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Una lezione di Giorgio Galli sull'uso politico della dietrologia


Le due pagine che seguono sono la conclusione di "La venerabile trama. La vera storia di Licio Gelli e della loggia P2", un pamphlet scritto da Giorgio Galli ed edito nel 2007 da Lindau. Il grande scienziato politico scomparso oggi ha scritto tante cose e molto più importanti eppure questa sua breve lezione sui motivi politici che alimentano le opposte dietrologie è stata per me una lezione di metodo fondamentale

 Si sta oggi affermando la tendenza a far rientrare tutti gli irrisolti misteri italiani nel quadro del grande scontro semisecolare tra il «mondo libero» vittorioso e il «comunismo» sconfitto, con gli eventi italiani determinati da una «sovranità limitata», dipendente dagli Stati Uniti.

In questo contesto, le vicende italiane, con poche centinaia di vittime, possono essere rappresentate come episodi dolorosi, ma in fondo marginali, di un conflitto cosmico nel quale la luce ha prevalso sulle tenebre.

Le pagine che seguono sul ruolo della Massoneria sono una proposta metodologica per contrastare il prevalere di un’impostazione concettuale che, una volta affermatasi, renderebbe impossibile accertare quello che è realmente accaduto nelle singole situazioni.

Per evitare che vengano tutte fatte rientrare nel quadro che si è detto, occorre procedere per classificazioni. Indubbiamente molte vicende italiane possono essere capite solo nel quadro della Guerra Fredda e del confronto tra Usa e Urss. Vi sono, però, altre trame che non dipendono dalla Guerra Fredda e sono la conseguenza di lotte di potere tra gruppi e personalità italiani, che solo con l’inganno e in maniera pretestuosa sono state collegate al contesto internazionale.

In qualche caso vi può essere stata un’intersecazione tra le due situazioni, un collegamento tra iniziative italiane e un ambito particolare, in un periodo preciso, nel quale le condizioni internazionali del momento possono aver esercitato qualche influenza. Ma, in generale, attraverso una ricostruzione precisa che il tempo trascorso consente ormai di definire storica, è possibile giungere a una distinzione e a una classificazione, sino a pervenire a una mappa comparativa completa di tante vicende che l’opinione pubblica, e soprattutto le giovani generazioni, collocano in una nebulosa i cui confini e la cui estensione proprio il trascorrere del tempo rende sempre più indefiniti. L’analisi del ruolo della Massoneria è un primo contributo alla costruzione di una tale mappa.

Per quanto riguarda il ruolo degli Stati Uniti, posso ripubblicare, senza variazioni, quanto scrissi nel novembre 1978 (morto Moro e giunta alla fine la «solidarietà democratica») nella prefazione a Il malaffare: dall’America di Kennedy all’Italia, a Cuba, al Vietnam, di Roberto Faenza7, ampiamente utilizzato in tutti i testi successivi sugli interventi americani in Italia; scrivevo sul «rapporto esistente tra i legami Usa-Italia e la possibilità di una politica riformatrice in Italia»:

Che i primi rendano impossibile la seconda è una convinzione alla quale si riferiscono sia i conservatori (per sostenere che va mantenuto lo status quo), sia i progressisti (per giustificare la loro incapacità a realizzare una politica riformatrice). A mio avviso si tratta di una convinzione errata. In proposito la documentazione fornita nel libro è chiara. L’amministrazione Kennedy, nel favorire la svolta di centrosinistra, aveva come obiettivo la stabilizzazione della situazione italiana (dopo il tramonto del centrismo) per contenere e se possibile ridurre l’influenza del Pci. Per quanto riguarda il problema delle riforme, appare chiaro che gli americani non le ostacolavano (purché non ampliassero l’influenza del Pci). L’analisi del nostro sistema politico mi ha portato alla stessa conclusione che i più avvertiti analisti del Dipartimento di Stato già avevano raggiunto alla fine degli anni ’50. E cioè che una politica riformatrice non è possibile in Italia senza il concorso del Pci. Noi – intendo dire gli italiani nel loro complesso – non siamo riusciti a realizzarla quando (negli anni ’60) le condizioni erano molto favorevoli. Le risorse economiche non mancavano, l’opposizione comunista era limitata. Soprattutto non vi erano ostacoli da parte americana.

L’analisi delle cause dell’insuccesso non può essere sostituita dallo scarico delle responsabilità. [Ora] noi italiani dobbiamo scegliere tra una politica riformatrice di tipo occidentale col concorso del Pci, oppure una situazione di sostanziale stagnazione con tratti di degradazione. È una scelta che compete a noi con tutti i suoi rischi, nell’uno e nell’altro caso. L’amministrazione americana non può che ribadire una posizione di ostilità alla crescita dell’influenza del Pci. Ma se noi italiani siamo convinti che i rischi della stagnazione sono superiori a quelli di una possibile utilizzazione autoritaria da parte del Pci della sua accresciuta influenza, tocca a noi pronunciarci chiaramente in merito e far presente il nostro punto di vista agli Stati Uniti. Questo libro non è un avallo alla concezione (che curiosamente vede convergere la destra e la sinistra) secondo la quale sarebbero le pressioni e l’intervento degli Stati Uniti l’ostacolo principale a una politica riformatrice in Italia.

Avvertimento inutile. A vent’anni di distanza, a Guerra Fredda conclusa, destra e sinistra convergono ancora nel preferire a una seria assunzione di responsabilità, nazionale e collettiva, lo scaricare, ormai in sede storica, su altri (Stati Uniti) o su istituzioni specifiche e settoriali (servizi segreti, Massoneria) la responsabilità del mediocre funzionamento di un sistema politico (la cosiddetta Prima Repubblica) nel quale i vertici di partito hanno sistematicamente male interpretato e disatteso i pronunciamenti dell’elettorato.

Personalmente ho sempre cercato di abbinare allo studio dei ruoli dei poteri occulti un’analisi politologica che non si traduca in una dietrologia permanente. Le pagine che seguono sono la prosecuzione di questo lavoro.

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