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Casa Pound, un corpo vincente

Giusto ieri riflettevo sull'evidente dislivello che Casa Pound manifesta tra la capacità di penetrazione nel territorio nemico dell'industria culturale e la persistenza brutale della conventio ad excludendum sul terreno della politica, tra il romanzo edito da Rizzoli e la resa di Pasquino e poi Bonaga che ritirano la partecipazione a un meeting, cedendo alle pressioni dei collettivi universitari bolognesi, decisi a difendere la vigenza dell'antica regola "con i fascisti non si parla". A conferma di questo assunto arriva l'Espresso, che pubblica la riflessione di un sociologo che sta mandando in stampa i risultati di due anni di ricerca partecipata sul centro sociale non conforme

Perché piace Casa Pound di Emanuele Toscano
Ci si chiede, spesso, come abbia fatto CasaPound a costruire così tanto in così poco tempo. Ce lo chiediamo spaesati a sinistra, per quello che valgono le etichette di appartenenza, ma è per capirci. Se lo chiede – sono sicuro – il variegato mondo del neofascismo italiano, disorientato da tanta irriverenza guascona e dall'idealtipo del "fascista del terzo Millennio" così lontano dai codici interpretativi e culturali da loro fino ad ora utilizzati.
Chi sono, e perché hanno tanto successo questi nuovi fascisti italiani? Da dove viene questo movimento che occupa case, chiede giustizia sociale, suona e produce musica indipendente?
La risposta, fulminante e senza possibilità di replica, si trova in "Nessun Dolore", romanzo scritto da Domenico Di Tullio, che di CasaPound è l'avvocato e militante di vecchio corso.
Un'auto-etnografia romanzata della realtà politica e culturale rappresentata da CasaPound, vista attraverso gli occhi, il sudore, il corpo, l'entusiasmo di due generazioni di militanti: i più anziani, quarantenni, e le nuove leve del Blocco Studentesco, l'organizzazione giovanile di CasaPound.
Attraverso l'intreccio delle storie di vita vissute dai protagonisti, l'autore racconta di una comunità uscita allo scoperto, dopo anni di ghetto culturale e politico, svincolatasi dal confino in cui era stata e si era rinchiusa. E che si presenta oggi con il suo miglior biglietto da visita: il riff sudato e distorto, scanzonato e tagliente di una canzone degli ZetaZeroAlfa, capace di aggregare giovani liceali figli della Roma bene e rudi ragazzi cresciuti negli scantinati adibiti a palestre delle periferie della Capitale.
L'immagine che il libro restituisce del gruppo umano che anima e alimenta CasaPound è una fotografia di ragazze e ragazzi sorridenti, di corpi tatuati e muscoli scattanti, di nervi tesi e sudore, di vita agiata e di spazi conquistati a forza, di valori in cui credere e di una perenne volontà di superarsi, di dare il massimo e subito dopo ancora di più.
Senza cadere in tentazioni di autoreferenzialità, la narrazione è un viaggio in una realtà che grida con forza e gioia la sua presenza nel mondo e il suo volersi riprendere tutto. Una realtà coesa e massiccia come una falange oplitica, in cui però nessuna individualità si diluisce nel tutto, ma rimane sé stessa, rivendica con il suo esserci la propria appartenenza.
Questa rivendicazione della propria unicità individuale, che accresce un soggetto collettivo senza perdersi in esso, trova espressione e affermazione nella dimensione della fisicità e della corporeità. Mettere in discussione il proprio sé nel processo di affermazione della propria soggettività individuale implica al contempo l'esporre a dei rischi il proprio sé corporeo. Ciò avviene nella convinzione che il lavoro su sé e sui propri limiti non può non riguardare anche la dimensione della propria corporeità.
E' qui che si ritrova la palingenesi del fascismo del terzo millennio: così come il pogo dei punk inglesi metteva in crisi le forme classiche del ballo nel rock, allo stesso modo la cinghiamattanza attraverso il ballo esaspera e rappresenta - per i militanti di CasaPound - aspetti fondamentali dell'esistenza: la vitalità, il gioco, la lotta, contrapposti a un modello culturale dominante e imposto che ha con il corpo "un rapporto complessato, paranoico, decadente".
Un libro che risponde quindi ai molti che si interrogano – con un approccio non pregiudiziale - sull'ascesa ed il successo di CasaPound. E che costringe una sinistra da tempo in affanno a fare i conti con le sue contraddizioni, le sue sicurezze sempre più incrinate e i suoi atteggiamenti di verità monolitica pret-à-porter (certo, a voler fare le pulci all'autore, lo si potrebbe bacchettare su alcuni passaggi che cadono un po' nel preconcetto generalizzante verso la parte politica avversa, liquidata con qualche semplificazione di troppo).
Rimettere in discussione le proprie certezze aiuterebbe a capire – ma qui non c'è lettura che tenga, se non c'è la volontà di fare autocritica– dove e perché questi ragazzi e queste ragazze sono riusciti a diventare un punto di riferimento per i loro coetanei e per le nuove generazioni che si affacciano alla politica nelle scuole e nei quartieri delle città. Forse, è ora di capire che è inutile tapparsi le orecchie e coprirsi gli occhi per evitare di sentire e vedere quello che - purtroppo o per fortuna – è la realtà che "Nessun Dolore" descrive così bene: fanno politica, e si divertono.

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