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Fuori dal cerchio/5 Ancora il dibattito sul forum: De Angelis, Tp e destra radicale

Proseguo con la pubblicazione di alcuni dei commenti alla recensione di Gabriele Adinolfi su "Fuori dal cerchio", dibattito sviluppato sul  forum Vivamafarka. Stavolta uso i cognomi e non gli pseudonimi (che sono OBBLIGATORI su vmfk) perché trovo ridicolo  far parlare di sé in terza persona Murelli e Adinolfi, che sono persone fortemente autocentrate ma non megalomani. MDA è Marcello De Angelis. Il bunker è un giovane dirigente di Casa Pound.

Maurizio Murelli
In ogni caso, ribadisco, il giudizio sul libro deve tener conto ANCHE della misura con cui viene rispettato il TEMA. Ci domandiamo: l'Autore ha ben capito cosa è da ritenersi dentro il cerchio (anche dal punto di vista di Tassinari che suggerisc eil titolo)? E cosa è realmente fuori ora?  Su questo punto credo si debba avere l'idea ben chiara. Concordiamo con la buona volontà e "onestà" dell'Autore e quindi con il fatto che la quasi totalità del contributo degli intervistati è buono. Ma alla fine il tema come è stato sviluppato e il lettore alla fine ha la percezione di chi è veramente fuori?
 Gabriele Adinolfi
Non lo so. Quello che però ritengo ne esca sicuramente è che c'è un ambiente in fermento, che è innovativo ma anche ancorato, ricco di sé e ricco in sé. E ne esce fuori che si tratta di gente convinta e non frustrata. Direi che l'impressione finale è ottima, anche se magari non sarà facile per il non addetto ai lavori distinguere in modo categorico tra chi ad esempio ha scelto il pdl e chi il movimento, né tra chi nel movimento ha scelto l'organizzazione e chi lo spirito d'avanguardia. Cosa questa con cui si dovranno fare i conti e che sarà risolta positivamente se si saprà mantenere al contempo la doppia vocazione e impedire che l'avanguardia faccia passi indietro alla velocità della luce a causa di orgogli settari d'apparato, magari conditi di "provocazioni" non sempre ordinate. Ma questo è un altro argomento; e comunque il rischio che l'evoluzione sia negativa è ridotto vista la caratura anche istintuale di chi decide e quindi tiene l'equilibrio. Ma, se parliamo del valore e della funzione del libro, sono finito OT.
 Maurizio Murelli

tra l'altro mi pare che l'unico là sopra che si riconosca nel termine DR sia Murelli. 
 No. Murelli da un bel po' di tempo fa un altro discorso. Sostiene che esiste una differenza abissale tra estrema destra, destra estraparlamentare e Destra Radicale e che a torto si confondano i tre ambienti. Come ha più volte detto, Destra Radicale da un punto di vista "dottrinario" (se così vogliamo dire) è mutuata da "Cavalcare la tigre" che sposta in modo siderale il livello di percezione del concetto di Tradizione così come veniva inteso sopra tutto girando attorno a "Rivolta contro il mondo moderno". 
Dove si colloca lui non lo dice nell'intervista, per quanto in moltissimi articoli pubblicati in "Orion" spiega bene il concetto di andare oltre "destra" sinistra" e di collocarsi al centro sferico di una visione e concezione "organica" tanto del mondo e dello Stato. E l'espressione bellissima "estremocentroalto" è venuta fuori quasi come battuta in un topic qui in Mafarka circa tre anni fa proprio come sintesi a questa rinnovata spiegazione. Allora Murelli dice: mi sta bene che ci sia gente che possa dire: "A me la Destra Radicale fa vomitare, purché abbia ben capito a cosa allude, di cosa sta parlando e non confonda la Destra Radicale con l'estrema destra tout-court. Non è corretto, non è giusto anche per chi in nome di quella "destra" ci ha lasciato le penne e si è sciroppato un bel po' di galera". Tra l'altro una dottrina è come il Simbolo o il Mito. È immortale. Può essere incarnata, inverata oppure no. Ma resta ed è inestinguibile. Tanto più in questo caso dal momento che nei suoi presupposti è agganciata a valori e principi originari. Quindi non può essere terminale e non può essere incapacitante... A meno che non andiamo a scuola da Marco Tarchi e facciamo come lui ha fatto contrabbando di sottaceti. Ovviamente, opinione mia (per quanto molto poco soggettiva) che non abbisogna di essere sottoscritta.
