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La strage di piazza Fontana/1: la dottrina della controinsorgenza

Riprendere in mano un libro per cercare risposte a domande che non ci si era posti in prima lettura è un buon esempio dell'aforisma zen che rovescia il rapporto tra i due elementi, in una sorta di circolarità orientale tra Achille e la tartaruga. Risposta e domanda si inseguono sempre. Ma se è la risposta a cercare la domanda, a volte può essere divertente soffermarsi anche sul percorso... 
Per una coincidenza significativa, la mia bacheca di Facebook mi ha restituito stamattina una vecchia pagina di Massimiliano Griner, scrittore e saggista già noto ai lettori di Fascinazione. Più di un anno fa, nei lavori preparatori del suo ultimo romanzo, scritto a quattro mani con Alessio Billi, Massimiliano sottoponeva alla cerchia degli amici un quesito interessante: come mai nel suo memoriale Aldo Moro richiama per quattro volte in poche decine di righe il nesso stretto tra Rumor e la strage di Milano?
Sono naturalmente restio ai riti del culto dietrologico ma questa volta, avendo scritto decine di volte, in polemica con i becchini del partito della fermezza e le loro falsificazioni ciniche, che il Presidente era lucidissimo e impegnato in una disperata battaglia dell'intelligenza per vincere l'ultima e più importante partita della sua carriera, non ho voluto sottrarmi alla sfida.
Il primo libro adatto allo scopo che mi è capitato sotto mano (lo stato della mia libreria è pietoso) è quello di Giuseppe De Lutiis. Dedicato al "golpe di via Fani" nel trentennale del sequestro (c'è sempre un anniversario da onorare con un prodotto editoriale). La mia attenzione si è soffermata sulla introduzione che, con eccellente chiarezza e capacità di sintesi, ricostuisce, come premessa logica alle "grandi manovre" sul corpo del Presidente, dottrine e pratiche della controinsorgenza negli Stati Uniti.
E così, se proprio non mi ha spiegato quello che penso, come don Raffaè nella canzone di De André, De Lutiis certo mi ha richiamato alla memoria particolari che mi erano sfuggiti o che avevo del tutto rimosso (o meglio mai connessi) su un nodo tematico che è consustanziale alla storia della strage e cioè la cosiddetta strategia della tensione.
E quindi scartando particolari non essenziali allo scopo, come l'idea che la diffusione delle droghe nei movimenti giovanili sia stato frutto di un disegno strategico del "governo invisibile" (cosa che era già evidente e nota a proposito della guerra di sterminio ai danni delle Pantere nere) è utile ricordare che:
  1. la prima conferenza sulla "guerra politica dei Soviet" è organizzata presso la sede Nato di Parigi nel dicembre 1959 [durante l'amministrazione Eishenower]
  2. in questa sede Suzanne Labin, proveniente dai ranghi della Resistenza gollista, avanza la dottrina dello "Stato maggiore misto politico-militare"
  3. analogo meeting si svolge a Roma nel novembre 1961, organizzato da due ex ministri, esponenti di punta dell'oltranzismo atlantico, il socialdemocratico Lombardo e il repubblicano Pacciardi
  4. nel corso del 1962 il presidente Kennedy recepisce le tesi del suo consigliere e direttore della Pianificazione al Dipartimento di Stato, Rostow sul "contrattacco all'attacco della guerriglia" e la scelta della "risposta flessibile" viene formalizzata come migliore strategia di contenimento in diversi atti dell'amministrazione
  5. un ulteriore contributo sul valore esemplare dell'esperienza dell'Oas antigollista come modello di possibile risposta occidentale alla guerriglia comunista è offerto da Carl Schmitt in due conferenze tenute in Spagna lo stesso anno e poi raccolte nel volume "Teoria del partigiano".
Tutto questo basta e avanza a ribadire l'esigenza di resettare il luogo comune, a cui avevo inizialmente ceduto anch'io, che individuava nel convegno del Parco dei Principi del maggio 1965, il congresso di fondazione del partito del golpe. Quello è stata solo una tappa di una lunga corsa (che chi sa se e quando è finita)... (1-continua)

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