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Per gli ottant'anni della Festa della Liberazione: un po' di libri 2a edizione

L'anniversario a cifra tonda della Liberazione ha suscitato un po' di movimento editoriale. In questi giorni sono arrivati in libreria parecchi libri. Ho cominciato col segnalarne quattro, che affrontano alcuni dei tanti temi pertinenti: nell'ordine Piazzale Loreto, le vittime del fascismo, il terrorismo nero, la destra di governo. Ora inserisco due specifici sulla Resistenza: un atlante, una storia della battaglia delle donne per fare delle Fosse Ardeatine un simbolo. E un romanzo ucronico: come sarebbe andata se avessero vinto la guerra le potenze dell'Asse ...

Massimo Storchi - Buon compleanno, Duce, Aliberti



1972. Anno Cinquanta dell’Era fascista: fervono i festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario della Marcia su Roma.
Mancano un paio di mesi all’ottantanovesimo compleanno di Benito Mussolini che ha lasciato il governo a Marcello Petacci.
La Seconda guerra mondiale si è conclusa il 20 aprile 1945 – giorno del compleanno di Hitler – con due bombe atomiche sganciate su Leningrado e Boston e con il trionfo dei nazifascisti.
In un’Europa nazificata, l’Inghilterra è l’ultimo baluardo di democrazia e i Romanov sono tornati a Mosca.
L’Italia è una potenza politica ed economica per le risorse energetiche delle colonie africane e balcaniche e conserva l’alleanza con la Germania, guidata ancora dall’anziano Führer.
A Reggio Emilia, dove le grandi fabbriche Reggiane (di proprietà tedesca Heinkel) informano a loro misura e desiderio la popolazione, si sviluppa la storia di quattro ragazzi all’ultimo anno del Liceo Classico Alessandro Pavolini: Andrea, Bruno, Vince, Patrizia e Stefania, figli dell’alta borghesia cittadina, destinati a un futuro luminoso, fino a quando un incidente in montagna scombinerà le loro vite.
«Niente Liberazione, niente Resistenza, solo una servitù sociale protratta per mezzo secolo, incarnata dal corpo di un duce ormai in disarmo ma sempre incombente, sempre temuto più che ammirato», scrive Francesco Filippi nella prefazione. «Massimo Storchi narra una vita che non si snoda “con” il fascismo, ma “nonostante” il fascismo, entrando con bravura in una delle questioni più difficili da spiegare per gli storici, vale a dire la sua quotidianità».




Emilio Gentile - La resistenza, Rizzoli

Emilio Gentile, una delle voci più autorevoli sul fascismo e sull’antifascismo, ci regala un’opera unica: un atlante storico della Resistenza italiana. Un viaggio attraverso la storia, i luoghi e i protagonisti che hanno dato forma alla lotta per la libertà del nostro Paese. Questo volume parla sia a chi ha vissuto o respirato da vicino quei giorni cruciali, sia alle nuove generazioni che desiderano scoprire una pagina fondamentale della nostra storia. Grazie a una narrazione coinvolgente e rigorosa, arricchita da immagini e mappe dettagliate, Gentile offre uno strumento indispensabile per comprendere le vicende, i luoghi e i personaggi che hanno segnato il destino dell’Italia. La Resistenza, con la sua complessità e il suo valore universale, è un tema che non smette mai di interrogarci, ispirarci e unirci. Questo atlante non è solo un’opera di memoria, ma un invito a ricordare, celebrare e tramandare una storia che appartiene a tutti noi. Un tributo necessario per il passato, un faro di consapevolezza per il futuro.