 Francesca Giovannini
sì, hai ragionissima a fare questa precisazione: sono stata un pò frettolosa perchè non volevo entrare nell'argomento DR, di cui peraltro abbiamo dibattuto diffusamente [e molte delle tue conclusioni le condivido in pieno], ma semplicemente rilevare come un discorso che s'incentrasse sulla DR in senso "positivo" potesse riguardare te piuttosto che la maggior parte degli altri intervistati. 
in effetti il verbo "riconoscersi" è utilizzato in modo abbastanza infelice nel mio post di cui sopra [devo smetterla di lurkare mfk mentre lavoro, mi viene la smania di rispondere ma ho il cervello in modalità numerica e mi sfuggono le sfumature  :-[]
 Murelli
Tutto a posto. Niente di male. Hai offerto l'opportunità di ribattere un'altra volta il concetto senza passare per quello che diventato paranoico continua a menarsela e a cantarsela. Ecco quel che scrive Murelli/Orion il 24 gennaio 2007 nel topic sopra segnalato.
«Fu allora, che proprio sulle pagine di “Orion” (e appena ho tempo recupero gli articoli) affermai che nel mio voler andare oltre, nell’evolvermi dall’ambito della Destra Radicale da cui ero stato generato, non avrei accettato di rinnegarla o di lasciare che se ne facesse “carne di porco”. Per me, da tempo, la collocazione che compete all’Idea che coltivo è quella di CENTRO. Ma non il centro di un segmento o di un emiciclo per cui poi esistono le due ali. No. Il mio è il centro di una sfera attraversato da un asse  in sviluppo verticale. Quindi né destra, né sinistra. Questo tanto per premessa essenziale».
 Adinolfi
E Adinolfi sostiene che a partire dagli anni ottanta è nata una destra terminale che non ha nulla in comune con la destra radicale (termine che in ogni caso non ha mai condiviso, pur condividendo lo spirito di Cavalcare la tigre e soprattutto il modo di sentire di quelli che furono dr). Dice Adinolfi che la destra radicale si fece strada in mezzo all'estrema destra e, fedele al suo nichilismo attivo e capace di responsabilizzarsi rispetto all'epoca, compì sacrificio. Che, sulle rovine del loro sacrificio, degli officianti neochierici e frustrati, alzando i gonfaloni e i simboli di quelli che avevano aperto la strada, spesso utilizzando le stesse parole e gli stessi concetti loro ma con uno spirito assolutamente diverso quando non inverso, e pervasi da una non-intelligenza universale, espressero qualcosa di malato che Adinolfi definisce destra terminale. E che ha un'orgine anglosassone e una connotazione di frustrazione borghese. Che non è, quindi, un'altra definizione della destra radicale.
Il bunker
Spiacente che non abbia riscosso pareri favorevoli, ma io la penso così. Se sbaglio sono sicuro mi indirizzerete  verso un ragionamento migliore. Tuttavia non mi va di abbandonare la discussione.
Non ho intenzione di continuare a citare e quotare in un contesto di amicizia come è questo in cui scriviamo tra amici che si conoscono.  Mi basta ricordare che un movimento politico quale TP è stato definito - nel libro e nell'intervista citata - come un movimento avente un atteggiamento da piazza mutuato dagli insegnamenti di Baden Powell, ossia dei boy scout. Se ho frainteso, correggetemi, ma non credo di sbagliare. Se Adinolfi vuole, mi piacerebbe tanto conoscere - per me che sono giovane - se è stato davvero così.
Non mi pare di aver letto questo in quello che considero un titolo della mia formazione, Noi Terza Posizione. In ultima analisi vorrei ritornare in politica piuttosto che nel macrocosmo delle definizioni che ci siamo dati(e ci hanno dato): nessuno contesta a MDA di non essere (più) quello che pensavamo fosse, quello che contesto fortemente è un apparato che fa riferimento a lui e ad Alemanno che costruisce un carrozzone di "camerati" da sguinzagliare quando bisogna chiedere o raccattare voti. Che parlano di elites. Forse abbiamo sbagliato inquadratura, se consideriamo elitari certi segmenti. Ci vuole chiarezza, e non mi accontento del ragionamento - velato all'interno di un'intervista - secondo il quale mentre Alemanno avrebbe un atteggiamento pubblico che non convince, dall'altro fa lavorare i suoi camerati di sempre e gli garantisce un futuro. Contesto che si può fare lo stesso senza abiurare nulla.
In questo senso la lettura che do è quella che correttamente ha dato Iannone, all'interno della sua intervista: si possono concepire le critiche, ma non l'abiura. In quel che ho letto, ho letto un'ennesima abiura.
