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Venti anni fa andava oltre Marzio Tremaglia

Così, ieri, sulla sua pagina facebook, il senatore Ignazio La Russa, ricordava Marzio Tremaglia nel ventennale della sua scomparsa. Il figlio di Mirko era più di una promessa del postfascismo italiano.
Negli anni universitari è membro della direzione e dell'esecutivo nazionale del Fronte della Gioventù. Nel 1980 è eletto consigliere comunale a Bergamo, incarico che coprirà per 15 anni. Nel 1979 fu uno dei più giovani eletti nel Comitato Centrale del Msi e nel 1987 entra nella Direzione Nazionale. 
Dalla svolta di Fiuggi (1993) è sempre stato membro della Direzione Nazionale di Alleanza Nazionale. Nel 1995 è eletto consigliere della Regione Lombardia e nella prima giunta Formigoni gli viene affidato l'Assessorato alla Trasparenza e alla Cultura, dove si fa notare molto positivamente per capacità, volontà e intraprendenza. Fra i suoi successi le grandi mostre dedicate ad Ezra Pound a Palazzo Bagatti Valsecchi; quella sul Futurismo alla Fondazione Mazzotta; il convegno sulle 'Insorgenze popolari nell'Italia napoleonica". E ancora, Kandinsky e Klimt a Milano, Lotto e Caravaggio a Bergamo, Raffaello a Mantova.  Una figura di intellettuale impegnato in politica troppo presto sottratto alla sua comunità. Morì infatti a 42 anni, dopo una lunga malattia. 
Del suo impegno, del suo modo di essere offrì qualche anno fa una bella testimonianza, sulle pagine di Destra.it Massimo Weilbacher che gli fu amico dagli anni del comune impegno all'Università cattolica:
(...) Il nostro gruppo di militanti, praticamente tutti di giurisprudenza, era composto quasi interamente da rautiani: seguaci di Linea Futura e Andare Oltre; leggevamo avidamente Linea dalla prima all’ultima riga, imbastivamo interminabili discussioni su come cambiare il sistema e osservavamo quasi increduli sbocciare il mondo dei Campi Hobbit e della musica alternativa.
Marzio Tremaglia non era, ovviamente, dei nostri ma non fu affatto difficile andare d’accordo con lui. Era immune dal settarismo un po’ ottuso che caratterizzava l’atteggiamento di molti militanti della parte “ortodossa” del MSI; era un ragazzo serio, pacato e intelligente e sapeva bene che, al di là delle inevitabili differenze di approccio, le cose che ci univano – anche per ragioni generazionali – erano molte di più di quelle che ci dividevano. Se da una parte non evitava di criticare, anche in modo deciso, certi eccessi o certi vezzi del nostro approccio politico, non poteva, dall’altra, non vedere i problemi e i limiti della gestione burocratica e verticistica che caratterizzava all’epoca il MSI e i suoi quadri dirigenti, vizi di cui vedeva bene i pericoli e che non mancò mai di denunciare e di stigmatizzare. Si unì perciò, senza problemi, al nostro gruppo mostrando subito leadership naturale, maturità e capacità di mediazione.
Era evidente a tutti che fosse un predestinato. Divenimmo subito amici. Ci accomunava soprattutto la passione per l’approfondimento e l’elaborazione culturale e la convinzione che senza una adeguata preparazione non avesse molto senso fare politica. Eravamo soffocati dalla pesantissima egemonia culturale marxista che costituiva per tutti, amici e “nemici” (cattolici, liberali, laici), il riferimento obbligato col quale confrontarsi. Detestavamo questo stato di cose, che non potevamo accettare, e soprattutto volevamo cancellare lo stereotipo del militante di destra ignorante e violento che gli avversari, la stampa, la televisione lottizzata del consociativismo cattocomunista propinavano in continuazione.
Così, tra un esame e l’altro, passavamo ore a discutere di Carl Schmitt (era appena uscito “Le categorie del politico”, una rivelazione), di Pasolini, del corporativismo di Bottai, di futurismo, di Evola, dell’Impresa di Fiume, di Gentile, di Pound, del terrorismo stragista – allora ancora acriticamente attribuito alla “destra eversiva neofascista” ma che a noi sembrava tutt’altro – del “Male Americano” di de Benoist e Locchi uscito proprio in quel periodo e che a Marzio piaceva molto (...)

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