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Giorgia non spegne la fiamma ma cancella il partito di Fini

(g.p) Da Trieste il collega Antonio Rapisarda, in un interessante articolo pubblicato da Il Tempo, storico quotidiano romano, ci racconta il perché della scelta di cancellare per sempre il fallimento a 360° di Alleanza Nazionale dal nuovo simbolo di Fratelli d'Italia riportando al centro la Fiamma sia un richiamo alle origini senza la coperta di Linus del "missinismo".
Articolo che riportiamo per intero.

Via Alleanza nazionale dal simbolo. Resta, e ritorna più grande e centrale, la Fiamma tricolore (ma senza la dicitura Msi). È un'immagine forte una delle novità più indicative della “nuova fase” di Fratelli d'Italia. «Un simbolo che va avanti», ha spiegato Giorgia Meloni. E che archivia, diciamo noi, la “parentesi” di Alleanza Nazionale («dove pure abbiamo fatto politica con amore», ha precisato), dopo che il giorno prima aveva rivendicato la «messa in sicurezza della destra» dalla cosiddetta sindrome Montecarlo. Le parole di spiegazione della leader, riconfermata con acclamazione dal congresso, sono nette: «Un simbolo che chiaramente mantiene il riferimento a quella fiamma che è stata l'origine della nostra storia, ma che non fa più invece riferimento a un partito che c'è stato prima di noi». Verrà citata solo una volta An in tutta la due giorni: dettaglio che non passa inosservato ed è indicativo della volontà dei nipoti del Msi di rivendicare l'eredità dei nonni assumendosi allo stesso tempo la responsabilità di consegnare Gianfranco Fini e la sua parabola politica, cosparsa di errori e di scandali, all'oblio. «Oggi e da oggi il pezzo di storia che costruiamo è il nostro pezzo di storia, il pezzo di storia di Fratelli d'Italia – ha chiarito l'ex ministro della Gioventù -. E quindi è qualcosa che sicuramente viene dalla destra italiana ma vuole andare molto oltre».
Meloni & co, pur avendo come obiettivo quello di superare le colonne d'Ercole della “destra nazionale” verso il «partito dei patrioti», non ci pensano nemmeno però a volersi separare dal simbolo identitario che nel 1947 fu scelto per rappresentare l'ingresso in democrazia degli “esuli in patria” e nel quale la destra diffusa ha trovato per decenni rifugio, anche silenzioso, tracciando la croce nell'urna elettorale. Mitologia a parte (si è fantasticato per anni sul significato del trapezio disegnato in basso, sul quale si poggia il logo, raccontato come la bara di Mussolini dal cui spirito si alimenta la fiamma), l'emblema utilizzato per primo dagli Arditi ha rappresento un potente mezzo di promozione per l'immaginario del postfascismo non solo italiano. Il “calco” della fiamma venne donato, direttamente da Giorgio Almirante, al Front National di Jean Marie Le Pen. Dal 1972 il leone della destra francese nella fiamma tricolore ha scolpito l'identità del movimento nazionalista francese guidato oggi dalla figlia Marine, finalista alle ultime Presidenziali, che ha adattato la fiamma alle moderne esigenze comunicative, stilizzandola.
Fiamme sparse negli anni anche in Spagna (con il Movimiento social republicano ma non con altrettanta fortuna) ma soprattutto proliferate, dopo la svolta di Fiuggi e la “matrioska” di An, nel puzzle delle destre radicali italiane. A partire dalla Fiamma Tricolore di Pino Rauti – l'esperimento più significativo, animato da un nome importante come l'ex segretario missino – fino alle variazioni sul tema, rappresentate dal “diamante” dell'ex cartello di Alternativa sociale di Alessandra Mussolini e dalle “pennellate” di Roberto Menia raffigurate dall'attuale Movimento nazionale per la sovranità del tandem Alemanno-Storace.
Proprio la fiamma missina negli ultimi anni è stata oggetto, rispettivamente, di una contesa politica e di un'altra giuridica: la prima, in particolare, si è celebrata all'assise della Fondazione An del 2013. Al tempo i duellanti erano il “movimento per Alleanza Nazionale” e la compagine di Fratelli d'Italia che, aggiudicandosi la fiamma, la sottopose al vaglio dei militanti che ne acclamarono l'inserimento votando il nuovo simbolo alle primarie del partito del 2014. Oggi FdI ha scelto di tracciare la sua nuova fase a partire proprio dalle radici, senza più l'appendice finiana: il richiamo alle origini, dunque, inteso come forza motrice e non come coperta di Linus. Non più gli ultimi di An, come ha specificato Meloni stessa, ma i primi «di ciò che sapremo fare».


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