Dovrebbe essermi indifferente? Probabilmente. Sbaglio a farmene un cruccio? Sicuramente. Poi mi ricordo che la destra sociale alza il telefono e chiede aiuto ogni 2x3, sul territorio, almeno per il territorio e la storia - piccola - che mi compete, mettendo avanti storie, immaginari, concezioni che non dovrebbero appartenere loro. Temo di essere andato OT e di aver dato troppa importanza a un aspetto sui duemila che il libro affronta. Ribadisco che si tratta di un testo molto importante, molto ben fatto, con interviste di spessore. Nel giusto o nell'errore penso di aver detto semplicemente quanto penso, poi possiamo mettere tutti i cd dei 270bis e cantarli insieme.
Murelli
Ma forse non è chiaro fino in fondo dove stai portando la tua critica. Cioè, non si capisce bene (NON CAPISCO IO) se la tua critica riguarda il libro nella sua totalità o se invece è circoscritta alla questione MDA e magari da li si estende al libro. Ovviamente sull'argomento specifico MDA-TP nessuno può pensare di dire qualcosa di più di Metapolis. E quindi mi astengo. Perché è ovvio che lui non solo è in grado di valutare quanto è pubblico e storico rispetto al movimeno TP, ma è anche il depositario di quel che non è né pubblico né storico.  Si può non essere d'accordo con lui sulla presenza di un'intervista a MDA, però si deve anche contestualizzare. Non è un libro ideato e costruito da un Iannone o da un Scianca (tanto per non fare nomi) ma da un ricercatore che appartiene ad un altro mondo. Quindi per lui MDA è un soggetto di pari dignità come lo può essere Iannone piuttosto che Adinolfi. Nel merito, quel che dici io lo condivido appieno e se mi soffermassi su questo argomento sarei molto, ma molto più duro e crudele di te. E per 1000 ragioni.  Dunque si tratta di capire su cosa vuoi ragionare: sull'insieme del libro o su alcuni aspetti e su alcuni personaggi chiamati in causa?  Del resto, facendo un esempio strampalato, è difficile parlare della storia di Gesù senza citare Giuda, del bandito Giuliano senza citare Pisciotta, di Mussolini senza Badoglio, di Cesare senza Bruto. Insomma, le storie degli uomini e dei movimenti si caratterizzano anche attraverso la "comprensione" dell'avverso e del deviato. O no?
Il bunker
la mia critica è circoscritta all'intervista a MDA e si estende al libro nella misura in cui non capisco cosa c'entri all'interno del libro stesso un'intervista a suddetta persona. Spero di aver chiarito questo punto.
Oltre a ciò che ho scritto dal punto di vista politico, vorrei sapere da un punto di vista di opportunità chec'azzecca MDA nel libro: la scelta di interpellarlo non so su cosa si ricaduta, se per parlare di TP c'era già Adinolfi. Quindi salta il discorso di inserire la storia d un personaggio perchè saldata inevitabilmente con quella di altri. Non vorrei fosse un modo per tenere a bagnomaria l'immaginario alemanniano, e dare anche qualche sbaciucchiamento alla strategia finiana, che cerca di puntellarsi a destra (cito i distinguo fatti da MDA tra Cav e il delfino di Almirante).  Detto questo mi fermo su questo aspetto altrimenti sembra una crociata contro MDA, di cui mi interessa meno di zero. Transeat, e passiamo a recensire altri aspetti
Giovannini
aggiungo che a mio avviso la funzione di MDA è, ovviamente quando parla di politica attuale, la stessa che ha Telese quando parla di qualsiasi cosa: rimarcare le differenze, la distanza che c'è fra lui e "noi".
e questa non è cosa da poco, anche se non era l'intenzione dell'autore, che appunto ha selezionato gli intervistati in base alle proprie conoscenze e non ad una presunta "fedeltà".
ne esce in ogni caso uno spaccato interessante perchè, nonostante tutti quelli che appaiono sul libro siano "fuori dal cerchio", si evidenziano le modalità attraverso le quali sono usciti dal medesimo.
chi con quella che noi definiremmo "coerenza" e chi sentendo il bisogno di prendere le distanze da un certo mondo.  in qualsiasi modo la si voglia guardare, alla fine, ne esce sempre un "vincitore" che non ha bisogno, appunto, di abiurare o arrampicarsi sugli specchi in distinguo vari.
