frequentato, anche dai turisti. Fa il cuoco e ha molti amici, italiani e non. Vive la sua vita, fra casa, amici e lavoro. «Ma se vivere in Italia, specialmente per uno che non è italiano, significa rischiare di essere aggrediti anche solo camminando per andare a casa, allora potrei anche tornare al mio paese. Là non ho
da temere aggressioni razziste».
fonte: il tirreno
Oh ma a Lucca non arrivano a 10 sti coglioni, possibile che siano ancora a piede libero dopo tutto sto casino. Il giro dei Bulldog era piccolo e altri "giri" non mi sembra ce ne siano.
RispondiEliminaAlla fine i capetti sono due uno è quello famoso è l'altro il "bolognese" che però stava facendo il bravo.
Come è possibile che sti dementi facciano tutto sto casino?
Ovviamente sto partendo dal presupposto nn garantista che i responsabili siano i nazistelli lucchesi.
chi vuoi che siano ? oltretutto picchiano a volto scoperto anche di giorno incuranti di tutto e tutti..davanti a testimoni...sapendo di essere i boss
RispondiEliminanon c'e' legge
anarco
perchè non ci ritorna in marocco nessuno sentirà la sua mancanza a lucca
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