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La zanzara Adinolfi e il precedente di Morucci

Sono da anni un accanito assertore della necessità di allargare lo sguardo oltre i confini per meglio comprendere fenomeni, dinamiche e responsabilità operative della strategia della tensione e degli anni di piombo (pur restando convinto che molte vicende sono prodotto di scelte consapevoli dei diretti protagonisti). Quando però ci si sposta sul terreno delle analisi geopolitiche, che tanto appassionano i più colti e competenti esponenti della fascisteria, devo confessare che spesso faccio fatica (e qualche volta mi annoio pure).
Non ho mai avuto modo, quindi, di approfondire le posizioni eretiche (in palese rottura con la linea devota alla rivoluzione teocratica espressa da Freda e Terracciano) di Adinolfi sulla questione iraniana pur avendo avuto con lui decine di momenti di confronto pubblico e privato.
Arriva oggi sulla mia scrivania virtuale una dura presa di posizione, proveniente dall'area socialista nazionale, in difesa dell'ortodossia filoiraniana. Paola Folchi, che non so se sia l'autrice del post o la redattrice del blog del Movimento di azione popolare, titola provocatoriamente: "Estate, tempo di zanzare e di mosche cocchiere" ma correttamente riporta per esteso le posizioni di Adinolfi per meglio confutarle.
E mi viene a mente che a usare gli stessi termini, in un contesto di esplicite minacce, fu una fatwa di ben altra consistenza, emessa nell'estate di 21 anni fa dal brian trust dei brigatisti detenuti all'Asinara (estensore materiale credo si trattasse di Alberto Franceschini). Le "zanzare", in quel caso "da schiacciare" erano Valerio Morucci e Adriana Faranda, colpevoli di aver divulgato, dopo il loro arresto, il documento con cui motivano la decisione di uscire dalle Brigate Rosse (portandosi un discreto arsenale: cosa che fece particolarmente incazzare l'organizzazione).
A salvare la vita a Morucci (l'ex brigatista lo racconta in una lunga audizione in Commissione Stragi nel 1997) fu l'esplicito veto di Mario Moretti che con il capo della colonna romana si era scontrato sulle sorti di Aldo Moro ma che, per quanto stalinista, era contrario all'uso della pena capitale per risolvere il dissenso politico.

3 commenti:

  1. Ho letto questo "Dopo questa perquisizione andata a vuoto per questo
    motivo, la signorina Mokbel avvisò il suo amico, il vice questore dottor
    Elio Cioppa" nell'audizione in Commissione Stragi di Morucci. La signorina è parente del Mokbel dei NAR?
    P.S. prima o poi il regalo me lo becco sicuramente! :)

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  2. Mi son trovato da solo la risposta: "Il 25 luglio 2007 Mokbel a un amico: «Alle 4 e mezzo aspetto un 33˚ grado». In gergo massonico è il più alto. Il Ros annota il «particolare interesse della telefonata in relazione all’adesione di Mokbel a una loggia massonica ». L’interlocutore enumera le logge: «Ce ne stanno parecchi: voi, c’è Palazzo Villa Grossi, c’è piazza del Gesù». In un’altra conversazione Mokbel si vanta: «Mio cognato è il più alto in grado, ha fatto il costruttore di una famiglia importante Scarozza- Finocchi, l’ex capo del Sisde ». Il Ros lo identifica in Giancarlo Scarozza, figlio di Maria Antonietta Finocchi e marito di Lucia Mokbel che avvertì, invano, la polizia su rumori sentiti in via Gradoli durante il sequestro Moro."
    http://www.corriere.it/cronache/10_marzo_08/Mokbel-e-la-massoneria-piccolillo-gianvito_728809d0-2a93-11df-8ae4-00144f02aabe.shtml

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  3. Era troppo pischello per fiancheggiare i Nar ma è sicuramente cresciuto in quella terra di confine dove negli anni 80 si con-fondevano reduci e sopravvissuti, fasciobar, bori e coatti per dare vita a un nuovo soggetto politico-sociale tipicamente romano ...

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