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Preve: il negazionismo e il complesso di colpa della destra

Con il termine di "negazionismo" si intende quell'insieme di posizioni storiografiche che intendono negare lo sterminio ed il genocidio degli ebrei da parte di Hitler e dei nazisti. A rigore, un negazionismo completo è storiograficamente impossibile, per la mole gigantesca di dati e di testimonianze, ed allora questo negazionismo ripiega ipocritamente su trincee di relativizzazione, contestualizzazione e minimizzazione. Gli argomenti dei negazionisti sono diversi: certo, non neghiamo che moltissimi ebrei siano morti, ma non sono certo sei milioni, l'uso delle camere a gas non è quantitativamente compatibile con il numero degli internati, non è stato Hitler a volere le uccisioni ma Goebbels (o viceversa), il progetto originario era di semplice internamento e di campo di lavoro, eccetera, eccetera. Il negazionismo si presenta virtuosamente come una semplice tendenza storiografica "veritativa", ma non è un caso che molto spesso il vecchio antisemitismo sbuchi fuori qua e là, con vari riferimenti al complotto mondiale delle banche ebraiche che si sono consociate per non far affiorare la verità sui campi di lavoro di Hitler.

Personalmente sono d'accordo con l'impostazione e con le argomentazioni di Pierre Vidal-Naquet Gli assassini della memoria. L'analisi del negazionismo resta l'anatomia di un falso, e pertanto con i negazionisti non ci si può confrontare seriamente, non certo perché lo impedisce il "politicamente corretto" (lo stesso Chomsky si è a suo tempo battuto per il diritto dei negazionisti a dire pubblicamente ciò che vogliono dire), ma perché quello dei negazionisti è un circolo vizioso autoreferenziale. Vidal-Naquet mostra in modo molto acuto ed intelligente che la moda negazionista presuppone largamente il decostruzionismo della verità e la derealizzazione del mondo storico. Si tratta di un discorso su di un discorso più che un discorso su di una realtà accertabile e documentabile: il presupposto è che gli ebrei hanno inscenato la "truffa del secolo", e tutti i fattivengono interrogati solo sulla base di questo presupposto metodologico unilaterale. Il nucleo metodologico più interessante dello splendido libro di Vidal-Naquet di critica al negazionismo sta nelle pagine esilaranti in cui documenta lo "spettacolo universitario" di un altro dibattito, quello sulla presunta inesistenza del cannibalismo.
Si suole dire in generale fra gli storici che vi sono due negazionismi, il primo di "destra" ed il secondo di "sinistra". Il primo sarebbe quello tipico dei veri e propri nostalgici giustificazionisti di Hitler e comunque della sua causa anticomunista ed antislava (come ad esempio l'inglese Irving), il secondo risalirebbe alla diaspora bordighista e trotzkista di Socialisme et Barbarie e della libreria parigina La Vieille Taupe. Mi permetto di non essere d'accordo con questa abituale classificazione. La corrente nostalgica tende soprattutto a minimizzare, non a negare il genocidio degli ebrei, ed è dunque negazionista solo in un senso molto specifico. La corrente bordighista e trotzkista non è tanto interessata al negazionismo in quanto tale, quanto ad identificare il capitalismo normale, il nazismo e lo stalinismo come un Unico Malvagio Totalitarismo Novecentesco, cui si opporrebbe un'invisibile ma reale utopia consigliare. In questa sede non vi è ne lo spazio ne la neccesià di scendere nei particolari di questa interessante bipartizione ideologica