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Speciale "Fuori dal cerchio"/2 Il dibattito sulla recensione nel forum Vivamafarka

La presentazione di Ferrara con Raffaele Morani, Fren Giovannini e Nicola Antolini
Ecco gli stralci di alcuni dei commenti alla recensione di Gabriele Adinolfi su "Fuori dal cerchio", dibattito sviluppato sul  forum Vivamafarka

Umt
Nicola ha una cosa in meno di me, che è sicuramente un vantaggio. Non è giornalista, non ha l'idea malsana che la conoscenza dei fatti (di cronaca) generi una migliore comprensione dei fenomeni. E infatti ha un approccio non giornalistico alla tecnica dell'intervista: lascia parlare.
 Marzio
Tenciche e mestiere a parte, lo spirito che vi anima è lo stesso. Uno dei due sarà anche un sub e l'altro un alpinista, ma l'animo è simile. Non esiste ovviamente uno storico e un ricercatore sovrapponibile all'altro, sia per esperienza, per contatti e per materiale consultato. Ma una cosa è la scuola di De Felice e un'altra è quella di Canfora... Non so se mi spiego.
 Vovò
Condivido in toto l'intervento di Adinolfi: libro eccellente, onesto e non servile. Anche il servilismo è una potenziale tentazione, quando hai a che fare con una realtà in qualche maniera, al di là delle idee di riferimento, "seducente". Antolini è fuori da queste logiche: sembra piuttosto un "puro". E' venuto, ha parlato, ha espresso senza peli sulla lingua i propri dubbi ed ha palesato un giudizio, o un quasi-giudizio. Ma soprattutto (soprattutto per lui e per il suo mondo) ha saputo gettare un guanto di sfida alla sinistra da cui viene, le ha suonato la sveglia sotto il naso e l'ha provocata a duello in più passaggi del libro. Che ce ne frega, direte? Niente. Ma a me piace. Se "a destra" oggi ci fosse il vuoto pneumatico ed esistesse una CasaPound dall'altra parte della barricata, io mi comporterei esattamente come lui al fine di pungolare un'area agonizzante.
Applausi all'onestà intellettuale.
 Frency
poi, per quanto riguarda le interviste, ovviamente non sta a me fare una graduatoria... ho delle "preferenze" che si indirizzano verso quelle che mi hanno lasciato la sensazione che l'intervistato si stesse divertendo (Gabriele e Ugo soprattutto) e non stesse sulla "difensiva", chiarendo punti anche molto delicati o scelte di non facile comprensione, in modo diretto e sincero. concordo sul tuo giudizio in merito a quella del TurboDinamismo, che è spettacolare anche se i tagli in qualche punto si "sentono" e in merito a Telese. quando Nicola mi disse che era nella lista rimasi un pò perplessa: dopo averla letta e contestualizzata nell'economia complessiva del libro, ritengo che sia assolutamente perfetta per delineare il personaggio e il suo "non averci capito nulla".
 Il bunker
Lo sto divorando, in seconda lettura. Ci sono passaggi che non mi convincono sui quali vorrei dibattere.  Ci sono interviste da cornice. Continuo a notare una sottile celophanatura generale, tipica dello studioso di ufo che si avvicina con l'occhio sgranato all'oggetto non identificato, che tende a declassare tutto, ma proprio tutto, nell'archivio del "non è stato poi così drastico"; "In fondo non eravamo così". Qui sarei critico verso il nostro "ambiente", anche su alcune affermazioni del libro e quindi su chi le ha rilasciate, perchè chi le ha raccolte (l'autore) mi sembra davvero obiettivo e in gamba. Mi riferisco a de Angelis e a tutto un mondo che continua a succhiare linfa dalla scala di grigi dell c.d area, per mantenersi in vita.
Non penso che un giovane militante di oggi, possa affacciarsi serenamente a conoscere alcune storie palesando le proprie critiche rispetto ad alcune icone: ovunque è pieno di premesse, preamboli, storie di tredicenni sfolgoranti, le cui storie di oggi sono imbarazzanti. Io penso molto male di una persona che ha rilasciato un'intervista in questo libro. E' un'idea articolata che non mi sono fatto solo leggendo questa opera. Eppure non mi sento legittimato a farlo, perché esistono le venti righe - perenni - sul carcere, i morti, le privazioni. Quale critica può avanzare un giovane davanti a esperienze tanto forti? Si rischierebbe il ridicolo. A me piacerebbe distruggere tutto e cogliere solo il momento, senza timori reverenziali. Fotografare un'intervista per quel che si dice in quel momento, delle storie passate vorrei farne a meno: le esperienze maturate servano a rispondere bene alle domande, non a creare icone.
