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12 dicembre 1979: un delitto poco noto di Ludwig

 

 I palazzi di corte Canal, a pochi passi dalla Stazione centrale, catturano il sole di febbraio e ne spengono repentinamente l’intensità. “Qui è dove è stato ucciso Claudio Costa” dice Monica Zornetta, giornalista e autrice di diversi saggi tra cui il recente “Ludwig. Storie di fuoco, sangue e follia”, indicando il civico 656. Era la notte del 12 dicembre 1979. La signora Gemma Lis Schiocchet sente delle grida provenienti dalla strada e si affaccia alla finestra. Claudio Costa – un giovane veneziano che, scrive Zornetta, “non disdegna di fumare hashish” – è ripetutamente sbattuto contro il muro da due giovani e crolla a terra. Gli aggressori tirano fuori dalle tasche delle giacche due coltelli e cominciano ad affondare le lame nel corpo di Costa, che muore sotto una pioggia di fendenti. In un primo momento, gli inquirenti seguono la pista del “regolamento di conti tra tossici” e arrestano due amici della vittima, Gianni Zanata e Salvatore Sedda. Sembra un caso di cronaca locale come tanti altri.

Nel novembre del 1980 cambia tutto. Nella redazione di Mestre de Il Gazzettino arriva una busta, spedita da Bologna, che contiene un lungo volantino scritto con caratteri pseudo-runici e sormontato da simboli nazisti: l’aquila del Terzo Reich, una svastica e il motto “Gott mit uns”. In esso “l’organizzazione Ludwig” si assume la responsabilità per le uccisioni di Guerrino Spinelli (Verona, agosto 1977), Luciano Stefanato (Padova, dicembre 1978) ed infine Claudio Costa. È la prima volta che compare quello strano nome. Non sarà l’ultima. Ludwig porta avanti una crociata contro omosessuali, tossicodipendenti, barboni e preti attraverso martelli e armi da taglio. Vuole “purificare” una società malata incendiando cinema a luci rosse, club e discoteche. Agisce principalmente nel nordest ma compie azioni anche all’estero, in Germania.  E rivendica ogni cosa spedendo volantini ai quotidiani. “La nostra fede è nazismo, la nostra giustizia è morte, la nostra democrazia è sterminio”, si legge in uno di questi. LEGGI TUTTO su La Privata Repubblica

La storia della prima rivendicazione di Ludwig ce la racconta bene Augusto Caneva:
La sigla «Ludwig», sinistra e cinica, fa la sua comparsa il 4 novembre 1980. In una lettera a «Il Gazzettino», quotidiano del Triveneto, la setta rivendica la paternità di tre omicidi. Tre vicende tragiche, ma ormai sfuocate nei ricordi del grande pubblico. Tre storie sciagurate che hanno duramente impegnato gli investigatori della polizia e dei carabinieri, i quali, alla fine, hanno incriminato alcune persone, poi risultate innocenti. Ecco il testo, in caratteri runici, della rivendicazione. «L'organizzazione Ludwig si assume la responsabilità delle seguenti uccisioni: Guerrino Spinelli, Verona, Agosto 77; Luciano Stefanato, Padova, dicembre 78 e Claudio Costa, Venezia, Dicembre 79. Come prova dell'autenticità di questa rivendicazione riportiamo alcuni particolari riguardanti gli attentati, che non sono di dominio pubblico. Nel primo si è fatto uso di 4 bottiglie Molotov (non 2 come riportano i giornali), confezionate con fiaschi da 2 litri, di cui 2 sono state lanciate dentro la macchina e 2 fuori. Nel secondo sono stati usati coltelli con manico di plastica e di colore rosso-arancione. Per quel che riguarda il terzo, sono stati usati 2 coltelli da cucina col manico di plastica bianca, che sono stati gettati sotto il ponticello vicino al quale è stata colpita la prima volta la vittima, morta nello stesso vicolo, dopo altre due colluttazioni. Gott mit uns.» «Gott mit uns», la firma, non è una frasetta qualunque: significa «Dio è con noi» ed era il motto (di sconvolgente memoria) della Hitlerjugend, la gioventù fedelissima al dittatore nazista. Non bastasse, nella parte alta della lettera, sopra il testo, vi è il disegno di un'aquila che sorregge con le unghie una croce uncinata e le ali del possente volatile costituiscono la base di appoggio della scritta «Ludwig» divisa in «Lud» e «Wig». Si spiega ora la domanda del dottor Pantalone ai genitori di Abel e Furlan in merito alle idee politiche dei figli. Una rivendicazione, questa prima (ne seguiranno altre sette, ben più convincenti) che lascia perplessi gli investigatori: non sarà possibile, infatti, trovare i riscontri indicati: troppo tempo è trascorso dagli omicidi. Bisogna dire che polizia e carabinieri per parecchio tempo si sono ostinati a non credere all'esistenza di Ludwig, andando magari a cercare (o a non cercare, come vedremo) il pelo nell'uovo. Miopia? Superficialità? Desiderio inconscio di respingere il diavolo dietro l'angolo? Non lo sapremo mai. 

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