delle posizioni storiografiche negazionistiche. Non si tratta di storiografia seria, ma solo di un interessante sintomo ideologico. A mio avviso tutto il negazionismo (indipendentemente dalle matrici ultragoebbelsiane o ultrabordighiane) rappresenta nell'essenziale una manifestazione del complesso di colpa della "destra" europea dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. La destra si trova nella scomoda posizione di non poter in alcun modo rivendicare il nucleo metafisico forte del progetto di Hitler, l'antisemitismo redentivo, per il semplice fatto che questo progetto è assolutamente ingiustificabile, indifendibile ed imperdonabile non solo alla luce della tradizione religiosa e filosofica occidentale (di cui rappresenta la negazione radicale), ma anche alla luce del comune buon senso e del comune sentimento morale. L'impossibilità di poter rivendicare lo sterminio pianificato degli ebrei porta allora a negarlo, a negare che sia mai avvenuto, oppure a minimizzarlo nei numeri e nel significato, o infine a dire che si è trattato di una "conseguenza collaterale non voluta", esattamente come hanno detto mezzo secolo dopo i bombardatori etici ed umanitari delle vittime civili nel Kosovo e nella Jugoslavia massacrata.
Si tratta di un raro esempio di omaggio reso dal vizio alla virtù. L'internamento e l'eliminazione degli ebrei nei campi di sterminio nazisti è un caso esemplare di evento totalmente ingiustificabile, cui è impossibile applicare l'ipocrita contestualizzazione bellica o il viscido giustificazionismo ideologico. Il negazionismo non può rivendicarlo e deve negarlo. Non appena questa sua negazione pseudostoriografica è falsificata da dati e testimonianze storiche incontrovertibili, il negazionista colto in fallo rovescia il tavolo da gioco su cui sta perdendo, cambia terreno e grida che analoghi campi di lavoro e di sterminio li hanno fatti anche altri, giapponesi, americani, russi, colonialisti, eccetera. Un ragionatore onesto capisce al volo che questo, vero o falso che sia, non è argomento, ma un "trucco di uscita" da una controversia insostenibile. Il fatto che nella socialdemocratica Svezia degli anni trenta si sia praticata una eugenetica di tipo sterminazionista (fatto accertato oggi senza ombra di dubbio) non è un argomento per dire che allora Hitler ha fatto bene ad eliminare malati di mente, malati terminali ed handicappati. Il crimine morale e storico resta intatto al di fuori di ogni presunta contestualizzazione storica giustificativa, esattamente come avviene per i roghi e le torture degli eretici e delle streghe da parte della Santa Inquisizione e dei suoi ammiratori ed imitatori calvinisti.
Questo comportamento obliquo dei negazionisti, che rivendicano ciò che cancellano e minimizzano ciò che negano, dovrebbe farci piacere, perché si tratta appunto di un involontario omaggio del vizio alla virtù. Ma le cose sono purtroppo più complicate. In breve, l'elemento filosoficamente più interessante sta nel fatto che il negazionismo antiebraico è oggi in Occidente la sola menzogna storica punita penalmente, mentre ogni altro tipo di menzogna storica e giornalistica e libera, e può essere praticata liberamente senza alcuna conseguenza penale.
Non basta dire che il "negazionismo di Auschwitz" è troppo "grsosso", ed a tutto c'è un limite. Bisogna riflettere sul perché questa sola menzogna storica (che io stesso riconosco ovviamente essere una menzogna integrale) è diventata unoggetto giuridico, e tutte le altre no. E come se si dicesse: potete mentire liberamente su qualsiasi oggetto storico, all'infuori di uno solo, in cui la menzogna è un reato penale, che verrà sanzionato giuridicamente.