Michela Ponzani - Donne che resistono, Einaudi

Roma, 8 giugno 1944. Vera Simoni, figlia del generale Simone Simoni, massacrato nell’eccidio delle Fosse Ardeatine, guida un corteo di donne decise a incontrare il tenente colonnello John Pollock, comandante per la pubblica sicurezza a Roma. Sono vedove, madri, sorelle, figlie delle vittime e chiedono che ai 335 ostaggi massacrati il 24 marzo 1944 sia data degna sepoltura. Non hanno tempo per piangere e vogliono che quel luogo di morte diventi un simbolo: un’area sacra di lutto per ricordare i ribelli chiamati a combattere per la libertà. Michela Ponzani ricostruisce la storia delle donne che trasformarono un massacro in un mausoleo, fino alla memoria dei loro nipoti e alle pietre d’inciampo: un monumento sepolcrale antigerarchico e antiretorico, edificato sul luogo della vendetta tedesca per celebrare i martiri dell’antifascismo



Dino Messina - Piazzale Loreto, Solferino

 Giorgio Bocca definì l’esposizione in piazzale Loreto dei corpi di Benito Mussolini, di Claretta Petacci e dei gerarchi uccisi sul lago di Como «un atto rivoluzionario» su cui si sarebbe fatto «dell’inutile moralismo». Per Ferruccio Parri, leader azionista della Resistenza, il 29 aprile 1945 andò in scena a Milano «una macelleria messicana». Piazzale Loreto, simbolo di vergogna nazionale per la letteratura neofascista, diventò luogo identitario di una parte politica. 

La narrazione prevalente del dopoguerra ha oscurato però il massacro dei quindici partigiani uccisi per rappresaglia da un plotone della Legione Muti otto mesi e mezzo prima della Liberazione, il 10 agosto 1944. I loro corpi erano stati esposti per volontà dei nazisti come monito alla popolazione. Fu una ferita, mai rimarginata, alla tradizione civile della città. 

Dall’alba al tramonto i milanesi sfilarono davanti ai corpi dei trucidati rafforzando la loro avversione per i tedeschi occupanti. Dopo pochi giorni, un gruppo di partigiani espose dei cartelli, subito rimossi, con la scritta “Piazza Quindici Martiri”. In quel luogo simbolo della ferocia nazista e fascista Walter Audisio e Aldo Lampredi, per una legge del contrappasso, portarono i corpi dei gerarchi uccisi. Negli anni dell’immediato dopoguerra tutta la città commemorò commossa i martiri. Ma si è dovuto attendere ottant’anni perché una piccola porzione del grande piazzale, tra corso Buenos Aires e via Andrea Doria, venisse chiamata largo Quindici martiri. Il libro di Dino Messina racconta «le due piazze», sulla scorta della letteratura più recente e di testimonianze inedite. E scava nelle pieghe di una memoria contrapposta.




Mimmo Franzinelli, Marcello Flores – Il prezzo della libertà, Laterza

La Resistenza al fascismo non comincia nel 1943 ma inizia sin da subito, nel 1919. È una Resistenza armata e civile, maschile e femminile, contadina e cittadina: uomini e donne che per ventisei anni combatterono contro il fascismo e morirono per opporsi al regime. Che cosa li spinse a tanto? Il trionfo della libertà sulla dittatura ci sarebbe stato anche senza il sacrificio delle loro vite?

40 vittime del fascismo. Donne e uomini, spesso molto giovani, che hanno sacrificato la propria vita per combattere il totalitarismo fascista, dalla nascita dei Fasci di combattimento, nel 1919, alla caduta della Repubblica sociale nel 1945. Dal racconto di coloro che hanno scelto la libertà e rifiutato di sottomettersi alla dittatura, emerge il variegato arcipelago di un’opposizione che non si è mai arresa, nemmeno negli anni più bui, quando parte significativa della società inneggiava al duce, e ha poi trovato nella Resistenza (armata e civile, maschile e femminile, contadina e cittadina) l’esperienza collettiva che ha segnato il riscatto del popolo italiano. L’opposizione ha coinvolto tutte le generazioni, ha trovato volontari in ogni ceto e regione: il racconto di chi ha sacrificato la propria vita in questa lunga battaglia è una sorta di staffetta durata ventisei anni, in cui il testimone della libertà è stato raccolto da chi subentrava alle vittime con nuovo slancio e ne onorava l’esempio. Dall’operaia ventenne Teresa Galli, la prima vittima dello squadrismo il 15 aprile 1919 a Milano, fino a Roberto Lepetit, morto nel Lager di Ebensee il 4 maggio 1945: 40 itinerari di donne e uomini che ci raccontano cos’è stato il fascismo e come lo hanno contrastato minoranze indomite. Una scelta di libertà per noi tutti, da conoscere e onorare a ottant’anni dalla Liberazione.



