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Speciale "Fuori dal cerchio"/1 - La recensione di Gabriele Adinolfi

Questo è il testo, entusiasta, della recensione pubblicata da Gabriele Adinolfi su Noreporter sul libro di Nicola Antolini, aggredito a Perugia da una squadraccia antifascista mentre si accingeva a presentarlo
Un libro che non può mancare alla vostra biblioteca di Gabriele Adinolfi
Per chi voglia conoscere l’evoluzione della “destra radicale” italiana, per chi intenda provare a  comprenderla, per chi desideri tentare di sintonizzarsi con essa, di entrarvi in dialettica - empatica od ostile poco importa - lo studio di Nicola Antolini Fuori dal cerchio, uscito a fine maggio per le edizioni Elliot, è  un’opera indispensabile.
E’ notoria la mia severità di giudizio verso le pubblicazioni che  in un modo o nell’altro  sono state dedicate all’ambiente “nero”: le ho bocciate più o meno tutte.
Ho promosso pochi titoli a pieni voti, forse solo Naufraghi di Ugo Maria Tassinari.
Ho tenuto in buona considerazione anche dei libri-inchiesta di qualità che non hanno trattato gli anni di piombo ma il dopo: A destra di Porto Alegre, uscito nel 2005 per i tipi della Rubettino, scritto da Marco Fraquelli e Centri sociali di destra di Domenico Di Tullio stampato dalla Castelvecchi tre anni fa e già esaurito da tempo. Ce ne sono altri ovviamente ma non credo che meritino di essere ricordati, salvo probabilmente Note alternative di Cristina Di Giorgi dato alle stampe due anni orsono per la Trecento.
Non faccio regali né sconti sull’argomento e se considero Fuori dal cerchio un libro che non può assolutamente mancare in una biblioteca dr, né in una biblioteca militante di qualsiasi colore e ancor meno in quella di chi ha una curiosità didattica, non lo sostengo  per  gusto personale, e non esprimo di certo un giudizio  affrettato e poco ponderato.
Questo libro è un capolavoro.
Un condensato di qualità
Siamo alle prese con il percorso di un labirinto in cui l’autore, uno studioso modenese non ancora quarantenne, con un passato giovanile nel partito comunista e una sensibilità  dichiaratamente di sinistra, penetra in ogni corridoio e in ogni stanza mediante l'ausilio di interviste articolate, corpose e appassionanti a protagonisti e studiosi della dr in evoluzione.
Nell'ordine, il viaggio nell'Ade di Antolini fa tappa in: Blocco Studentesco, Gianluca Iannone, Francesca Giovannini, Valerio Morucci, Miro Renzaglia, Marcello De Angelis, Gabriele Adinolfi, Ugo Maria Tassinari, Marco Cimmino, Luca Telese, Francesco Cappuccio, Maurizio Murelli, Gabriele Marconi, Guido Giraudo, Flavio Nardi, “Turbodinamismo”.
Un condensato di qualità.
Ad essere onesti c'è una brusca caduta; per una quindicina di pagine tutto perde d'intensità e di lucidità. L'intervista a Luca Telese esprime infatti non solo la sua endemica ed  assodata incapacità di percezione della profondità, ma ne tradisce  la  difficoltà a rapportarsi persino con la  superficie. Il giornalista se la cava con un rosario di banalità  stridenti con lo spartito d'insieme, che ci suggeriscono però che la sua consuetudine di stravolgere parole e fatti, più che frutto di disonestà intellettuale, sia per lui un percorso obbligato per poter sopperire all'impossibilità di connettere gli elementi su cui si affaccia;  anche il solo provarci si risolverebbe probabilmente in una fatica improba.
Tuttavia anche quell'intervento è prezioso perché l'effetto vuoto d'aria che produce sulla lettura mette in valore, per involontario contrasto, la qualità degli altri  che, letti di fila e senza alcuna rottura di livello, avrebbero potuto essere apprezzati meno di quanto realmente meritano.
Un quadro completo
Il libro si  compone di quella che potremmo definire  una serie di diapositive ad illustrazione delle espressioni culturali, sociali, politiche, artistiche, del movimento non-conforme.
Si tratta di un racconto a più dimensioni che è leggibile  in una fila di istantanee che  al tempo stesso aprono  spirali: da ogni singola parte si può in effetti accedere ad una o più storie particolari, ciascuna peculiare, eppur tutte interconnesse ed essenziali per rendere il quadro d'insieme.
Un quadro che predilige il presente e  si proietta sul futuro ma che non disdegna il passato.
Questo è riassunto in tutta la sua interezza (Movimento, Regime, Repubblica, epurazione, neofascismo, Sessantotto, destra radicale) e tocca tutti gli argomenti che potrebbero sembrare scabrosi (guerra, stermini, antisemitismo, antifascismo, strategia della tensione, stragi, lotta armata, ecc). Completo eppur incredibilmente scorrevolissimo!
