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Defend Europe:cosi abbiamo fermato i taxi del mare

(G.p)Il collega Antonio Rapisarda, dalle colonne de Il Tempo, storico quotidiano romano, con un interessante articolo, che pubblichiamo per intero, ci racconta la storia di otto militanti del gruppo identitario Defend Europe, che a bordo della loro C-Star e le loro vicende grottesche si sono guadagnati la ribalta mediatica





A bordo della loro C-Star per settimane intere sono stati lo spauracchio per le navi delle Ong, come la controversa “Juventa” o la “Golfo azzurro”. Con la loro operazione verità – svolta tra la Tunisia e la Libia - hanno scatenato un vero e proprio cortocircuito alla propaganda immigrazionista che mai avrebbe pensato di ritrovarsi gli identitari, letteralmente, in mezzo al mare. Età media sotto i trenta, con formazione universitaria alle spalle e utilizzo professionale di social network e crowdfounding, provenienti da tutti i paesi del Vecchio continente, sotto l'effige della lambda spartana – resa pop dal fumetto 300 –, si sono dati una missione: difendere l'Europa, anche solcando il Mare nostrum. «La verità emersa? Interi governi ed organizzazioni sono stati messi in imbarazzo dalla nostra attività, poiché un gruppo di giovani europei si è dovuto recare nella “Sar Zone” (la zona di ricerca e soccorso in acque internazionali, ndr) per svolgere un lavoro che avrebbero dovuto fare i nostri rappresentanti politici».
Dai detrattori, come nel caso del governo spagnolo, sono stati accusati di pirateria, altri Paesi hanno adottato misure di boicottaggio nei loro confronti (tra cui quello maltese che non gli ha permesso di attraccare per i rifornimenti di...acqua) mentre dai media dell'informazione liberal sono stati oggetto di una campagna aggressiva dai contorni diffamatori. Niente male per un gruppo di ragazzi che, per tutta la durata della missione totalmente autofinanziata, non ha superato le otto unità a bordo e che, soprattutto, ha centrato il segno: «Ad inizio di quest’anno tutto sembrava ancora immobile, e le Ong non potevano essere soggette a critiche, come dimostrato dal caso Zuccaro – ricordano -. Oggi molte cose sono cambiate, ed una chiusura della rotta Mediterranea – se si continua a mettere in discussione il ruolo delle Ong ed i danni che l’immigrazione massiva fa in Italia ed in Europa – non è più utopia. Che sia anche merito nostro? Chi può dirlo. Noi diciamo di sì».
Stiamo parlando dei “corsari” di “Defend Europe” che – come spiega a Il Tempo Lorenzo Fiato, giovanissimo presidente italiano del network europeo Generazione identitaria nonché membro dell'equipaggio della C-Star – quest'estate hanno solcato per miglia e miglia il Mediterraneo per fare ciò che i governi, quello italiano in primis, per troppo tempo non hanno svolto: andare “a caccia” delle navi delle organizzazioni non governative le quali, invece di soccorrere, sempre più spesso sono diventate dei veri e propri “taxi” per il trasporto di immigrati in Italia, andandoli a prelevare direttamente a poche miglia dalle coste libiche. Il tutto ammantato di filantropia dietro la quale in realtà, come spiegano gli identitari, si celano gli interessi di trafficanti di essere umani ma soprattutto la pericolosa idea “sostituzionista” nei confronti dei popoli europei denunciata dallo scrittore Renaud Camus. Davanti a questo «abbiamo sentito come nostro dovere agire laddove altri europei violano leggi di altri paesi, facendosi beffe di loro, destabilizzandoli e danneggiandoli nel peggiore dei modi».
Corsari sì ma senza “assaltare” nulla e nessuno. Quella di Defend Europe, infatti, è stata una metodologia da “guerrila non violenta”, di vigilanza e segnalazione alle autorità. Proprio qui arriva una precisazione, davanti alle accuse che gli hanno rivolto le Ong di voler ostacolare i soccorsi: «L'obiettivo della nostra missione non è mai stato quello di impedire operazioni di soccorso. Noi volevamo dimostrare che vi è differenza tra il salvataggio ed il traffico di esseri umani. Se ci fossimo dovuti confrontare con uno scenario d’emergenza avremmo sicuramente fornito un primo soccorso alle barche di migranti in difficoltà: ovviamente non li avremmo mai portati in Europa». Interessante, allora, scoprire che cosa invece hanno “ostacolato”: «Mentre noi eravamo in loco, nella Sar Zone, per tutta la durata delle nostre operazioni nessuna nave delle Ong ha effettuato operazioni di salvataggio». Perché? «Semplice – continua Fiato -, per due motivi principali: le Ong hanno bisogno di foto e vero e proprio materiale propagandistico che corrisponda alla loro narrazione di salvatori di vite umane, una nave anti-Ong come la nostra li avrebbe esposti per quello che realmente sono: ossia aiutanti degli scafisti».
Tanti aneddoti da raccontare sulla missione. Come quello dell'“incontro” con la Golfo Azzurro: «Il loro Ail (il sistema di identificazione, ndr) risultava spento per cui abbiamo dovuto avvicinarci per identificarla: si trattava della “Golfo Azzurro”, con la bandiera di “Open Arms”, una delle Ong più criticate. Li abbiamo informati dell’alone di illegalità attorno alle loro operazioni e di non entrare nelle acque libiche, altrimenti avremmo allertato le autorità competenti». Autorità libiche che poi hanno effettivamente intercettato la Ong, la quale prima ha cercato di glissare («affermando di agire in accordo con la Missione Europea Sophia, cosa falsa») e poi, dopo che Guardia Costiera libica ha perso la pazienza, dichiarando che la nave era sotto sequestro, «dal tono di voce del capitato del Golfo Azzurro abbiamo capito che si era pentito di non aver seguito le nostre indicazioni». Alla fine? «Sono stati scortati fuori dalle acque libiche, mentre il capitano libico pronunciava via radio quella che potrebbe essere tranquillamente stata una dichiarazione di “Defend Europe”».
Rientrati dalla missione? I giovani identitari rivendicano di aver effettuato «un atto di resistenza come mai prima contro l'immigrazione di massa». E di averlo fatto contro governi, media e fondazioni milionarie «che si sono coalizzati nel tentativo di fermare una sola nave, con a bordo 8 giovani patrioti». Morale della storia? «Abbiamo avuto successo. Il giro d'affari delle Ong nelle acque libiche è al collasso»

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