Come è possibile tutto questo? Non certamente perché la lobby ebraica è più forte delle altre. Considero questa spiegazione tautologica una forma di antisemitismo mascherato, e considero l'antisemitismo, in qualunque forma si presenti, una forma di sciocchezza storiografica ed epistemologica, oltre ovviamente ad essere un sintomo di corruzione politica e morale (in quanto paradigma razzistico e manifestazione di una concezione paranoica e complottiva del mondo). Occorre cercare altrove la ragione profonda della rilevanza penale del negazionismo del genocidio ebraico. Essa non può essere cercata che in oscuro complesso di colpa collettiva della cultura europea contemporanea.
È noto, ad esempio, che il mondo giornalistico possiede quella particolare licenza d'uccidere che non ha nulla a che vedere con la libertà d'espressione, ma definirei in prima istanza il diritto assoluto alla manipolazione semantica continuata. Faccio qui solo due brevi esempi. In primo luogo, fra gli anni 1986 e 1992, la corporazione occidentale dei gioranlisti definì sistematicamente "sinistra" coloro che in URSS volevano lo smantellamento dell'economia socialista e l'integrale introduzione del capitalismo (Eltsin, Yakovliev, Shevarnadze, eccetera). Si trattava di una manipolazione goebbelsiana, perché chiaramente si trattava esattamente del contrario, una manipolazione mirata ad un target di lettori di "sinistra", che sono quelli che leggono di più le pagine politiche dei giornali, mentre quelli di "destra" leggono preferibilmente i listini di borsa, le pagine sportive e la cronaca mondana. Eppure, nessuno pensò di tutelare giuridicamente i lettori da questa incredibile e reiterata menzogna goebbelsiana.
Facciamo un secondo esempio. A proposito del Medio Oriente, da alcuni decenni viene obbligatoriamente definito "processo di pace" la pressione armata per imporre l'insediamento di colonie sioniste nella Palestina araba, e vengono definiti "terroristi" i patrioti palestinesti e libanesi che si battono sul loro territorio nazionale contro gli occupanti stranieri del loro territorio stesso. Si tratta di due manipolazioni semantiche reiterate quasi provocatorie nel loro essere frutto di una neolingua orwelliana, eppure nessuno tutela giuridicamente lo spettatore ed il lettore da questa vera e propria negazione del normale significato delle parole. Se io nego Gerusalemme Est ai palestinesi che ne hanno il sacrosanto diritto, ed unisco questa negazione con massacri continui, questo non è un "processo di pace", ma è ovviamente un processo di guerra. Eppure, qui la semantica non è giuridicamente tutelata, eppure nessuno parla di provvedimenti giudiziari.
Sia chiaro che io non auspico assolutamente provvedimenti giudiziari di alcun tipo. Sarebbe ovviamente la fine di ogni giornalismo, anche di quello onesto e scrupuloso, ed è meglio subire una manipolazione semantica perfidamente nascosta che attivare terribili giurie penali ed amministrative. Ma allora perché fare eccezione con l'infondato (e talvolta ridicolo) negazionismo storico? E evidente che la menzogna si difende con la verità, che alla lunga è sempre più forte della menzogna, ha migliori argomenti e dispone di migliori prove e documentazioni. Bisogna evidentemente ricorrere al complesso di colpa, che si manifesta sempre con forme contorte di rimozione. E la rimozione non è mai una buona consigliera.

