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Insulti razzisti a ufficiale, condannato sergente con la legge Mancino


L’aggravante del razzismo sfonda le porte della giustizia militare: per la prima volta in Italia un
sergente degli Alpini, Carmelo Lo Manto, è stato condannato per aver insultato un suo superiore, il maggiore Karim Akalay Bensellam, 36 anni, primo e unico ufficiale italiano delle penne nere di origini marocchine. Lo ha stabilito il Tribunale militare di Verona, infliggendo a Lo Manto un anno e sei mesi per diffamazione militare continuata pluriaggravata dalla discriminazione etnica.
Più volte, davanti ai colleghi, Lo Manto tra le mura della caserma Salsa del 7/o Reggimento Alpini di Belluno si è lasciato andare, secondo le accuse, durante l’alzabandiera a frasi ripetute a voce alta come "’sto marocchino di m..", "pezzo di m..’sto meschino" e "non è degno di stare nell’Esercito italiano". Tra i due non correva buon sangue, tanto che lo stesso Bensellam era finito sotto processo con l’accusa di aver aggredito il sergente. Il procedimento si era chiuso con un proscioglimento per ’particolare tenuità del fatto’.
Lo Manto, peraltro, era già finito davanti ai giudici militari per un precedente nei confronti di un sottoposto. Nato a Perugia da padre marocchino e madre italiana, Bensellam ha alle spalle varie missioni all’estero, soprattutto in Afghanistan, dove è stato impiegato come uomo di contatto con la popolazione locale. Da qualche tempo ha lasciato la città dolomitica per trasferirsi ad Aosta. Durante il processo un testimone ha raccontato che le offese venivano rivolte all’ufficiale quasi ogni giorno, senza che Lo Manto si preoccupasse della presenza di testimoni. 
La severità della sentenza ha sorpreso per primo il legale del maggiore, Massimiliano Strampelli. "Giustizia è stata fatta - sottolinea - . Si tratta di una sentenza che farà cultura giuridica, la prima con l’aggravante della legge Mancino applicata in ambito militare". Innegabile, aggiunge, il ruolo svolto dalla Procura militare di Verona. "Una parte del merito - conclude - va riconosciuta alla Procura che ha accolto la nostra tesi in ordine all’aggravante razziale".

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