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Letti da noi 29/ Camminando con libero passo, Mario Bortoluzzi racconta gli anni di piombo a Padova



Per la ventinovesima puntata della rubrica Letti da noi, Alessandro Alberti, prezioso collaboratore del blog recensisce Camminando con libero passo, una storia padovana 1969 1978 di Mario Bortoluzzi edizioni Altaforte, di cui consiglio una attenta ed approfondita lettura.
Un romanzo storico dell'esperienza politica nelle file del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile dell'allora Movimento Sociale Italiano, in una città tradizionalmente rossa e difficile come Padova.



Dopo anni in cui la storia dell'esperienza giovanile missina a Padova è stata ignorata da tanti autori di area, finalmente la penna di Mario Bortoluzzi ne traccia uno spaccato, relativo agli anni della sua gioventù. Il testo per precisa volontà dell'autore si snoda tramite la formula del romanzo storico. Quindi un modo più semplice e scorrevole per essere compreso da tutte le generazioni e in particolare da quelle più giovani. Il libro: Camminando con libero passo - una storia padovana 1969 1978, edizioni Altaforte, fatte le dovute trasposizioni è anche la storia italiana del Fronte della Gioventù e del Msi nei terribili anni 70, perché a differenza di quanto detto da Capanna quegli anni non furono affatto formidabili. L'esperienza politica di Mario strettamente collegata ai suoi amici della Giovane Italia prima e del Fronte della gioventù poi, si intreccia tra la sua personale acquisizione di una coscienza politica, una conseguente cultura militante e i fatti di cronaca di allora.
 Ogni paragrafo è un anno di consapevolezza, di crescita politica e anche di un poco di incoscienza tutta giovanile, alle quali si alternano risultati oltremodo lusinghieri per il Msi ma anche sconfitte elettorali. Scontri con le formazioni della sinistra extraparlamentare in particolare Autonomia Operaia e Lotta Continua. Accanto a questi, tanti episodi luttuosi che accomunarono la destra in quei roventi anni in cui uccidere un fascista non era reato, a partire dall'omicidio dei fratelli Mattei arsi vivi in nome dell'antifascismo. L'omicidio, il primo di una lunga serie, di Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci dentro la sede del Msi proprio a Padova, da parte delle BR, e a seguire Mikis Mantakas, Sergio Ramelli, Mario Zicchieri, Angelo Pistolesi e tanti altri ragazzi e patrioti del Msi e del Fronte della Gioventù. Oltre le tante note tristi provenienti dal mondo ostile che li circondava, anche la positività e l'inventiva dei ragazzi, l'inizio di un percorso musicale con le note di una chitarra e altri strumenti e le prime canzoni militanti. L'idea di creare un gruppo che prenderà il nome di Gpdpn ovvero il Gruppo Padovano di Protesta Nazionale. Il gruppo in occasione del primo campo Hobbit di Montesarchio organizzato da Generoso Simeone, abile e colto professore sannita, prenderà poi il nome di Compagnia dell'Anello. Molte canzoni della Compagnia trassero ispirazione da quegli anni e da episodi vissuti direttamente dai componenti e da tutto il Movimento. Emblematici alcuni titoli come: Padova 17 giugno 1974, la data dell'omicidio di Mazzola e Giralucci, Anni di Porfido, Sulla strada, Terra di Thule, La ballata del nero, Anche se tutti noi no e non da ultima la canzone che diventerà l'inno del FdG, Il domani appartiene a noi, alle quali seguiranno molte altre ad arricchire il repertorio del gruppo padovano. Un percorso quindi di militanza, di politica nel senso più alto del termine ma anche di musica alternativa. Per Mario e per altri la politica non sarà mai un lavoro, ma un passione nobile priva di interessi. In nome di questa virtù scevra da qualsiasi richiamo personalistico trovano il loro modo di vivere la militanza, questo gruppo di giovani missini, che imboccarono la strada più stretta per fare politica, quella della destra. Stretta perché non si trattò solo di sostenere una contrapposizione di due parti antitetiche, ma anche di condurre una battaglia là dove le regole del gioco erano truccate dal sistema, la stessa legge e le autorità non riconosceranno mai il diritto all'esistenza della destra italiana. In questo libro l'esperienza di Mario è di conseguenza sottoposta a numerose ingiustizie, rispecchia le violenze subite da tanti camerati, ma anche restituite per legittima difesa agli aggressori. Le false ricostruzioni di un giornalismo che si mostrava servile nei confronti di chi il potere lo esercitava con disinvoltura feroce, saranno l'aggravante di quegli anni ad alta tensione. Quindi ogni iniziativa, ogni forma di ribellione, verso palesi ingiustizie da parte dei ragazzi di destra, veniva vista e descritta come violenza destabilizzante da certi scribacchini unilateralmente schierati, ma anche dalla questura e dalle forze dell'ordine di allora, mentre gli aggressori di Autonomia Operaia o altre sigle di estrema sinistra, non venivano nemmeno fermati dopo scontri da loro stessi provocati, oppure venivano rilasciati quasi sempre. Ma queste memorie dell'autore riguardano anche il percorso formativo e culturale, quindi le letture, ma anche il tentativo di rintracciare libri quasi impossibili da trovare, se non in piccole librerie seminascoste e gestite talvolta dall'estrema destra come quella di Freda. I miti di allora che farcivano il mondo giovanile missino, come Peron o ancor di più il Capitano Zelea Codreanu capo e fondatore della Guardia di ferro romena. Il ricordo di Junio Guariento che successivamente rappresenterà la Compagnia dell'anello insieme a Stefania Paternò, dopo che per reati di opinione per molti scattarono gli arresti, le condanne, l'esilio. Invito chiunque a leggersi questo bel libro di Mario Bortoluzzi, non tanto per la cronaca di allora, sempre importante, ma per l'impegno, la costanza e la capacità di non mollare davanti al nemico, da parte della sua generazione. Non è un libro nostalgico ma di vibranti ricordi giovanili che l'autore rende fruibili con piglio avvincente. Uno spaccato di storia padovana, della destra sociale, tra gli alti e bassi della militanza, in una città allora molto difficile a livello di agibilità politica, tra le più violente d'Italia. Una riflessione su ciò che è stato e su quello che non può essere dimenticato, perché allora più che mai, proprio come recita una canzone interpretata dalla Compagnia dell'anello e dedicata a Nicola Pasetto, l'obiettivo era Vivere davvero, per cambiare non tanto il mondo, anche se forse un pensiero questi ragazzi con l'eskimo e sciarpa nera al collo lo avevano fatto, ma il destino della nostra Nazione. La celtica al collo come simbolo, quasi un destino inevitabile, fatto di coerenza, ancora presente nel vivere quotidiano e nei giorni a venire per Mario e i tanti camerati e amici lungo la strada della rivoluzione. Un passaggio di consegne da politico vero, perché non incline alla carriera, alle generazioni future. Con la consapevolezza che molto era stato fatto allora, malgrado sconfitte, vittorie parziali, ingiustizie subite, lutti, nuovi entusiasmi, fasi di confronto/scontro, creazione di radio e circoli librari, ma che ancora tanto resta da fare a livello politico, per cambiare l'Italia.

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