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7 gennaio 1978/1 Quel primo giorno in sezione ad Acca Larentia

Si avvicina il 7 gennaio e si infittiscono testimonianze e riflessioni su Acca Larentia (nel breve video la manifestazione unitaria per il trentennale della strage). Questa che pubblichiamo è vecchia di un anno ma del tutto attuale. La rilancia lo stesso autore sulla sua pagina facebook perché ricorda il suo primo incontro con la politica, a 14 anni, con un militante di poco più grande...


Fine estate di tanti anni fa... Ero in giro con Roberto, un caro amico che purtroppo non c'è più, nei pressi della casa dove vivevano i miei nonni paterni. Fu allora che mi avvicinai per la prima volta ad una sezione politica, da poco compiuti i quattordici anni. Mi ci portò Roberto e ci accolse un ragazzo decisamente più grande di noi. Ci presentammo e lui, molto cordiale, rispose ad alcune nostre domande, per poi illustrarci le normali attività di sezione. Restammo un bel po' di tempo ad ascoltarlo e, mentre parlava, la scelta di avvicinamento alla politica, ormai in embrione, si consolidava. Avevo sentito più volte, dai racconti dei ragazzi più grandi di me, le vicende di Primavalle, di Ramelli, di Mikis, di Cremino... Sapevo che quella scelta politica era rischiosa, che a chiunque in quegli anni poteva capitare qualcosa di brutto... Ma non avrei mai potuto immaginare che proprio dove stavamo chiacchierando in quel momento con quel ragazzo, di lì a qualche mese si sarebbe scatenato l'inferno... Era il settembre del '77, la sezione era quella di Acca Larentia e quel ragazzo si chiamava Franco Bigonzetti. Sono passati quasi quarant'anni ma, quando ripenso a quel periodo, quello che provo oggi è la stessa cosa che provavo allora, sensazione così ben descritta da Francesco Mancinelli quando cantava "... quelle bare non ancora vendicate... le ferite quasi mai rimarginate". A quella sera maledetta di gennaio, bagnata dal sangue innocente versato da aspiranti brigatisti e da un pistolero dello stato, seguirono altre tragedie, da Alberto a Francesco, via via fino a Paolo...
Noi non dimentichiamo i nostri martiri, uccisi per ciò in cui credevano dall'odio antifascista, figlio deforme e psicopatico di quella meretrice chiamata resistenza...
Noi non dimentichiamo coloro che li hanno colpiti, che si siano essi nascosti dietro un passamontagna e uno straccio rosso piuttosto che dentro a una divisa...
Noi non dimentichiamo neanche coloro che hanno difeso i loro assassini, dai bastardi del consiglio comunale di Milano che applaudirono alla notizia della morte di Sergio Ramelli, ai vermi di 'soccorso rosso' che fornivano assistenza legale e copertura ai colpevoli, dai pennivendoli di 'repubblica' e 'l'unità', che puntualmente tiravano fuori la stronzata della faida tra fascisti, ai salotti intellettualoidi di sinistra di quei personaggi infami che giustificavano l'omicidio di un ragazzo di vent'anni con lo slogan criminale "uccidere un fascista non è reato".
E soprattutto non dimentichiamo i molti che erano con noi, sempre in prima fila ai tanti, troppi funerali, che hanno scelto la via dell'oblio, rinnegando idee, valori e storia, scegliendo di barattare la memoria dei nostri Fratelli con quattro privilegi e una poltrona del cazzo. A questi ultimi non va il nostro odio, sentimento troppo nobile per piccoli e meschini esseri come loro, ma tutto il nostro disprezzo.
Alessandro Zanelli

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