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“Chi sparò ad Acca Larenzia?” Domani a Roma la presentazione del libro di Valerio Cutonilli

Domani alle 18 presso la Casa de la Salle in via Aurelia 472 a Roma si svolgerà la presentazione del libro, organizzata dall’Associazione culturale "Presente".


 La sera del 7 Gennaio 1978 a Roma un commando terroristico apre il fuoco contro cinque ragazzi appena usciti dalla sezione missina di via Acca Larenzia. Restano uccisi Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta mentre i loro amici si salvano per miracolo. Nei disordini di piazza esplosi nelle ore successive viene ferito a morte un altro giovane militante Stefano Recchioni, uno dei giovani accorsi nel luogo dell’agguato per solidarizzare con le vittime. La Capitale viene sconvolta da una ondata di violenza senza precedenti che avrà termine nel Marzo successivo con il sequestro di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Dopo 40 anni dalla strage il commando assassino di estrema sinistra resta impunito e i suoi membri sono ancora oggi senza volto e senza identità, almeno ufficialmente perchè il mistero del triplice omicidio è più apparente che reale. Cosa accadde veramente a via Acca Larenzia? La tesi di fondo contenuta nell'ultimo libro dell'avvocato Valerio Cutonilli, "Chi sparò ad Acca Larenzia? Il settantotto prima dell’omicidio Moro", è che in un preciso momento della storia italiana ci sono stati morti di serie A e morti di serie B. I missini ovviamente rientravano in questa seconda categoria.

 Il libro verrà presentato domani (27 giugno) alle ore 18 presso la Casa de la Salle in via Aurelia n. 472 a Roma (fermata metro A "Cornelia").

 Una bella intervista all'autore è stata pubblicata oggi sul quotidiano "Secolo D'Italia" con un articolo del collega Antonio Pannullo che vi proponiamo.

D - Avvocato Cutonilli, cosa c’è di nuovo in questo secondo libro?
R - Diverse cose. Soprattutto riguardo alla dinamica dell’agguato e alla ormai celebre mitraglietta Skorpion usata per la strage, secondo me la chiave di tutto. Ossia per capire come andavano le cose a quei tempi.
D - E come andavano le cose in quei tempi?
R - Erano gli anni Settanta, gli anni di piombo. Uccidere un fascista non era reato, e dei morti di estrema destra non è che interessasse qualcosa a qualcuno, esclusa la comunità missina. Nel caso Acca Larenzia, poi, le prime indagini timidamente iniziate dopo il gennaio 1978, furono totalmente oscurate dal delitto Moro, pochi mesi dopo, e la strage dei giovani missini passò in cavalleria. Moro era un morto di serie A, i missini di serie B.
D - Quali sono le novità in questo secondo libro?
R - È un libro molto articolato, che si basa soprattutto su atti processuali. Direi che una cosa che è sfuggita a molti, è il fatto che nel commando di cinque persone che agì ad Acca Larenzia c’era uno di loro che era praticamente un professionista, e che è quello che uccise Ciavatta e Bigonzetti. I due, infatti, furono uccisi dalla stessa pistola, una calibro 38.
D - Quante armi spararono quella sera?
R - Tre, e una era la ormai famosissima Skorpion appartenuta a Jimmy Fontana che poi la vendette a un commissario di polizia. E poi se ne perdono le tracce, perché il commissario, che lavorava proprio a Roma Sud, inizialmente negò la circostanza, e poi la ammise. E questo a mio avviso il vero mistero di Acca Larenzia: come finì quella Skorpion nelle mani dei terroristi comunisti? Infatti, sull’agguato non c’è un grande mistero: quelle azioni i terroristi le compivano di continuo a iniziare a Padova, a Roma, tutte dirette contro i loro nemici missini.
D - Che matrice aveva quel gruppo di fuoco?
R - Come spiego nel libro, la tattica collaudata era quella di utilizzare delle sigle rivendicative usa-e-getta, per depistare  e confondere le acque. Ma l’origine era stessa: dei gruppi ex Potere Operaio che navigavano nel mare magnum dell’autonomia operaio, e che si macchiarono di molti e gravi delitti.
D - Altri punti oscuri dell’inchiesta?
R - Moltissimi, ma uno in particolare, sul quale non è mai stata fatta abbastanza luce. Secondo le testimonianze, uno dei killer era claudicante. Non è un particolare da poco, perché, sia che fosse una menomazione transitoria sia definitiva, è impossibile che l’ufficio politico della questura, che a Roma Sud aveva i suoi buoni appigli, non abbia individuato quella persona. Ma, come ho detto. il delitto Moro oscurò poi quasi tutto.
D - Risultato, per via Acca Larenzia non c’è stata giustizia.
R - No, furono tutti assolti, e i pentiti e i dissociati che negli anni seguenti dissero qualcosa, non furono mai ascoltati con la dovuta attenzione dagli inquirenti.

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