[parlo di "vincitore" -ovviamente- non riferendomi ad una persona fisica]
Oltre a ciò che ho scritto dal punto di vista politico, vorrei sapere da un punto di vista di opportunità che c'azzecca MDA nel libro: la scelta di interpellarlo non so su cosa si ricaduta, se per parlare di TP c'era già Adinolfi. Quindi salta il discorso di inserire la storia d un personaggio perchè saldata inevitabilmente con quella di altri.
dubito che agli occhi dell'autore [come di chiunque altro] MDA e Adinolfi siano interscambiabili, alla luce del loro "attuale".  anzi, proprio alla luce di ciò che è ora, l'intervista di MDA ci sta: si evidenziano le scelte differenti, i diversi punti di vista e le concezioni di "vita" che contraddistinguono i due percorsi. non ridurrei la partecipazione di MDA alla semplice rievocazione del passato [se fosse un libro di storia forse sarei d'accordo con te] perchè la vedo come semplice testimonianza di un'esperienza [più o meno condivisibile] che agli occhi di un esterno in qualche modo ricade nell'oggetto di indagine.
l'intervista, per rispondere al tuo che c'azzecca, verte marginalmente su TP [e lo stesso Gabriele sostiene che le parole di MDA sono corrette] si sofferma sulla vicenda umana e sulla scelta di impegnarsi in un certo contenitore.  quindi, probabilmente, l'opportunità perseguita da Antolini è quella di discutere esattamente dei motivi per cui da TP arriva ad AN.
Non vorrei fosse un modo per tenere a bagnomaria l'immaginario alemanniano, e dare anche qualche sbaciucchiamento alla strategia finiana, che cerca di puntellarsi a destra (cito i distinguo fatti da MDA tra Cav e il delfino di Almirante). 
no.  questa considerazione è scorretta, sia nei confronti di Antolini in quanto autore, sia di Antolini in quanto uomo (di sinistra, peraltro). forse parto avvantaggiata nel fornire un giudizio sull'autore, che è stato positivo sin dal primo incontro e lo è oggi avendo mantenuto ottimi rapporti anche in seguito all'intervista, sebbene io ritenga che un'idea della correttezza del personaggio la si possa ricavare dalla semplice lettura del libro [dai commenti fino alle domande poste].  quindi no. non ci siamo proprio.  ma uno sbaciucchiamento alla strategia finiana proprio no.
 Adinolfi
Mi basta ricordare che un movimento politico quale TP è stato definito - nel libro e nell'intervista citata - come un movimento avente un atteggiamento da piazza mutuato dagli insegnamenti di Baden Powell, ossia dei boy scout. Se ho frainteso, correggetemi, ma non credo di sbagliare. Se Metapolis vuole, mi piacerebbe tanto conoscere - per me che sono giovane - se è stato davvero così. Non mi pare di aver letto questo in quello che considero un titolo della mia formazione, Noi Terza Posizione.
Non mi va adesso di fare l'avvocato difensore di Marcello De Angelis, ma nello specifico non ha detto quello. Ha detto che lui ed altri che erano stati scout hanno portato la loro esperienza e vissuto quegli insegnamenti in Tp. Non è propriamente la stessa cosa, ha ricostruito alcuni percorsi con naturalezza.
Non è che abbia contrapposto alla mitologia che avevamo (Guardia di Ferro e Waffen) quella di Baden Powell, ha spiegato una traslazione naturale che si è verificata per alcuni. Direi che la ricostruzione umana è precisa, non è artefatta dal dopo, e che è quindi una testimonianza autentica, cosa rara. Quando a qualcuno che ha partecipato alla guerra nelle Waffen SS gli domandano la sua formazione, se risponde, ti spiega che era stato socialista, nazionalista, regionalista o cattolico e che ha ritrovato questa sua formazione nella versione SS. Si tratta di testimonianze soggettive, non bisogna interpretarle nell'ottica di analisi onnicomprensive e simboliche. Cerchiamo di distinguere.
Oltre a ciò che ho scritto dal punto di vista politico, vorrei sapere da un punto di vista di opportunità che c'azzecca MDA nel libro: la scelta di interpellarlo non so su cosa si ricaduta, se per parlare di TP c'era già Adinolfi. Quindi salta il discorso di inserire la storia d un personaggio perchè saldata inevitabilmente con quella di altri.
Direi che Antolini, e altri con la stessa sensibilità, s'interroghino sulla continuità di Tp e cerchino di capire come e perché qualcuno sia finito in an e qualcuno no.  Poi, tenuto conto del rapporto irrituale che Casa Pound ha instaurato con le istituzioni le domande si fanno più pressanti. Questo spiega la necessità di confrontare. Semmai lascia pensare l'esclusione di Roberto Fiore ritenuto non interessante perché Forza Nuova è interpretata evidentemente come qualcosa che non può evolvere. Direi che le preoccupazioni di Antolini hanno un senso.
Non vorrei fosse un modo per tenere a bagnomaria l'immaginario alemanniano, e dare anche qualche sbaciucchiamento alla strategia finiana, che cerca di puntellarsi a destra (cito i distinguo fatti da MDA tra Cav e il delfino di Almirante). 
Marcello De Angelis sta con Fini da almeno un anno a quanto mi risulta.[affermazione esatta ma superata dagli eventi: al precipitare della crisi De Angelis si è riposizionato]

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