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I mandanti di Bologna. Adinolfi: si sono scordati il depistaggio principale

Il giorno in cui verranno condannati i responsabili pidduisti e dei servizi segreti coinvolti
nella strage di Bologna brinderò con una bottiglia di champagne, Henriot per la precisione.
Ma quel giorno è lontanissimo.
Gabriele Adinolfi, non ti convince la nuova inchiesta sui mandanti della strage, quella che riguarda Licio Gelli ed altri pidduisti di punta?
Niente affatto. Sono strafelice che la cupola P2-Supersismi venga incriminata, visto che ho
subito ben tre tentativi d'incriminazione da parte di quella gente, ma la lista dei presunti
mandanti è sconcertante. Si noterà che mancano tutti quelli che parteciparono a
depistaggi, inquinamenti, fabbricazione prove: come se non si volesse o non si potesse
coinvolgerli.
Per esempio?
Intanto i responsabili dell'operazione “terrore sui treni”, mediante la quale furono
abbandonati e fatti ritrovare sul rapido Taranto-Milano un mitra, una borsa contenente lo
stesso esplosivo che all'epoca si riteneva fosse stato usato per la strage e due biglietti
aerei. Quell'operazione, volta contro Roberto Fiore, Giorgio Vale e il sottoscritto, fu messa
in atto nel gennaio 1981 ma era stata concepita subito dopo Ustica, tre settimane prima
della strage di Bologna! Vi sono condanne in giudicato nei confronti dei dirigenti del Sismi
Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, e del cosiddetto faccendiere Francesco Pazienza.
Il colonnello Giuseppe Santovito, anche;egli attivamente coinvolto, era frattanto deceduto.
Si seppe che la pista era stata concordata a Parigi nell'ufficio del dirigente dell'ala
atlantista dei servizi francesi, ammiraglio de Maranches e che gli italiani erano stati
accompagnati dal dirigente americano Michel Ledeen, un falco sionista con entrature
importanti negli apparati americani, indicato dal Pazienza come organico anche ai nostri
servizi con il nome in codice Z3.
Bizzarro che oggi che si vuole indagare sulla cupola del Supersismi e sui suoi depistaggi
non ci sia una parola nei confronti del depistaggio principale, concepito peraltro prima che
la strage si verificasse, il che indica che i signori erano quantomeno informati in
precedenza di quanto sarebbe accaduto.
E non si tratta delle uniche assenze strabilianti.
Quali altre hai notato?
Innanzitutto quella del dirigente del Sisde, Silvano Russomanno, egli pure pidduista, già
vice di Federico Umnerto D'Amato, che fu il regista del primo depistaggio nei riguardi del
neofascismo, ordito direttamente dal carcere romano dove si trovava detenuto per
favoreggiamento nei confronti delle Brigate Rosse.
Un'altra assenza sorprendente tra gli indagati è quella del capitano Paolo Pandolfi, l'uomo
che si preoccupò di restituire tempestivamente al professor Muggironi il passaporto
rinvenuto sul luogo della strage, nonché l'organizzatore del depistaggio Ciolini, che fece
epoca e comportò sanguinosi effetti collaterali.
Tutto questo lo si potrebbe ancora “giustificare” con il pregiudizio politico da parte degli
inquirenti che non vogliono assolutamente mettere in rilievo tutti i depistaggi antifascisti.
Però manca anche qualche altro elemento d';indagine che avrebbe dovuto rientrare nella
loro logica.
E cioè?
Non viene nemmeno considerato l'allora dirigente del'Ucigos, Gaspare De Francisci, noto
per il ruolo dirigenziale avuto in certi interrogatori alla sud-americana nei confronti dei
brigatisti coinvolti nel processo Dozier. Egli fu il primo a confezionare la pista palestinese,
sempre tre settimane prima dell'attentato. Poiché per la magistratura bolognese quello
della pista palestinese è il depistaggio per antonomasia, è quantomeno singolare che
neppure chi ha inquinato in questa direzione venga ignorato nella nuova inchiesta.
Come lo spieghi?
La spiegazione è complessa. Nel mio Orchestra Rossa, d'imminente uscita per le edizioni
Avatar, ritengo di avere ricostruito sufficientemente l'intero quadro in cui diversi soggetti
operarono tra il 1967 e il 1980. Con rapporti tipici dell'unità e scissione, parliamo di Stasi,
Mossad, Internazionale Trozkista, un'ala particolare della Cia e, ovviamente, gli
amministratori delegati del “Supersismi”.
Venuto meno quel sodalizio, probabilmente con il sacrificio contestuale di alcune persone,
come ritengo che sia accaduto a Bologna, ognuna delle parti è impegnata a centrare due
obiettivi contemporaneamente.
E cioè?
A far ignorare la propria partecipazione al gioco del terrore, e quindi a nascondere la verità
nel suo insieme. Poi a scaricare, almeno a livello storico, le colpe esclusivamente sull'altra
parte.
Così la pista “fascista”, come aveva compreso perfettamente Enzo Fragalà, membro della
commissione Stragi e lo aveva descritto nel suo rapporto del 16 gennaio 2006, indica in
realtà la colpevolezza israeliana. La pista “palestinese” punta invece l'indice su Stasi e
Internazionale trozkista. Ma pur accusandosi a vicenda nessuna delle due parti vuole
addentrarsi nei sentieri minati perché si scoprirebbero degli intrecci inconfessabili.
Per questa ragione, che si tratti di inchieste, di condanne o anche di semplici depistaggi,
assistiamo a una guerra di simboli e mai a una ricerca di responsabilità precise. Ché,
quando ci sono, vengono ignorate regolarmente.
Non berrò il mio Henriot!

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