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La rete antifascista conferma i nostri dubbi sui tempi degli arresti a Napoli


Martedì scorso sono state arrestate a Napoli due persone per l'accoltellamento di  un attivista di Casa Pound, ai margini del corteo del Primo Maggio. Nel contestare la definizione giornalistica di pacifisti avevano avuto modo di sottolineare le incongruenze di un'inchiesta giudiziaria che sulla base di prove definite inconfutabili (le riprese della videocamera di sicurezza sul luogo del delitto) ci mette tre mesi ad arrestare i sospettati. Il lungo comunicato della Rete antifascista, pubblicato su un sito nato ad hoc per la campagna "Tonino libero", conferma i nostri dubbi fornendo qualche particolare in più:


benché uno degli indagati abbia spiegato agli inquirenti di non avere rapporti né organizzativi e né di conoscenza con i partecipanti al corteo e di non aver mai svolto militanza politica, e queste affermazioni siano state perfino riscontrate nella stessa indagine, nell’ordinanza e nelle agenzie di stampa inviate dalla Procura lo si descrive al contrario come un militante politico “organico alle strutture delle aree antagoniste”. (...) Una persona che per altro si è presentata spontaneamente dal giudice per rispondere delle accuse già nel mese di maggio, per cui il suo avvocato fa giustamente notare l’incomprensibilità della misura cautelare due mesi dopo, se non per spettacolarizzare l’inchiesta.
 Evidentemente a Napoli qualcuno sta giocando col fuoco.

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