Come arditi, futuristi e squadristi, un giorno dovremo trasformarci anche noi e distruggerci, distruggere il futurismo per creare altro, ripitturare i vani della nostra vita sempre, costantemente, senza pensare che a dare la prima mano - sacra e inviolabile - sia stato il miglior imbianchino della storia.
Altro che solo quarantenni in parlamento, solo attempati ai vertici. Altro che De Angelis (Marcello).
Coraggio.
 Frency
Citato da: Il_Bunker - Mer-23-Giu-2010 17:53
Continuo a notare una sottile celophanatura generale, tipica dello studioso di ufo che si avvicina con l'occhio sgranato all'oggetto non identificato, che tende a declassare tutto, ma proprio tutto, nell'archivio del "non è stato poi così drastico"; "In fondo non eravamo così".
questa parte non la condivido neanche di striscio. mi pare non ci sia nessuna forma di declassamento quanto piuttosto uno sguardo curioso che si avvicina ad una realtà sconosciuta [no, peggio: conosciuta in via indiretta tramite cazzate infilate come mantra nel cervello]. non capisco peraltro a cosa si riferisca il "In fondo non eravamo così" perchè mi pare che nessuno degli intervistati abbia in qualche modo "mortificato" ciò che fu un tempo o abbia tentato di giustificare ciò che è ora sulla base del passato.
Qui sarei critico verso il nostro "ambiente", anche su alcune affermazioni del libro e quindi su chi le ha rilasciate, perchè chi le ha raccolte (l'autore) mi sembra davvero obiettivo e in gamba. Mi riferisco a de Angelis e a tutto un mondo che continua a succhiare linfa dalla scala di grigi dell c.d area, per mantenersi in vita.
nel libro sinceramente non trovo neppure mezza "icona" [per icona intendo l'intoccabile che non può essere messo in discussione]: ci sono le storie di vari personaggi -alcuni ci piacciono altri meno- che raccontano il loro percorso. non è che perchè oggi MDA non ci piace, la sua storia non debba essere conosciuta: sta a ciascuno di noi collocare determinate esperienze, valutare certe scelte, dare il giusto peso ad ogni aspetto. ma prima di tutto è giusto conoscere, anche solo un punto di vista, che non mi ha dato affatto l'impressione di succhiare linfa [ma qui sarebbe interessante sapere a quale parte ti riferisci per poter discuterne meglio] nè di voler giustificare scelte.
cercando il pelo nell'uovo, non nell'impostazione del libro [potature micidiali a parte] ma nei "contenuti", mi è partito un sorrisone realizzando come tutti gli intervistati -ovviamente mi riferisco ai non "organici"- abbiano in qualche modo tirato in mezzo CPI, che diventa un sorta di leitmotiv, di filo conduttore di tutte le quasi 400 pagine. sorrisone che non è di mero compiacimento, quanto piuttosto dovuto alla consapevolezza di un certo "peso" che abbiamo assunto, anche per chi non condivide le nostre idee o la strada che abbiamo intrapreso.
questo mi sembra il passaggio fondamentale del libro [che naturalmente leggo come responsabile di CPI prima che da curiosa/giudice/censore], nell'ottica di una "narrazione" priva di pregiudizio come di timore reverenziale.
 Il bunker
Mi sembra di essere stato chiaro. Il mio riferimento, se avete letto, come avete letto il libro, è all'intervista fatta a Marcello de Angelis. Mi dispiace abbiate esteso la critica alla totalità del libro (peraltro ho definito le interviste da cornice). E confermo quanto ho scritto.