Mario Di Vito - Il nero dei giorni, Laterza

Dopo il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, Roma è sconvolta dalla violenza politica. I Nar, i Nuclei armati rivoluzionari di Mambro e Fioravanti, espressione della galassia neofascista, si distinguono per l’efferatezza delle loro azioni e per i collegamenti con i servizi segreti e la banda della Magliana. A indagare su di loro è un magistrato, Mario Amato. Solo e isolato, verrà ucciso, perché aveva intuito molte verità scomode.

Roma, 23 giugno 1980. Il sostituto procuratore Mario Amato sta aspettando sotto casa sua l’autobus che dovrebbe portarlo al lavoro, in tribunale. La macchina è rotta, la scorta non è disponibile e lui non può fare altro che servirsi dei mezzi pubblici. All’improvviso un ragazzo si avvicina a lui, gli punta una pistola alla testa e apre il fuoco. Amato muore così, in mezzo alla strada, da solo. A sparare è stato Gilberto Cavallini, mentre il suo complice, il giovanissimo Luigi Ciavardini, lo attende a bordo di una moto. I due fanno parte dei Nuclei armati rivoluzionari, la formazione terroristica di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro che sta mettendo a ferro e fuoco Roma tra omicidi efferati, rapine e loschi traffici. Su queste vicende Amato stava indagando, intuendo quella che lui stesso definì «una verità d’assieme». In procura però era isolato, i suoi capi lo ignoravano e alcuni colleghi addirittura cercavano di delegittimarlo e di sabotare il suo lavoro. Mettendo insieme la biografia di questo sostituto procuratore e la storia delle sue indagini, andate avanti anche dopo la sua morte, il libro segue il percorso del filo che collega la lotta armata nera degli anni ’70 ai giorni nostri, tra personaggi ricorrenti, legami indissolubili e uno spirito che continua ad abitare le istituzioni ai suoi livelli più alti.



Mirella Serri – Nero indelebile, Longanesi  

Sin dai suoi esordi in politica, Giorgia Meloni si è dimostrata erede di un ricco patrimonio culturale e portavoce di un’ampia elaborazione teorica: la sua è sempre stata una «destra di destra», come è stata denominata, una destra con un sistema ideologico e valoriale molto ben definito, anche se sempre tenuto abilmente in secondo piano. La destra meloniana affonda infatti le sue radici nei movimenti francesi e tedeschi degli anni Sessanta e nei miti e nelle teorie che il mai apertamente citato Pino Rauti ha lasciato in eredità ai suoi successori riuniti in gran parte sotto il vessillo di Fratelli d’Italia. Con mosse calcolate e più o meno nascoste, negli ultimi anni sono tornate in auge le parole mussoliniane e le dottrine sovraniste e razziste che hanno alimentato il populismo, l’euroscetticismo e l’ostilità nei confronti degli immigrati, visti come invasori pronti a distruggere l’identità nazionale. Forte del suo apparato ideologico, Giorgia Meloni può superare i suoi padri, da Fini a Berlusconi, e avventurarsi senza imbarazzo nelle sue giravolte politiche, da Putin a Trump passando per Biden, dagli attacchi all’Unione europea alla solidarietà con von der Leyen.
Chi sminuisce FdI e considera i suoi militanti e i suoi adepti degli impreparati capitati quasi per caso al governo commette lo stesso errore che fecero gli antifascisti nei confronti delle camicie nere il giorno dopo la Marcia su Roma. Un errore imperdonabile al tempo e ancora di più oggi.




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