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La destra austriaca (quasi) nella storia


(G.p)Nel ballottaggio per la presidenza austriaca il nazionalista Norbert Hofer è di poco avanti al candidato dei verdi Alexander Van der Bellen. Dalla mattinata è in corso lo spoglio dei voti giunti per posta, ma per i sovranisti europei è già un clamoroso trionfo come ci spiega il collega Antonio Rapisarda delle colonne de il Tempo, storico quotidiano romano.


Parità tra outsider ma la destra sovranista è davvero a un passo dalla storia. Le elezioni più incerte e inedite per la conquista dell’Hofburg in Austria - e le più monitorate dall’opinione pubblica internazionale - daranno solo oggi il risultato definitivo. Tra Norbert Hofer, candidato nazionalista del Fpo e Alexander Van der Bellen, l’ex leader dei Verdi al quale si sono aggrappate le speranze di gran parte del ceto politico austriaco, solo pochi voti di scarto, tanto da far rimandare la proclamazione del risultato definitivo. Tutto si deciderà con il responso del voto via posta che qui significa abbastanza dato che ne usufruiscono 900mila elettori su sei milioni, circa il 14%.

Le urne, che hanno registrato un’affluenza alta pari al 70%, confermano ciò che i sondaggi avevano registrato dopo il risultato shock del primo turno, con l’exploit del partito di destra: sostanziale incertezza e voto in uscita degli elettori tradizionali distribuito un po’ a tutti e due gli sfidanti, con un richiamo sottotraccia all’«unione sacra» in contrapposizione al favorito Hofer. Dopo lo spoglio della quasi totalità dei voti, Hofer ha ottenuto quindi il 51,9% dei suffragi e Alexander Van der Bellen il 48,1%. Sulla base di questo dato, la televisione pubblica Orf ha fatto una valutazione dei risultati definitivi integrando il risultato stimato dei voti per corrispondenza, tradizionalmente meno favorevole alla destra del Fpo. Questa valutazione allora piazza i due candidati in una parità perfetta con un margine di errore dell’1%.

A questo punto - in attesa del successore di Heinz Fischer - subentrano le «letture» del risultato parziale. Per alcuni, tra media ed esponenti politici per lo più di centrosinistra, è stato messo un «freno» all’avanzata della destra populista di Hofer (al primo turno al 36% contro il 21% del candidato ecologista) che era dato per favorito. Una lettura meno emotiva e più strutturale dei dati, invece, fa tendere verso uno scenario politico insindacabile: per la prima volta metà di un Paese dell’Ue tende per un esponente della coalizione nazional-populista. Tanto che l’ipotesi di un membro dell’Efn (il gruppo sovranista europeo coordinato da Marine Le Pen) presidente della Repubblica non sembra più solo uno spauracchio.

E che il risultato di Hofer sia già di per sé storico lo dimostra come anche la seconda parte di campagna elettorale sia stata all’insegna dell’agenda politica del partito che fu di Jorg Haider. La crisi dei migranti e il tema del «muro» del Brennero, non a caso, continuano a tenere banco. Il governatore tirolese Gunther Platter, dopo aver accusato l’Italia di «manovre ingannevoli per evitare i controlli ventilati dall’Austria», non ha altro che utilizzare uno dei temi dei sovranisti con l’obiettivo - evidentemente non raggiunto - di drenare consenso. Ma anche e soprattutto sui temi che riguardano il destino del commercio nazionale (con la forte opposizione di Hofer al Trattato transatlantico), della difesa del welfare dall’immigrazione massiva e dell’opposizione all’accordo con la Turchia: su tutto questo è stato il Fpo a monopolizzare le aspettative dei ceti marginalizzati e le paure delle élite che hanno preferito sostenere turandosi il naso il candidato più a sinistra possibile. Hofer, da parte sua, ha improntato tutta la campagna elettorale cercando di non prestare il fianco alle strumentalizzazioni: lo ha fatto anche nei modi e nell’approccio spiegando di voler «essere il presidente di tutti gli austriaci» rivendicando però un ruolo più politico (e di controllo sull’operato del governo) che di rappresentanza qualora dovesse diventare presidente. Le stesse pressioni dell’Ue, a partire da Jean-Claude Juncker, confermano infine il timore dell’effetto contagio che potrebbe partire dall’Austria per indirizzarsi a giugno sul referendum sul Brexit per arrivare nel 2017 all’appuntamento atteso da tutti: le presidenziali di Francia, con Marine Le Pen già pronta al colpaccio dopo la «prova generale» dell’Austria.

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