*Costanzo Preve ne "Il Bombardamento Etico" (Editrice C.R.T., pp. 161-121)

10 commenti:

  1. Pensavo che Costanzo Preve fosse più intelligente o, almeno, più prudente.
    Sono deluso.

    Andrea

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  2. Il solito pistolotto ideologico, che si tiene sulle generali per non dover rendere conto delle proprie inesattezze. Il solito processo alle intenzioni, alle "motivazioni", il processo di chi non vuole, perchè NON può, entrare nel merito. Comunque, a parte questo, non conosco Preve, ma me ne ha dato un pessimo giudizio una persona che stimo e di cui mi fido: Corrado Basile, l'editore della Graphos di genova.

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  3. Preve si chieda perché docenti universitari, storici di fama internazionale, i cui libri revisionisti vengono tradotti in tutte le lingue, siano costretti ad andare in Iran, per tenere una conferenza internazionale sull'olocausto. Censure, interdizioni dalla cattedre universitarie, libri proibiti, carceri per i dissidenti, come può un intellettuale far passare sotto silenzio tutto ciò e peggio condividerlo.Torni ai suoi studi marxiani...non ne sentiremo la mancanza!T.V.

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  4. Ma, mi sa che Preve non ha capito, o ha fatto finta di non capire, il senso reale del discorso sul negazionissmo (e non del recupero ideologico del nazismo, che è tangenziale per certi tartufoni, ma è ben altra cosa.)
    Che c'entra Bordiga (e poi Trotzkij?) con il senso di colpa degli ex-nazisti? Ma ha mai letto qualcosa dei 'negazionisti' di sinistra, del solito 'complotto trotzko-bordigo-zionvievista' deve essere studiato solo dagli scritti dei loro nemici ideologici? Non mi sembra una cosa seria.

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  5. Alessandro, perché una componente importante del "negazionismo" francese ha una matrice di ultragauche (Guillaume, Thion, il fratello di Cohn Bendhit). E anche in Italia il filone Saletta-Graphos ha una evidente matrice di "sinistra comunista" (la dissidenza antistalinista della terza internazionale). E a tal proposito, infatti, Preve evidenzia:
    La corrente bordighista e trotzkista non è tanto interessata al negazionismo in quanto tale, quanto ad identificare il capitalismo normale, il nazismo e lo stalinismo come un Unico Malvagio Totalitarismo

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  6. Intervengo solo su un tema secondario, che peraltro Preve si limita appena a sfiorare.

    Spesso si tende a tirare in ballo la questione del sionismo e di Israele, associandola alla questione del revisionismo/negazionismo.

    Ciò viene fatto sia da una parte che dall'altra: ho sentito sia sionisti che revisionisti dire che Israele è "nato dalla Shoah", è "legittimato dalla Shoah".

    E quindi, "se la Shoah non è vera, non è legittima Israele"; oppure, "la Shoah è un falso, l'hanno inventata per legittimare Israele".

    Ora, questo è semplicemente falso: invito tutti a leggere l'ottimo testo di Idith Zertal, Israele e la Shoah, che dimostra come Israele abbia disprezzato, all'inizio, le "pecore che si erano lasciate all'andare al macello", come abbia evitato forme poco virili di vittimismo.

    Solo parecchio dopo la fondazione di Israele, l'olocausto sarebbe stato trasformato in religione nazionale; per la comunità ebraica americana, poi, solo dopo il 1967, cioè vent'anni dopo che si era cominciato a parlare di camere a gas e di sei milioni di ebrei.

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  7. C'e' gente molto seria che ha investigato la questione. Trovare che certe affermazioni sioniste sono panzane non ha niente a che fare con il negazionismo. Che i lager fossero roba orribile nessino lo nega. Ma che fossero stati messi su per eliminare gloi ebrei non e' vero. Basti pensare a tutti (piu' o meno veritieri) che sostengono di essere o 'sopravvissuti' all'Olocausto o figli e nipoti di altrettanto tali

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  8. Forse era davvero organico a quel mondo neofascista cui poteva sembrare assai lontano.

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  9. da che pulpito viene la predica... Costanzo Preve (Chomsky)

    se non ho capito male quello Ebreo (negazione) non va assolutamente giustificato... cioè Preve in pratica sta dicendo che quello del Kosovo, Bosniaco, o Kroato in virtù dei compagni comunisti in lotta contro il cattivo complotto Imperialista puo' essere tollerato o addirittura giustificato...

    non è Preve lui stesso un negazionista... della guerra e dei crimini commessi dai Serbi in ex Jugoslavia...?!
    e in modo minore stesso a minimizzarlo nei numeri e nel significato, è stato anche Chomsky per lui solo Timor Est meritava l'Indipendenza e il Kosovo No....

    (nonostante la storia è uguale per i due paesi)

    due pezzi due misure, l’immoralità dei socialisti rosso-bruni Marksisti non ha mai fine...

    vlam

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