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L'omicidio del giovane ebreo irrompe sulle presidenziali francesi

 

Stefano Montefiori per il Corriere della Sera.

Il 16 febbraio scorso un uomo è stato investito da un tram ed è morto. Questa notizia purtroppo banale, all'apparenza, sta scuotendo la campagna presidenziale francese perché dopo un mese e mezzo di un'inchiesta condotta dai suoi genitori, è stato diffuso un video che contiene i dettagli dell'incidente: Jérémy Cohen, 31 anni, ebreo, la kippah sulla testa, viene circondato, picchiato e insultato da una quindicina di giovani su un marciapiede di Bobigny, alla periferia di Parigi.

Cohen soffre di un handicap motorio, non immediatamente visibile, ma cammina e corre con difficoltà. Cerca di proteggersi dai colpi, il gruppo lo lincia, in preda al terrore lui cerca di scappare fuggendo verso le rotaie, che attraversa senza guardare. Non vede il tram, che lo prende in pieno. Non è stato un incidente, o almeno non solo. Jérémy Cohen provava a mettersi in salvo da una delle bande che imperversano nei cosiddetti quartieri difficili, quelli dove l'infiltrazione degli estremisti islamici è più profonda e dove gli ebrei spesso scelgono di andarsene.

La morte di Cohen diventa così un caso politico, perché suo padre si è rivolto al candidato presidenziale Eric Zemmour in cerca di aiuto, dopo che le autorità sembravano invece propense ad archiviare il caso. «Jérémy era un ragazzo dolce - ha raccontato suo padre Gérald nello show di Cyril Hanouna, uno dei più seguiti della tv francese -, e io non sono riuscito a proteggerlo. I miei figli hanno fatto i volantini per cercare testimonianze e li hanno distribuiti ai passanti nel quartiere, abbiamo dovuto lottare per riuscire a presentare una denuncia come si deve. Ho chiesto aiuto a Zemmour per evitare che l'inchiesta venisse insabbiata».

Alla fine gli sforzi dei famigliari sono serviti, ed è saltato fuori il video che documenta l'aggressione prima della tragedia sulle rotaie del tram. Eric Zemmour, in difficoltà nei sondaggi che lo vedono ormai al quarto posto, si è lanciato a capofitto su una storia che rappresenta simbolicamente il cuore della sua battaglia politica: proporsi come il protettore dei francesi sottoposti alle angherie dei violenti di origine straniera. «Se sarò eletto presidente, il mio primo gesto sarà andare a far visita alla famiglia Cohen», ha detto Zemmour, che denuncia il «silenzio assordante da due mesi a oggi» e denuncia il fatto che Jérémy Cohen sia «morto perché ebreo».

Una seconda inchiesta non ha ancora accertato il carattere antisemita dell'aggressione, ma gli altri candidati non vogliono lasciare a Zemmour il monopolio dell'ondata di emozione che attraversa la Francia. «Siamo tutti sconvolti per le scene che sono state rese pubbliche e vorrei dichiarare la mia solidarietà e il mio sostegno alla famiglia di Jérémy Cohen», ha detto il presidente Emmanuel Macron che ieri faceva campagna elettorale in Bretagna.

La sua rivale Marine Le Pen, che potrebbe qualificarsi al secondo turno del 24 aprile con reali possibilità di battere alla fine Macron e conquistare l'Eliseo, ha denunciato l'immobilismo delle autorità: «Perché avere nascosto la realtà sotto le sembianze di un incidente? Questa è la vera questione», e anche il candidato della sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon (terzo nei sondaggi) si chiede «perché è la famiglia a fare l'inchiesta? Normalmente dovrebbe essere il compito della polizia».

Questa domenica si terrà il primo turno dell'elezione presidenziale, con il caso Cohen che riporta in primo piano la sicurezza come uno dei temi in cima alle preoccupazioni dei francesi accanto al potere d'acquisto e all'aumento delle spese per carburante e energia.

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