Il tutto, come ho detto, vola sempre alto e spesso molto alto, per toccare a mio parere il suo culmine nell'intervista a “Turbodinamismo”, la cui voce impersonale, fornita da un anonimo,  rappresenta l'apice vitale e promettente del dossier, esprimendo in qualche modo una promessa entusiasmante per un'innovazione mozzafiato.
Non so se per caso o per scelta accurata,  l'omega del libro, appunto “Turbodinamismo” si appaia con il suo alfa: Blocco Studentesco, ovvero giovinezza al potere.
Nicola Antolini
Definire masgitrale l'operato di Nicola Antolini è fargli un torto.
Apparentemente interviene poco, ma le descrizioni e le presentazioni in cui si cimenta sono di una precisione, di un'asciuttezza, di un'acutezza davvero fuori dal comune.
Interviene poco e ciò gli fa onore, ma il suo contributo in realtà è continuo perché bisogna  rendersi conto che le interviste non sono composte solo dalle risposte ma soprattutto dalle domande; saper porre quelle giuste,  dominare la materia,  selezionare gli interventi,  individuare e imporre un filo conduttore che non sia fuorviante, è impresa ardua. Riuscirvi così bene è dote rara.
Vuol dire non soltanto essere intelligenti, leali, onesti e intuitivi, qualità che generalmente scarseggiano negli autoproclamati esperti del fenomeno, ma sapersi relazionare in modo aperto e costruttivo, dunque non essere per nulla complessati.
Ed è per questo che il frutto dello studio si trova mille miglia lontano tanto da qualsiasi sindrome di Stoccolma quanto dal suo capovolgimento. Ne esce uno spaccato esauriente ed autentico quanti altri mai, terribilmente rispondente al vero, in cui si colgono sia l'essenza comune sia  quella specifica di ognuna delle parti.
Questo studio è  l'esempio di come dovrebbe  essere fatto un reportage; alla fine  nessuno è portato ad innamorarsi per forza del mondo che viene fotografato né si sente obbligato a rimuoverlo con rabbia.
Si tratta di un'indagine che, secondo gli auspici dell'autore, che si vuole radicato in una cultura democratica e progressista, serve a conoscere il soggetto (noi) e a creare confronto.
Segnali confortanti
L'esito dello studio così attento, corretto e professionale, ci lascia ben sperare per l'avvenire.
Altri studiosi, studenti, investigatori, ho incontrato negli ultimi mesi; la maggioranza di essi viene da esperienze di sinistra più o meno radicale e vive in regioni rosse: tutti sono attenti, ricettivi, rispettosi senza essere per questo in soggezione e però senza pretendersi, all'opposto, giudici: sono anch'essi non complessati e curiosi in modo costruttivo. Non so se saranno in grado di scrivere qualcosa che possa reggere il confronto con il libro di Antolini ma, almeno antropologicamente, stanno dando la prova che energie sane ce ne sono in ogni luogo.
Qualcosa sta cambiando davvero, ed è un bene.
L'antifascismo inteso come dogma teologico e accecante sta morendo.
Il che non significa che  coloro che non lo subiscono finiscano col passare ad un filo-fascismo o all'apprezzamento del fascismo.
E' probabile che costoro manterranno nei confronti di esso la medesima estraneità ed ostilità concettuale e valoriale che provo io per il comunismo o per la democrazia, ma è prevedibile che, esattamente come me e tutti noi “eretici”, non la trasformeranno più in un'ossessione isterico-religiosa ma la subordineranno invece a un desiderio costruttivo e soprattutto al buon senso, la più grande vittima di questi decenni.
Si nota, si sente
La morte dell'antifascismo è un bene: ma non tanto per noi (a me è servito da fortificante come null'altro avrebbe potuto) quanto per la sinistra che ha ancora molto da offrire all'Italia.
Lo ha se, come altri settori politico-culturali e come altre tradizioni politiche, si saprà superare integrando appieno se stessa.
Perché se è indubbiamente vero che attualmente le avanguardie sono di origine dr (e magari di destino centro-estremo-alto) e se è palese che oggi probabilmente nessuno tiene il nostro passo, è pur vero che nella società civile, ovvero al di là delle chiesette che imbalsamano, le individualità non complessate, serene, corrette ed aperte si cominciano a notare.
Queste presenze che si manifestano ogni giorno di più mi consentono di continuare a coltivare il sogno di un futuro “neoperonista” fatto di sinergia non necessariamente orchestrata e consenziente, ed assolutamente a composizione plurale.
Ma questa è un'altra storia. O se volte è un mio vezzo e una mia piccola follia.
Mauro [sic] Antolini. Fuori dal cerchio, ed. Elliot, 382 pagine, 18 euro e cinquanta.

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