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Last Banner, l'accusa chiede la conferma delle condanne


Questa mattina a Torino il rappresentante della procura generale Chiara Maina ha chiesto la conferma in Appello delle condanne di primo grado per i capi ultras della Juventus, accusati di avere fatto pressioni illecite, nella stagione 2018-2019, sulla società bianconera per avere una serie dibenefici. La sentenza Last Banner, nell’ottobre 2021, aveva portato alla condanna di Dino Mocciola, considerato il leader dei Drughi, a 4 anni e 10 mesi, di Domenico Scarano, (un altro capo dei Drughi, deceduto il 13 maggio 2022, all'età di 61 anni), a 3 anni e 3 mesi, di Salvatore Cava a 2 anni e 4 mesi, di Sergio Genre a 2 anni e 6 mesi, di Umberto Toia a 1 anno e sei mesi e a Giuseppe Franzo 1 anno e 2 mesi nonostante la testimonianza favorevole dell'allora presidente. Andrea Agnelli gli aveva riconosciuto la qualifica di "consigliere della società". 
In primo grado, quando era stato riqualificato il capo d’accusa dell’estorsione a tentativo di estorsione, per una delle prime volte in Italia era stato riconosciuto il reato di associazione a delinquere a un gruppo ultras, i Drughi (il primato spetta alle Brigate gialloblu veronesi, condannate nel 1986). Nella vicenda sono coinvolti anche i Tradizione, i Viking, i Nuclei armati bianconeri e Via Filadelfia 88
Per avere biglietti, che venivano poi rivenduti anche a prezzi triplicati, e abbonamenti, per chi portava gli striscioni all’interno dell’Allianz Stadium, erano arrivati a far sanzionare la società bianconera, con cori razzisti e di discriminazione territoriale o utilizzavano lo sciopero del tifo. 
“Last Banner non è stata un’inchiesta semplice – ha ricordato in aula la pm Maina – Non si tratta di una banale vicenda da stadio messa in atto da soggetti agitati, ma la gestione delle curve che è anche un problema della gestione di ordine pubblico”, Il processo di primo grado ha confermato, come ha
sottolineato Maina, che “questi ultras hanno la capacità di condizionare l’intera curva”. (ANSA).

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