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Giannuli: la "Strage di Stato" toppò sul ruolo di Delle Chiaie e Avanguardia

Nel libro "La storia della Strage di Stato" il professor Aldo Giannuli, grande esperto di servizi segreti e consulente del giudice Salvini per l'inchiesta su piazza Fontana, sottolinea come il celebre pamphlet aveva il suo principale limite nel ruolo assegnato a Stefano Delle Chiaie:

Quanto al piano investigativo, come si è detto, il punto debole fu sicuramente l’individuazione del gruppo di Stefano Delle Chiaie come principale indiziato della strage, quel che distrasse l’attenzione da Ordine Nuovo e intorbidò le acque. Abbiamo detto che tale gruppo fu coinvolto negli attentati romani e che la coincidenza è tale da non poter essere ritenuta casuale, ma che quegli attentati ebbero ben altro potenziale da quello milanese e si prestavano piuttosto per un’azione dimostrativa. Di qui l’ipotesi che tale coinvolgimento sia stato un’operazione provocatoria in cui AN cadde e che era finalizzata a legare le mani ai suoi protettori del Viminale. Agli occhi di Di Giovanni, Ligini ecc., quello che contava era la partecipazione degli uomini di Delle Chiaie ai fatti del 12 dicembre, il resto non era affatto chiaro e, comunque, irrilevante: tanto AN quanto ON, come anche il FN, erano gruppi fascisti che si dava per scontato agissero di conserva sotto i comandi della «regia unica», per cui rilevava poco sapere se una bomba era stata messa da uno di AN e un’altra da un ordinovista.
Per di più, AN era l’anima dello squadrismo romano, dunque era particolarmente odiata dall’estrema sinistra della capitale cui appartenevano sia Di Giovanni che Ligini, Mattina, Pellegrini e gli altri autori e dell’inchiesta fra cui, forse, anche il «quarto autore» non identificato di cui abbiamo detto. In questo il clima maturò l’idea centrale del libro: colpevole della strage era l’asse Delle Chiaie-Borghese. È interessante notare come molti appartenenti alla mia generazione coltivino l’idea che La strage di Stato abbia svelato per filo e per segno la trama stragista e ritengano le condanne di ordinovisti (magari anche solo in primo grado) come altrettante conferme delle tesi del libro, compresa la presunzione di colpevolezza di AN. All’opposto c’è il «partito del depistaggio», per il quale tutto il libro fu la risultante di un gioco dei servizi che operarono quella frode processuale, non si capisce bene per quale motivo, visto che nella primavera del 1970 a stare sotto il fuoco inquirente erano gli anarchici e quel libro favoriva la battaglia per la loro libertà.
Ad esempio, alcuni, come il giornalista dell’Unità Ibio Paolucci sospettarono apertamente che l’inchiesta fosse stata eterodiretta dai servizi (il SID) e, dunque, che si sia trattato dell’ennesimo depistaggio. Dunque, un nodo da sciogliere è «ci fu o no un passaggio di informazioni dai servizi segreti (in questo caso il SID) agli autori dell’inchiesta»? Oggi sappiamo, documenti alla mano, che sin dal 17 dicembre 1969 il SID operò per attirare la luce dei riflettori su AN e che è tornato anche dopo a sostenere questa pista e oggi sappiamo anche il perché (stornare l’attenzione dall’amico ON), ma questo lo sappiamo oggi, magari dai tardi anni Novanta, prima non lo si sapeva.
Presentare tutto il libro come un depistaggio, quasi che gli autori si siano prestati a trasferire le veline del SID nel loro libro è un giudizio sbagliato e ingeneroso: abbiamo segnalato le molte rivelazioni poi confermate di cui il libro è disseminato e che non c’entrano con il tema AN (si pensi ad esempio a quanto si legge sullo IOR o sul canale Paribas), per cui sicuramente ci fu un’inchiesta che attinse dalle più diverse direzioni e in cui, certamente, uno degli ambienti più pescosi fu l’ambiente forense capitolino. Il Collettivo Politico Giuridico, che era l’immediato antemurale del gruppo autore dell’inchiesta, era composto di avvocati, magistrati, cronisti di nera eccetera, ed è logico pensare che di voci e notizie più o meno vere ne girassero molte.