Circa la linfa alla quale mi riferisco, penso sia un po’ sotto gli occhi di tutti. La storia della Destra Sociale, dei camerati attratti da ciò che fu MDA, dell'impostazione pseudo fascista di alcune comunità che poi nella prassi si confondono solo con il magma (magari fosse incandescente) che si trova in giro, è una storia attuale. Ancora oggi esiste una zona "girgia" si può definire così) di gente con più piedi in più staffe, se ne avessero uno in più se lo farebbero prestare. Le puttanate sulla destra sociale, rive destre, nuclei identitari, non fanno per me. Per carità potranno esserci e sicuramente saranno più bravi di me, ma raccolgono idee da chi ha dato il massimo 20-30 anni fa, e oggi è sterile.
Tanto è vero che MDA è stato anche recentemente scaricato da comunità storiche che lo seguivano da anni (quasi dieci).  Eppure, nel 2010, a tot anni dalle sue canzoni ma a TOT anni dalla sua svolta parlamentare (e non penso sia questa la sede per discutere sulla ragione dello scranno che occupa, ma se volete si può fare eh...) c'è una intervista al personaggio in questione su un libro che dovrebbe parlare di destra radicale e delle novità della destra radicale.  Che novità, quali trasformazioni ha portato l'intervistato? Che lui sia fuori dal cerchio è indubbio, che lui faccia ancora parte del viaggio della destra radicale, penso di no. Non basta una rivista a costruire una continuità.
Vorrei aggiungere una cosa, che secondo me è estremamente importante sottolineare. Leggo in un passaggio  il messaggio che a rappresentare il popolo nelle sedi democratiche debba essere essenzialmente chi, per ragioni di età possa fare della propria esperienza un bagaglio da mettere a disposizione. Sembra tutto filare... ma siamo sicuri che non è grazie a questo ragionamento, SUBDOLO, che oggi c'è chi siede su una poltrona rimembrando antiche glorie, e i più giovani, dinamici, con seguito e comunità radicate, restano fuori?
Sembra quasi che solo chi ha fatto alcuni passaggi - tragici, drammatici, eroici che siano - possa aspirare al prestigio della rappresentanza. La storia di AN è basata sul presigio di "quando lui era nel fronte della gioventù"; la storia di AN è basata da "quando io stavo con Almirante". E chi il FDG l'ha vissuto di striscio, pur essendo più forte spiritualmente e politicamente, è destinato a essere sempre spettatore? ma questo è un discorso che devia un po’ dal libro. (e sottolineare le ottime interviste di gianluca, metapolis, murelli, fren ecc mi sembra quasi scontato)
 Marzio
Scusa ma il tuo post non era molto chiaro ad una lettura veloce. Ma anche leggendo piano resta la possibilità di equivoco, per cui sembra che tu non ce l'abbia solo con De Angelis. Il libro propone testimonianze non omogeee se ci si riferisce alla caratura dei personaggi intervistati e alla luce della presenza di tre interviste non si capisce per quale ragione ne siano state censurate almeno altre due. Così come un certo "lavorio" dell'editor ha modificato un po', qua e là, lo "spirito" di alcune risposte.
Come si fa a fare un libro con interviste "omogenee"? Io credo che un libro del genere possa essere fatto solo se il tema è comune per tutti gli intervistati e se gli intervistati sono tutti omogennei e in buoni rapporti tra loro.
Ma questo libro credo abbia altri intenti. È un'indagine da parte di un investigatore abbastanza "puro" e "inegenuo" (nel senso che non è un "coatto" come Tassinari, uomo che ideologicamente sta agli antipodi ma ha nel sacco la nostra medesima prassi dell'azione e, come molti di noi, ha, sul suo versante, buon accesso al radicalismo più sfrenato). E l'indagine squarcia quà e là il velo che copre quel che ancora si pensa esser "misterioso". Quindi, se si mette in correlazione il libro con l'intenzione dichiarata dell'Autore, il libro si presenta come un ottimo libro. Non corrisponde al libro dei miei sogni per quel che riguarda gli argomenti e gli intervistati (meno 3, per quel che mi riguarda). Tra l'altro, PERSONALMENTE, mi sono quasi commosso leggendo l'intervista a Giraudo. Anche perché lì ho potuto leggere tra le righe e farmi venire in mente alcune cose. Giraudo, che anche dopo un terribile infarto al quale non ha dato pubblicità, resta al suo posto, deluso e sconfortato dall'altrui cameratismo, ma resta al suo posto a "lavorare". Comunque, come ho più volte detto, spero di trovare il tempo per tornare compiutamente sul libro.

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