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11 gennaio 1944: in 3 giorni la Rsi processa e "giustizia" i 'traditori del 25 luglio'



 Uno dei primi atti ufficiali della neonata Repubblica Sociale è il processo di Verona, ampiamente caldeggiato dai tedeschi. Il processo interessa i "traditori venticinqueluglisti", come i fascisti chiamano i membri del Gran Consiglio che hanno destituito Mussolini nel luglio 1943.
La caccia ai 19 "traditori" che hanno votato l'ordine del giorno Grandi inizia presto. Il primo ad essere arrestato è il 22 settembre Luciano Gottardi, ex presidente della Confederazione dei lavoratori dell’industria; ai primi di ottobre tocca, invece, a Carlo Pareschi, Giovanni Marinelli e Tullio Cianetti (l'unico che sarà condannato all'ergastolo9, rispettivamente ex ministro dell’Agricoltura, ex addetto postale e sottosegretario alle corporazioni. Anche Emilio De Bono viene rintracciato, ma evita il carcere preventivo: il settantenne maresciallo d’Italia e quadrunviro della marcia su Roma è ammalato e Mussolini consente a farlo restare agli arresti domiciliari nella sua villa di Roma. 
La caccia si conclude con l’arresto di Galeazzo Ciano, ex ministro degli esteri e genero del duce; l’uomo si trova in Germania con la moglie Edda e i figli dal 27 agosto 1943 e non teme per la propria incolumità, credendo di essere stato perdonato da Mussolini al quale ha detto precedentemente durante una cena al castello di Hirschberg: “Quel che è stato è stato. Non pretendo nessuna carica nel nuovo partito fascista repubblicano. Mi basta essere arruolato come semplice pilota”. Un clamoroso errore di valutazione. Sarà infatti l'imputato principale, essendo considerato dagli uomini di Salò il più infame del gruppo. 
Il 19 ottobre 1943 Galeazzo Ciano giunge a Verona dove viene accolto dal questore della città con due sonori ceffoni sul viso. Mussolini, dal canto suo, decide di disinteressarsi completamente del processo di Verona affidandone l’organizzazione al segretario del partito Alessandro Pavolini. Quest’ultimo il giorno di Capodanno del 1944 è già in grado di comunicare agli alleati tedeschi che i traditori sarebbero stati tutti condannati a morte.
Le udienze, iniziate l'8 gennaio 1944, durano appena tre giorni e il collegio giudicante è composto da uomini di provata fede fascista. 
Il dibattimento si svolge in un clima teso e spesso interrotto dalle grida di vendetta di un pubblico già convinto della sentenza, in una sala addobbata con panni neri. 
Scontato l'esito. Quando l’avvocato difensore di Gottardi, chiede che il processo sia demandato a un tribunale militare, poiché molti degli imputati sono ancora militari in servizio, scatena la furiosa reazione del pm Fortunato: “Da questo banco parte un monito per la difesa: che essa sia all’altezza dell’ora. Non è sollevando questioni pregiudiziali che si aiuta la causa della Patria e della Storia”. Le pene capitali sono comminate a cinque imputati (Ciano, De Bono, Marinelli, Gottardi e Pareschi).. Tutti i tentativi di Edda Mussolini per salvare il marito sono vani. Il padre, infatti, si guarda bene dal sostenerli. L'esecuzione ha luogo la mattina dell'11 gennaio nel poligono di Forte San Procolo, a Verona, con un plotone formato da trenta militi fascisti, con i condannati che offrono la schiena.
Tre ore dopo Mussolini apre il Consiglio dei ministri a Gargnano pronunciando la frase "Giustizia è fatta". 

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