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Francesco Storace ricorda l'amico e camerata Angelo Mancia



Francesco Storace, in Cuori Neri, il libro di Nicola Rao, edito da Sperling & Kupfer, che dal rogo di Primavalle alla morte di Ramelli rende onore e memoria a 21 delitti dimenticati degli anni di piombo che hanno avuto come vittime militanti di destra ci parla di Angelo Mancia.

Angelo non era uno che si può raccontare con le categorie di oggi. Era uno unico, diverso, un camerata che non aveva paura di nulla, ma non certo un insensibile. Ricordo come ieri l'ultima sera in cui ci andai a cena insieme, due o tre giorni prima che gli sparassero. Avevano ammazzato Verbano, e avevano già deciso che quello da far fuori era lui. La sezione era stata letteralmente ricoperta di scritte, insulti, minacce di morte, di cui la più tenera era qualcosa del tipo : MANCIA E' GIUNTA LA TUA ORA, TI AMMAZZEREMO COME UN CANE.

Io ero preoccupato davvero e gli dissi: ma che fai, ti proteggi? Stai attento? E lui: "mannò, non è niente. Io nun c'ho paura". Finché dopo due o tre bicchieri e dopo molte mie insistenze, invece di tranquillizzarmi, mi guardò con un sorriso, una strana luce negli occhi e mi fece: "ma tu che dici, Francé? Noi fascisti, quando moriamo dove annamo a finì? All'inferno o in paradiso?

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