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La moglie scopre che Izzo non dice la verità e chiede il divorzio

Donatella Papi all'uscita del carcere di Velletri il giorno delle nozze (La Stampa)
(umt) Se si facesse un sondaggio sull'impopolarità dei soggetti di cui si è occupato il blog in quasi un anno di vita, sono sicuro che Donatella Papi in Izzo sarebbe una seria candidata alla vittoria. Ce ne siamo occupati un paio di volte, in occasione di suoi sfrennesiamenti particolarmente insopportabili.

La prima volta quando ebbe l'ardire di scrivere al presidente Giorgio Napolitano denunciando "la campagna di odio" sul delitto del Circeo.Commetteva un grossolano errore: l'odio è un sentimento nobile che si riserva a persone degne, nel caso occorreva parlare di repulsione, ribrezzo, disprezzo, disgusto, schifo, etc. etc. Comunque, provando compassione per una donna sventurata (un mese dopo le nozze aveva perso un figlio minorenne in un incidente con la minicar), ci permettemmo di metterla in guardia sul talento manipolatorio e ul virtuosismo menzognero del marito.
La seconda volta oggetto della nostra attenzione fu una farneticante intervista natalizia: tra una testimonianza sul pathos religioso del pluriassassino ("prega spesso") e la solita proiezione autodifensiva ("i mostri non è lui ma sono gli altri") trovò il modo di rilanciare la "pista rossa" sul delitto del Circeo.  E qui tocca richiamarsi alla lezione di Wittgenstein. non trovando parole adeguate, si deve tacere.
Oggi apprendiamo la sua decisione di divorziare. La motivazione, consegnata al cronista dell'Ansa è abbastanza contorta: "Izzo non è colpevole dei reati che gli sono stati attribuiti, ma di altri fatti gravissimi per la nostra Repubblica. Penso che Angelo debba chiarire alla giustizia quello che ha detto a me, sulla sua posizione. Deve prima chiarire i fatti di Ferrazzano e del Circeo. Se non fa chiarezza su questi fatti come fa a essere collaboratore di giustizia in altri processi? Lui non porta avanti i suoi processi personali, dove potrebbe dimostrare la sua posizione. Credo che Izzo non sia responsabile dei delitti per i quali è stato condannato ma io mi fermo qui, perché non mi voglio fare complice di cose che non condivido".
Ora è evidente a tutti, a prescindere dalla ossessione berlusconiana, che la giustizia italiana è in profonda e radicata crisi ma, grazie al cielo, non siamo arrivati al punto che si possa riammettere ai benefici premiali un collaboratore di giustizia condannato per la seconda volta all'ergastolo per lo stesso aberrante reato (aggravato nell'esito: a Ferrazzano l'omicidio a sfondo sadico-sessuale è stato duplice).
Riuscirà la nostra eroina romantica ad arrendersi all'evidenza? Il marito ha banalmente ammazzato una donna e due ragazze, riducendone un'altra in fin di vita ed è soltanto un serial killer con seri disturbi della personalità. Gli unici fatti gravissimi per la Repubblica che ha commesso sono i depistaggi, le calunnie e l'abuso della credulità dei magistrati che ne hanno gestito la collaborazione (non tutti: Falcone e Ayala lo avevano "sgamato").

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