Ad esempio la fuga di Delle Chiaie dal Palazzo di giustizia, il 21 dicembre, non sarà passata inosservata. Ed è scontato che se ne sarà molto parlato. I servizi segreti non si limitano a raccogliere informazioni ma spesso ne emettono, vere o meno che siano, e questo avviene o direttamente, con il passaggio di un rapporto da un operatore del servizio magari a un giornalista o con il metodo dell’«intossicazione ambientale»: attraverso i confidenti si mettono in giro determinate voci, poi si fa in modo di far trovare «accidentalmente» qualche documento, poi si infila la notizia di interesse in una nota scambiata con altro servizio, che a sua volta, anche solo inconsapevolmente, si farà portatore di quella informazione.
Qui si tratta di capire in quale modo le informazioni del SID possano essere arrivate al gruppo della Strage di Stato. La via più facile, ma anche più lenta e meno sicura, è quella del depistaggio ambientale, e può benissimo essere andata così, poi l’odio per AN avrà fatto il resto. Ci sono, però, due particolari che fanno pensare all’altra soluzione, quella del passaggio diretto di carte. In primo luogo, abbiamo visto come fosse esattissima l’informazione delle 300.000 lire al mese passate ad AN dal cementiere Carlo Pesenti per il tramite dello UAARR.
Non è probabile (anche se possibile) che una simile informazione così dettagliata possa essere stata affidata a un’intossicazione ambientale. Peraltro, una diffusione ambientale sarebbe potuta arrivare anche ad altri soggetti, ad esempio ai giornalisti dell’Unità o di Paese Sera che, invece, non ne hanno mai fatto cenno.
Poi, come abbiamo visto, morendo Marco Ligini lasciò una valigia di documenti a Giuseppe De Lutiis e fra essi ce ne erano del SID (però successivi) ed essi sarebbero stati passati al giornalista dal generale Nicola Falde, come si è detto. Come abbiamo già scritto, Falde aveva un passato di ufficiale sospettato di simpatie per il PCI e perciò sottoposto a inchiesta nel lontano 1944, e questo lo accreditava agli occhi di un giornalista della controinformazione come Ligini, o magari di un avvocato come Di Giovanni o, magari, del «quarto autore» del libro.
Forse non lo sapremo mai con certezza, ma è questo il punto più importante? Sul piano storico, quel che conta è l’effetto che l’inchiesta ha avuto. Il suo valore sta nella sua capacità di costruire un quadro esplicativo che, per quanto impreciso, schematico, forzato, fornì una chiave di lettura di quel che stava accadendo e pose le premesse della risposta di massa delle sinistre: la formula «strategia della tensione + strage di Stato» con il tempo si è confermata sostanzialmente esatta, al di là dell’insuccesso della «pista Delle Chiaie». Ovvero, come fare centro sbagliando la mira, magari grazie a qualche rimbalzo.
E fu questo a decretare l’enorme successo del libro: tre ristampe in due mesi, 100.000 copie vendute in due anni, poi continue ristampe sino al 1978 per un totale di 300.000 copie vendute in libreria. Il libro venne anche tradotto integralmente in francese e svedese, mentre in inglese comparve una sua sintesi. Brani comparvero su riviste olandesi, tedesche, giapponesi e della resistenza greca. Tutta l’estrema sinistra sentì la pubblicazione come propria (appunto: la prefazione era firmata «Un gruppo di militanti della sinistra extraparlamentare») e la promosse organizzando assemblee con Ligini e Di Giovanni e facendone diffusione militante. Poi, a ogni tappa delle inchieste sulla pista nera, un nuovo salto e questo nonostante errori, imprecisioni, persino nonostante il depistaggio del SID. A volte la fortuna di un libro, come di una canzone o di una idea, si deve a un piccolo particolare che trasforma quello che forse sarebbe stato condannato al rapido oblio in qualcosa che ha un successo travolgente.

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