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Marine Le Pen caccia il padre e da vita al Rassemblement National

La storica fiamma mutuata dal Movimento Sociale, ricevuta in dono da Giorgio Almirante resta, ma il nome cambio: addio Front National che diventerà Rassemblement National. Al sedicesimo congresso del Front National, svoltosi nell'ultimo fine settimana a Lille, Marine Le Pen, confermata segretario per la terza volta,  ha proposto un nuovo nome al partito fondato dal padre nel lontano 1972. La scelta del nome dovrà essere approvata dalla maggioranza dei militanti con un voto per posta che chiederà più di un mese di tempo.
«Il nome Front National è portatore di una storia epica e gloriosa che nessuno vuole negare  ha detto Marine Le pen tra gli applausi ma sapete, per molti francesi, anche in buona fede, quel nome rappresenta un freno psicologico». 
La leader frontista, che era l’unica candidata ed è stata riconfermata alla guida del partito, è andata avanti a spiegare perché «Front» andava bene negli Settanta, «quando il partito lottava contro tutti», ma non adesso che bisogna offrire una proposta politica positiva, non solo contro qualcosa o qualcuno ma «per i francesi». «Rassemblement» contiene l’idea di unione, di raggruppamento che vada al di là del nucleo di partenza.
D'altronde dal 1972, anno di fondazione, ad oggi il Front National è cresciuto a dismisura, ma tranne poche e piccole realtà locali non ha conquistato il potere, pochi parlamentari, nessun presidente di regione, ed alle presidenziali la candidata frontista, nonostante 11 milioni di voti è stata sconfitta da Macron. Se il Front National aspira ad essere forza di governo deve conquistare i consensi e le simpatie di una parte dei repubblicani, gli eredi della tradizione politico di De Gauelle. Il cambio del nome, da Front National in Rassemblement National va in questa direzione.
Per Marine Le Pen il momento è cruciale, e i risultati delle elezioni italiane sono arrivati a darle un aiuto non del tutto previsto nelle sue dimensioni. Dopo anni di normalizzazione del partito e di sforzi per rendere credibile la sua immagine di donna di governo,  è caduta nella catastrofe del duello televisivo decisivo con Macron, quasi un anno fa, prima del ballottaggio decisivo.
 In quell’occasione si mostrò sopra le righe, nervosa, impreparata, insomma inadeguata a guidare il Paese. Avrebbe probabilmente perso comunque, ma quella pessima prestazione è rimasta nella memoria anche dei suoi stessi simpatizzanti. 
Continua inoltre a scontare la lite con il padre Jean-Marie, definitivamente estromesso dal partito con l’abolizione della carica di presidente onorario, e in prospettiva deve guardarsi dalla concorrenza interna della giovane nipote Marion Maréchal Le Pen: adorata dal nonno Jean-Marie e quindi dalle frange più tradizionaliste e conservatrici del partito, popolare negli ambienti vicini a Trump in America, popolare tra le nuove generazioni nazionaliste, e priva dell’onta della sconfitta conosciuta dalla zia.

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