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Io, camerata, difendo un radicale

di Marco Petrelli
L’onestà intellettuale è una brutta bestia. Ovvero, causa più problemi e preoccupazioni di un (in)sano conformismo fatto di cieca obbedienza e tacito assenso.
In politica non ne parliamo: dare spazio agli avversari e alle loro posizioni,( in un clima di corretto e civile confronto), a scapito dell’intransigenza porta ad essere etichettati come traditori. E, nelle realtà di provincia come Terni, serve sempre un capro cui addossare infamie e tradimenti, strumentale al recupero di consensi, appoggi, visibilità di fronte ad opinione pubblica e tesserati.
Francesco Pullia, dirigente nazionale del Partito Radicale, membro del Centro Studi Storici di Terni, intellettuale e scrittore, è divenuto di recente un facile bersaglio dell’ala movimentista della sinistra, di un ramo del mondo cattolico e anche di suoi ‘compagni’ del PR.

Francesco, che conosciamo e apprezziamo, ha fatto sua la linea radicale di dare ascolto a chi, in onestà e buona fede, vuol dire la sua. Una linea che, seppure con le nostre idee (non c’è bisogno della tessera in tasca per condividerla) coltiviamo con l’ottica che il confronto arricchisca il patrimonio culturale e politico del singolo.
Il dirigente radicale, sodale con il professor Marcello Marcellini (autore dei discussi libri sulla Brigata garibaldina Gramsci) , sviluppa una magnetica attrazione per ferri vecchi e rottami della militanza di sinistra che, nell’ordine naturale delle cose, dopo anni passati nelle piazze e nelle strade a ripetere i medesimi cori, sarebbe opportuno si facessero da parte.
Come membro del Centro Studi Storici, come intellettuale e scrittore, si è ritrovato ad avere a che fare anche con persone come il sottoscritto, lontane mille miglia da Pannella e Bonino, ma con le quali ha abbracciato le tesi di Marc Bloch, (forse il più grande storico dell’epoca contemporanea) seguendo la linea ideale da lui tracciata, ovvero quell’obiettività che spinge lo studioso ad analizzare con occhio scientifico personaggi ed eventi, al fine di avvicinarsi quanto più possibile alla realtà dei fatti. Ottica estendibile anche alle relazioni umane, politiche, sociali. Un’operazione, però, che costa sacrificio, soprattutto quando si è organici al mondo politico e le ingerenze di ambedue le rive del fiume non si fanno attendere e presentano il conto se il comportamento della persona esce di un millimetro dal percorso indicato dal partito.
Agli assalti più o meni diretti di una certa sinistra poco tollerante siamo abituati (tra giornali e libri esiste un’intera bibliografia sull’argomento) ma pensare che questi attacchi possano partire anche dal PR lascia perplessi, molto perplessi. Quale il problema dunque? Che Pullia dia ascolto anche ai ‘neri’, in una condivisibile mentalità di superamento degli steccati ideologici? Oppure gli steccati è bene che restino ben saldi, per mantenere uno status quo nella mentalità cittadina? Opterei per la seconda soluzione visto che lo stesso Marcellini, (storico di idee progressiste e che certo non pubblica per le ed.”Ciarrapico”) è stato fatto bersaglio di un forte fuoco di sbarramento solo per avere raccontato alcune dure verità, nel ben più ampio contesto della Resistenza. Come Pansa non accusa i partigiani di essere assassini, svolge anzi una lodevole opera di distinguo, tra chi si batté per ideale e chi lo fece per saldare vecchi conti. Operazione che, in un clima di generale distensione e di onestà intellettuale dovrebbe scaturire gratitudine ed interesse. Ma siccome anche a sinistra è più facile obbedire e chinare il capo che non sviluppare(e difendere) una propria idea , è doveroso che due uomini liberi (uno nero e uno radicale) debbano ritrovarsi ed esprimersi reciproco sostegno.

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