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E Casa Pound si schiera esplicitamente con Berlusconi

di Fernando M. Adonia
“Casa Pound sta con Berlusconi o Fini?”. Mai domanda fu più sbagliata. Quella cioè rivolta ieri dalla bella Ilaria D'Amico a Davide Di Stefano del Blocco universitario, durante la prima puntata di Exit. È come chiedere a un bimbo orfano se vuole più bene a mamma o a papà. Sgradevole. Grazie a Dio le tartarughe di Gianluca Iannone hanno dei “padri illustri” e un pantheon ben fornito entro cui riparare. Ciò non toglie che la domanda sia inopportuna o per lo meno imbarazzante se non viene offerto il tempo per le dovute premesse. Una su tutte: la realtà delle case occupate viaggia a un livello differento rispetto a quello della politica attiva: l'una svolge un' azione diretta di volontariato sul sociale e sul territotio; mentre l'altra altri opera attraverso un mandato amministrativo regolamentato dalle norme della politica stessa. In questo non c'è conflittualità, ma differenziazione.
È superfluo ricordare che la diaspora della destra partitica nostrana ha subito una accelerazione tragica in forza della nascita di Alleanza Nazionale. Cioè, in quel particolare momento in cui, mentre un Berlusconi sdoganava la destra, Fini doveva sganciarsi dai segmenti più esuberanti del suo partito per farsi trovare puntuale all'appuntamento con il governo del paese. Erano gli anni in cui Berlusconi appariva agli occhi destroradicali come un male (troppo craxiano, troppo liberale, troppo americanoide); mentre il delfino di Almirante rappresentava inevitabilmente una grossa opportunità per le speranze dell'elettorato “nazionale”.
Di anni ne sono passati. E le carte si sono rimescolate. Nel senso cioè che Fini, nel continuare la sua opera di sganciamento rispetto alle zavorre ideali e storiche della sua Area, l'ha radicalmente impoverita, tradita; mentre Berlusconi, incarnando sempre di più i panni di una leadership carismatica, ha attirato -anche in forma latente- le attenzioni degli osservatori più radicali, sensibili da sempre alla mistica del capo. Addirittura furono del premier – e non di Fini- le aperture a Forza Nuova e alla Fiamma Tricolore per entrare in coalizione nel 2006.
Le simpatie per Berlusconi sono dovute anche a prese di posizioni chiare sul piano dei contenuti. Vedi la politica energetica pro-Putin, la lotta alla clandestinità, l'accorata richiesta di pacificazione storica in favore di chi ha combattuto nella Repubblica sociale. Punti sopra i quali proprio negli ultimi anni sono arrivati sonori distinguo dell'ex leder di AN. Dunque, questa veloce panoramica da ragione sul perché in trasmissione Di Stefano ha risposto senza tentennamenti “Berlusconi”, chiarendo pure che Fini rappresenta oggi la mano longa di determinate lobby transnazionali nella politica italiana. Ha detto bene. E tale esternazione non può che essere sicuramente sottoscritta da molti attivisti a destra.
Certo, ha pure la sua dose di ragione Fabio Granata, che pone dei rilievi su legalità e giustizia. È vero che destra vuol dire anche Paolo Borsellino, Peppe Alfano e Prefetto Mori. Ma davanti al secco out out Berlusconi - Fini, si tengono in considerazione due pacchetti non scorporabili. Il problema è che la domanda dovrebbe essere posta in termini ben diversi, non puntando sui nomi, ma sui contenuti, sui programmi, su un'idea di partito e sulle forma di partecipazione politica che si vuole approntare.
Non si può non tenere in considerazione che il Secolo d'Italia (nei fatti ora organo di Fli), sotto la regia attenta di Flavia Perina e Luciano Lanna, ha più volte dato voce ai diversi modi d'intendere le pluralità della destra. Ha dato voce agli spazi occupati fino ai segmenti più libertari del panorama alternativo alla sinistra. Il tutto nella prospettiva di fornire al pdl una caratura da partito maggioritario e plurale di stampo occidentale. Fututo e Libertà -partito certamente non maggioritario- opererà ancora così o proporrà una nuova ortodossia interna? Lo vedremo.
Proprio ora che fli e pdl sono due entità ufficialmente distinte, ha poco valore dibattere sullo smalto dei leader. Quali sono dunque i contenuti di questi due partiti? Sopra questi si dovrebbe discutere. Su questi i giornalisti dovrebbero porre interrogativi. In assenza di chiarezza, è bene non lasciarsi trascinare in dibattiti vuoti. Chi già sta operando con profitto nel tessuto sociale, continui a farlo. I fatti, quelli concreti come le travi e i mattoni, sono più urgenti delle parole.

4 commenti:

  1. E' ovvio che Fini rappresenti la mano longa di certe lobby politico-finanziarie transnazionali, anche se mai comunque come lo è stato Prodi, fedele cameriere della Goldman-Sachs e dei poteri forti d'oltremanica e d'oltreoceano, ma è altrettanto lampante che Casa Pound non perda occasione per schierarsi con la politica liberista e filo u$raeliana del Cavaliere di Arcore. Entrino allora a pieno titolo nel PDL e la smettano di illudere e prendere in giro centinaia di giovani che aspirano a ben altri ideali di giustizia sociale.

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  2. C'è sempre da imparare. Ai miei tempi si diceva "longa manus", e la "Mano" era solo quella "nera".

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  3. E' piuttosto palese che lo 'stato maggiore' della struttura si stia preparando un sicuro salvacondotto. Per quanto concerne la base è una storia che si ripete nell'ambiente della destra radicale... mi torna in mente una splendida citazione riportata su un volume di Roberto Giardina dedicato a frà Diavolo: "La storia la scrivono i cinici, ad idealisti ed ingenui capita di finire impiccati".

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