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Ma Ivan è un bravo ragazzo

La storia la rilancia il "Corriere del Veneto", inserto regionale del "Corriere della Sera" ma a raccontarla in prima persona è il protagonista, un blogger veronese, Zeno T., trapiantato a Milano che quest'estate,  alla festa della birra di Belgrado, è stato salvato, lui e altri due amici, da un  possibile pestaggio grazie a un gesto guascone di Ivan "il terribile":
La situazione si faceva un po’ tesa finché si avvicina un tizio: “Italiani?”. Era enorme, la testa rasata, tatuaggi sulle braccia e una Fred Perry. L’internazionale degli skinhead evidentemente ha fatto capolino pure in Serbia con i suoi codici e costumi. Pensiamo che la situazione possa degenerare. Noi accenniamo timidamente a un sì.Lui, facendo un saluto romano, ci dice un’altra parola italiana internazionale, Mussolini, e si scioglie in una risata. Anche noi ci distendiamo e cominciamo a scambiare due parole in quel linguaggio che solo chi beve alcohol capisce. Ci spiega che lui è un tifoso della Stella Rossa e che era stato a Bari per una qualche partita di coppa negli anni ‘90. Per rafforzare il concetto, tira giù il lembo sinistro della sua polo gialla e ci fa vedere questo tatuaggio enorme con una Stella rossa sul cuore. Risate, pacche e sorrisi. Eravamo salvi.

1 commento:

  1. Dalla mia pagina di fb una interessante testimonianza di un operatore sociale napoletano che racconta la sua esperienza in missione di pace in Serbis:
    I nazionalisti serbi, ispirati al fascismo italiano, c'erano già negli anni '90.
    Nell'estate del 2000 ero a Kosovska Mitrovica in Kosovo in missione civile di pace, abitavo nella zona serba ma lavoravo nella zona albanese. Una sera i "custod...i del ponte", paramilitari che tenevano le armi anscoste, pronte ad usarle (quell'estate attaccarono un blindato ameracano e rapirono due marines, che furono consegnati ai Carabinieri, di cui si fidavano) una sera mi invitarono a bere con loro, perchè volevano conoscermi. facevano così con tutti gli stranieri che operavano nella parte serba, perchè pensavano fossimo tutti spie.
    Non potei dire di no e quindi (un pò cagato sotto dalla paura) andai copn loro e mi trovai in un localino, una specie di baracca, con le foto del generale Mladic e di Karadzic alle pareti, la bandiera nazionale serba bella esposta,mentre una radio nazionalista mandava solo canzoni del neo-folk serbo.
    Per tutta la sera mi parlarono di Mussolini, che loro ritenevano un modello. Io ho dovuto dire loro che sono un pò comunista (ma non come la moglie di Milosevic, provai a spiegare), ed ho argomentato le mie opinioni, da un punto di vista storico, eccependo alcune cose ma riconoscendone altre in merito alla politica estera italiana che, credetemi, vista dai Balcani diventa più chiara.
    Alla fine abbiamo bevuto Slibovidza e Rakia per tutta la serata. Alla fine ci siamo salutati con rispetto.
    Tanto spavento per niente, per gente che vive in una enclave per la scelta assurda delle potenze di non garantire un piano di spartizione del Kosovo che avrebbe evitato la situazione attuale.
    E.d.M

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